‘Verdigris’ di Patricia Kelly all’Irish Film Festa
La storia di un'amicizia e di un sodalizio tra donne diverse con i loro scheletri nell'armadio. Verdegris di Patricia Kelly conclude l'Irish Film Festa di Roma
Alla Casa del Cinema di Roma, la serata conclusiva dell’Irish Film Festa è animata dalla proiezione di Verdigris, già miglior film indipendente al Galway Film Fleadh 2023. Il film irlandese è scritto e diretto da Patrizia Kelly e prodotto da Paul FitzSimons e da MnàMnà film, casa produttrice indipendente fondata dalla stessa Kelly. Entrambi saranno presenti in sala.
Qui tutte le notizie e le informazioni sul festival irlandese a Roma e sulla sua programmazione.
La sinossi di Verdigris
Marian (Geraldine McAlinden) è una donna in pensione, prigioniera in un matrimonio monotono e di una vita insignificante con un marito oppressivo. Jewel (Maya O’Shea) è un adolescente che, abbandonata dalla madre quando era piccola, vive da sola e si prostituisce. L’incontro tra le due donne avviene quando Marian ha l’opportunità di lavorare come collaboratrice dell’ufficio del censimento. Passando del tempo insieme scopriranno di avere molte cose da imparare, l’una dall’altra.
Nasce così un rapporto di amicizia bizzarro, ma profondo, che porterà grandi cambiamenti nelle vite di entrambe. Marian si risveglia dal letargo esistenziale: comincia ad amare sé stessa e il suo corpo e a cercare una propria dimensione che vada oltre l’essere moglie di Nigel (Michael James Ford) . Lo stesso, sebbene in maniere diverse, accade per Jewel nei rapporti con sé stessa, i suoi clienti e il suo fidanzato (ignaro del lavoro della ragazza). Quale sarà il prezzo di queste consapevolezze?
Voce agli emarginati: una storia di amicizia e censimenti
Verdigris è il film di Patricia Kelly, regista irlandese che negli ultimi tempi sta riscuotendo un successo mondiale, soprattutto come fondatrice della casa indipendente MnáMná Films, che ha prodotto il film e che è in linea con la concezione di cinema della regista: portare sullo schermo personaggi emarginati che spesso non hanno voce.
Verdigrisè una storia di amicizia e integrazione, in cui l’aspetto economico ruota intorno alle storie di tutti i personaggi e dei legami tra di loro. Marian è spinta a cercare un lavoro, per fuggire dal tedio apatico della vita domestica, ma anche per riuscire a trovare un’indipendenza che in un mondo come quello contemporaneo è, innanzitutto, economica. Il lavoro è una risposta al marito che non perde occasione per ribadire, sebbene nei suoi toni sommessi, la sua superiorità nel portare a casa un guadagno. Ed è sempre il lavoro nell’ufficio del censimento che fa scoprire a Marian il personaggio di Jewel e farlo avvicinare a lei. All’interno di una trama semplice e ben definita, i personaggi si muovono in maniera complessa nei loro drammi personali. Non ne parlano; eppure li vediamo in maniera definita sul grande schermo.
Una rappresentazione onesta degli spazi
La visione di Verdigris offre una rappresentazione reale delle varie realtà irlandesi che coesistono negli stessi spazi, ciascuna mantenendo la propria identità. L’entrata di Marian nel quartiere più “malfamato” dove abita Jewel viene inscenata in una maniera che evita ogni tipo di moralismo ed è lontana da ogni tipo di commiserazione. È un quartiere che ha le sue regole, non meno degli altri spazi del film. In particolare, la casa di Marian dove abita una coppia ormai stantia. La donna dal colore verdigris, un tono che parte da un verde acceso sbiadito dal passare del tempo o dei fenomeni atmosferici. Uscendo dal suo spazio arrugginito, Marian riesce a trovare di nuovo luce per i suoi colori.
Il rimo intermittente di Verdigris
Nella cornice della Dublino contemporanea, in Verdigris è impossibile non prestare attenzione ai dialoghi. Gli scambi di battute tra i personaggi sono molto ben costruiti e recitati dagli attori in maniera impeccabile. Prendiamo, ad esempio, Marian in casa con Nigel: una coppia che ha lasciato che gli anni trascorressero senza farsi domande, senza interrogarsi sul loro sentimento o sulla loro vita. Una coppia senza figli e senza altri interessi che possano affiatarli. In quella casa il tempo scorre scandito dai pasti e dalla principale occupazione di Nigel: modelli di soldatini in cui rifugiarsi e con cui passare le giornate.
L’anima candida di Marian cerca ancora di attirare l’attenzione del marito suscitandogli qualche emozione, ma lo sguardo di lui rimane fisso verso il vuoto (poche volte guarda in faccia la moglie). La coppia non interagisce se non attraverso brevi frasi, asciutte e sintetiche, che sembrano uscire quasi in maniera automatica dalle loro bocche: probabilmente è così che sono stati abituati nei loro quarant’anni di matrimonio. Il ritmo si fa più dolce e delicato quando Marian cerca di smuovere in Nigel qualche sensazione, ma ottiene pochi risultati. In effetti, la verve del marito esploderà tutta insieme verso il finale.
Jewel ha invece un ritmo più giovane, fresco e brillante, ma oscurato da qualcosa di rotto dentro, di incompreso e, al tempo stesso, soffocato. Una sorta di grido che però diventa un verso stridulo. Con le attenzioni, anche un po’ insistenti di Marian, diventerà una leggera melodia. Le donne in effetti riescono a parlarsi veramente. Cambia il ritmo della narrazione, con dialoghi più profondi e costruiti in maniera più complessa. A volte si tratta quasi di monologhi brevi tra le due donne che cercano scoprirsi, aiutandosi grazie alle loro personalità diverse ma a tratti complementari.