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Approfondimenti

Roberto Rossellini e il Neorealismo

Roberto Rossellini è stata una delle figure più influenti del cinema italiano di tutti i tempi. Capolavori come 'Roma città aperta' e 'Paisà' sono diventati veri e propri pilastri della cinematografia internazionale e della cultura italiana. Scopriamo insieme questo autore, dalle origini del Neorealismo a 'Germania anno zero'

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Il neorealismo non ha avuto lunga vita. Gli storici del cinema fanno coincidere la sua spinta propulsiva con Roma città aperta, nel 1945; il suo termine nel 1948, con Ladri di biciclette di Vittorio De Sica e La terra trema di Luchino Visconti. Alcuni considerano il suo termine definitivo Umberto D, sempre di De Sica, del 1952.

Più univoca è invece la sua data ufficiale di inizio. Nel 1943 Umberto Barbaro commenta Ossessione di Luchino Visconti con un articolo intitolato Neorealismo. Il termine Neorealismo però ha un’origine letteraria, databile a partire dal 1929 con Gli indifferenti di Alberto Moravia, in cui viene messa a punto una scrittura legata all’esperienza del reale, lontana dalle forme di perfezione linguistica.

Il Neorealismo cinematografico non fu una scuola né tantomeno un movimento organizzato, ma piuttosto un coro, un insieme di voci, non sempre in accordo tra loro ma comunque solidali nel portare avanti un nuovo modo di pensare e di fare cinema.

Origini del Neorealismo e contesto storico

Ladri di biciclette

In pochi mesi, uno dei giù avanzati sistemi produttivi europei si è spezzato e dissolto. Cinecittà è un rudere decadente e inagibile, adibita dagli Americani a campo profughi. Ciò nonostante, e forse proprio grazie a questo, il cinema italiano scende in strada, riprende il suo cammino e si avvia verso uno dei suoi periodi di massimo splendore. Prende forma un cinema che non nasconde nulla, che si riappropria del potere sovrano dello sguardo sul reale, che vuole restituire la dignità morale a un paese occultato e manipolato dal fascismo.

Non tutti vedono di buon occhio l’immagine che il Neorealismo sta cominciando a dipingere dell’Italia: “Perché mandare all’estero simili ritratti di donne italiane? Non basta quello che diranno i soldati che tornano?” Si chiede Gian Luigi Rondi su Il Tempo, a proposito dell’episodio romano di Paisà.

Anni di ricerche sul montaggio e sulla messa in scena vengono spezzati da un nuovo modo di fare cinema, un cinema del reale, in cui la macchina da presa scopre la penetrazione del tempo dello schermo nel tempo reale della vita della gente. Roberto Rossellini, ma anche De Sica e Zavattini, ridefiniscono il patto comunicativo con lo spettatore, invitato non più a guardare ma a vedere, ad essere testimone.

Il cinema made in Italy

Testimone diventa anche il cinema stesso. Dal 1945 i capolavori del Neorealismo e le personalità di Rossellini, De Sica, Antonioni e Fellini diventeranno garanti del “made in Italy”. Il cinema diventa il primo prodotto italiano a trainare la rinascita di un’Italia che continuerà nel campo della moda, della gastronomia, dell’architettura. È proprio grazie a questa coltivazione dell’immaginario collettivo che si crea quel fenomeno di adorazione dei prodotti italiani.

Con il neorealismo si amplificano le voci delle figure rimaste ai margini della scena e della storia, a cui non era mai stata concessa la dignità della parola. Gli sceneggiatori e i registi si sentono investiti del ruolo di interpreti e messaggeri della storia di tutti, con la missione di raccontare e documentare la ricostruzione di un Paese.

I registi neorealisti riescono a far parlare i silenzi, il vuoto, gli sguardi, il paesaggio e persino gli oggetti. Lo sguardo neorealista è uno sguardo inclusivo e totalizzante.

Roberto Rossellini

Roberto Rossellini

Il tempo è maturo per buttare via i copioni e pedinare gli uomini con la macchina da presa

Scriveva Cesare Zavattini. Roberto Rossellini cerca l’impatto tra macchina da presa e flusso delle cose, mosso da un intento divulgativo della realtà. La sua è un’umanità pervasiva, in cui non esistono né buoni né cattivi ma l’uomo è comunque cardine di tutto.

La sua trilogia della resistenza composta da Roma città aperta, Paisà e Germania anno zero ha uno stile completamente anti-spettacolare. La sua attenzione è tutta per le piccole cose, per i fatti insignificanti, per la realtà così come ci si presenta quotidianamente.

Il suo stile è sottrattivo: non rifiuta lo spettacolo ma lo svuota, prediligendo l’attesa, la stasi e la sospensione. Le sue storie procedono confondendosi con la storia del luogo in cui sono ambientate, che è poi la quella collettiva.

La mancanza di pellicola e la precarietà dei finanziamenti costringono Rossellini a inventare un nuovo modo di lavorare.

È vero, il suo sistema è contraddittorio. Non bisogna dimenticare la sua conversione dal fascismo all’antifascismo, una trasformazione tipica da italiano medio, di formazione cattolica, che nella manifestazione esplicita della violenza passa dal consenso alla zona grigia, per poi terminare nell’aperta opposizione al regime.

Proprio con Roma città aperta cerca di dimostrare come ci sia stato un diffuso sentimento antifascista nella popolazione romana. I luoghi della lotta sono quelli frequentati dalla gente comune: le strade, le chiese, le case popolari.

Roma città aperta

Roma città aperta

Jean-Luc Godard scriverà:

Tous le chemins mènent à Rome ville ouverte

Roma città aperta è accolto in patria con giudizi contrastanti, mentre all’estero riscontra un successo trionfale. Per lo spettatore europeo questo film di Roberto Rossellini è stata una vera e propria rivelazione. Le parole, i gesti, gli sguardi dei personaggi di Roma città aperta, soprattutto di Anna Magnani, assumono un valore emblematico, diventano veri e propri monumenti alla Resistenza. Quello di Rossellini è un’opera mondo drammatica e contraddittoria, che unisce e divide, assumendo il ruolo di punto di rottura dal passato.

Rossellini riporta la macchina da presa ad altezza uomo, ridà visibilità a ogni aspetto del reale, restituisce dignità e consapevolezza ai personaggi, reinventa le forme più elementari di comunicazione e riconsegna al cinema il ruolo di strumento di conoscenza umana e presa di coscienza collettiva. Nei suoi film si sente per la prima volta nel cinema italiano “lo sguardo di un uomo farsi popolo e quello di un popolo identificarsi con lo sguardo di un uomo”, come ha detto Cocteau.

Il pubblico di Roma città aperta

Il pubblico che andava a vedere Roma città aperta non era invitato a sognare. Ciò che vedeva sullo schermo era se stesso, quello che era o quello che era stato fino a pochi mesi prima. In sala c’era la stessa gente umile, povera, con i buchi della fame. La storia rappresentata era la stessa degli spettatori, dei loro amici e dei loro parenti. I tedeschi e i fascisti armati ovunque, l’oppressione e la paura, non erano qualcosa di distante e immaginifico ma la tangibile realtà.

Stavamo tutti lì, a occhi spalancati e a bocca aperta, a vedere che cosa diavolo ci era capitato in quei così vicini mesi terribili

Scrive Alberto Asor Rosa.

Con Rossellini il cinema si libera della dimensione letteraria, teatrale e figurativa che ne aveva condizionato il cammino. Per il critico francese Serge Danny nella sequenza della tortura di Roma città aperta si può riconoscere la nascita del cinema moderno, in cui l’occhio dello spettatore è costretto a vedere realtà finora occultate e intollerabili.

Germania anno zero

Germania anno zero

Nel 1947 lo sguardo di Rossellini sembra trovare il senso di chiusura definitivo di tutte le speranze. Sulle macerie è impossibile ricostruire, tra le macerie non nasce più nulla.

La macchina da presa segue il protagonista, Edmund, nel suo girovagare senza senso alla ricerca di conforto da parte di un mondo che lo ha spinto ad uccidere il padre. Senza appigli, senza aiuti e senza risposte deciderà di buttarsi nel vuoto.

Il finale trasmette un messaggio forte, di crisi personale ma anche ideologica. E così si conclude la parabola neorealista di uno dei suoi padri fondatori.

Che cos’è il cinema?

“Il realismo in arte non può che derivare da artifici”, scriveva André Bazin in Che cos’è il cinema?. Bazin sottolinea la contraddizione necessaria del neorealismo, che si propone di creare l’illusione del reale, volendo mostrare la realtà tramite inevitabili artifici. L’arte cinematografica stessa si nutre di questa contraddizione.

In Rossellini, però, questa contraddizione è un po’ meno evidente. I fatti, anziché essere manipolati dalla macchina da presa, si raccolgono e si accumulano sullo schermo, finendo per significare qualcosa. Questo risultato è la morale della storia, della storia collettiva, alla quale lo spettatore non può sfuggire, perché arriva dalla realtà stessa.

I titoli più celebri del Neorealismo cinematografico italiano sono disponibili su RaiPlay.

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