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In Sala

Troppo amici

Le vite di tre fratelli e i loro rispettivi parenti, si intrecciano e cooperano inevitabilmente attorno a situazioni esilaranti quanto drammatiche, facendoli spesso rendere conto di essere troppo vicini, “come le cozze attaccate a uno scoglio”

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il

Anno: 2009

Durata: 102′

Nazionalità: Francia

Genere: Commedia

Distribuzione: Moviemax

Regia: Olivier Nakache, Eric Toledano

Uscita: 06/12/2012

Prima del successo di Quasi Amici, pellicola del 2011 che ha entusiasmato gli spettatori di tutto il mondo all’unanimità (e di cui è probabile un remake americano), i registi Olivier Nakache e Eric Toledano lavoravano insieme già da un po’. Nelle sale francesi, infatti, esce nel 2009 Tellement proches (Troppo vicini), cronologicamente arrivato nelle sale italiane in ritardo, alle porte del 2013 e ribattezzato col titolo Troppo amici. Strategia commerciale, certo, ma che non delude le aspettative in termini di qualità. Al di là di questo, che ben vengano i contenuti e un modo fresco e pulito di intendere il cinema, soprattutto per quanto riguarda il genere della commedia. Il tema principale, qui, è la famiglia. Un nucleo universale in cui si concentra l’uomo, la donna, l’ambiente, le dinamiche sociali, religiose, amplificate all’ennesima potenza. Le vite di tre fratelli e i loro rispettivi parenti, si intrecciano e cooperano inevitabilmente attorno a situazioni esilaranti quanto drammatiche, facendoli spesso rendere conto di essere troppo vicini, “come le cozze attaccate a uno scoglio”. La location è il quartiere Choux de Creteil che, dal punto di vista architettonico, con le forme surreali dei suoi grattacieli e il labirinto di strade che si snoda all’interno di esso è lo scenario ideale per la storia e per lo scandire del battito del film. Fin da subito vengono presentati i personaggi con un ritmo serrato, senza alcun diluente narrativo, che induce in modo chiaro alla comprensione delle loro personalità, difficoltà incluse. Dalla stressante spesa all’Ikea, alle notti insonni causate dal pianto di un neonato, alla competizione e frustrazione nel confronto tra i diversi approcci educativi adoperati per i figli, ci si immedesima in ogni scena, notando quanto siano effettivamente riscontrabili nella nostra realtà di tutti i giorni circostanze simili. Un lavoro di sceneggiatura non indifferente, ricco di argomenti sensibili: dal tronco di partenza che sono Alain e Nathalie e i piccoli Lucien e Prosper, alla diramazione nelle storie collaterali che comprendono l’ospitalità di una “abbondante” famiglia pakistana, l’incontro bizzarro con una piccola comunità ebraica, l’intervento di più di un consulente familiare intento a salvare le sorti dei due genitori in crisi e la questione dell’accettazione razziale (per quasi tutto il film il personaggio del medico Bruno, interpretato dal talentuoso e originario del Senegal Omar Sy, viene continuamente scambiato per un portantino o un inserviente dell’ospedale, scatenando la sua rabbia e disappunto nei modi più spassosi). Dialoghi brevi, ma con le giuste pause e respiri, senza tempi morti. E poi quel momento dove accade qualcosa di imprevedibile che porta a non distogliere mai l’attenzione e a cadere vittime della noia e della monotonia. Da evitare, se possibile, il doppiaggio italiano che, da un po’ di tempo a questa parte, tende a caratterizzare e accentuare eccessivamente le battute caricando in modo errato la voce a sfavore del duro lavoro di naturalezza intrapreso dagli attori: enfatizzando e sottolineando il fatto che si sta assistendo a una commedia, la spontaneità vocale viene sopraffatta, ed è una dote indispensabile per donare all’interpretazione brillante quel tocco di leggerezza e credibilità che scatena la tanto desiderata risata, senza anticiparci che forse la sentiremo arrivare.

A farci accorgere di questo sorprendersi nel trovare comiche condizioni e stati d’animo paradossali e al limite dell’assurdo è stato da sempre Woody Allen e, in questo film, riaffiorano nella struttura alcuni ricordi dei film più corali del regista newyorchese, come ad esempio Harry a pezzi. Sicuramente, nel paragone in questione, in questo caso non ritroviamo una tale esperienza in grado di gestire alla perfezione un cast tanto nutrito e gli intrecci di copione, montaggio e cura di fotografia che portano il film ad un livello superiore, ma forse è proprio questa vena di ingenuità leggermente naif che caratterizza lo stile dei due autori francesi. Anche se è da constatare che scelte tecniche più eleganti sono poi andate raffinandosi nel film seguente, ovvero il delizioso Quasi amici. Un percorso filmico da seguire, quindi, che risarcisce il concetto di comicità in maniera generosa e sincera, offrendoci risate genuine e piccole emozioni che possono persino arrivare a commuoverci da vicino.

 Giovanna Ferrigno

 

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