Riposare in pace, approdato su Netflix lo scorso 27 marzo, risponde al genere del documentario e del thriller. Tra i protagonisti, Griselda Siciliani (già nota al pubblico per il ruolo in diverse telenovele argentine) e Joaquin Furriel. Alla regia Sebastián Borensztein.
Il film sviluppa un’idea più che interessante, che muove da un quesito, valido poi per tutta la sua durata: si può morire, e poi rinascere?
Riposare in pace, la trama
Buenos Aires, 1994. Al centro della storia, la vita – solo apparentemente idilliaca – di una famiglia, che presto si trasformerà in autentico incubo.
Un mix tra problemi economici, ricatti e controllo pervade la trama fin dai primi minuti. Sergio (Joaquin Furriel), padre di famiglia, deve affrontare il suo fallimento lavorativo. A seguito di un prestito mai restituito, poi, l’intera famiglia comincerà a temere per la propria vita. Almeno fino a quando la storia non fa la sua irruzione nel film.
L’attacco terroristico del 1994 in Argentina
Il film di Borensztein si muove continuamente su due binari: da una parte la storia familiare, dall’altra il riferimento al contesto storico. Quest’ultimo riporta lo spettatore indietro esattamente di trent’anni. È la mattina del 18 luglio 1994, ore 9:53. Si sente una violenta esplosione proprio nei pressi della finanziaria che aveva garantito il prestito a Sergio. Il protagonista rimane inevitabilmente coinvolto.
La storia irrompe nella realtà filmica e diviene, al tempo stesso, triste testimone della vicenda dei personaggi. Si tratta dell’attentato dell’AMIA, di natura terroristica, che ebbe luogo davanti all’Asociación Mutual Israelita Argentina (AMIA), a Buenos Aires. A tutti gli effetti, il più grave attentato della storia dell’Argentina: l’edificio interessato dall’esplosione crollò causando 85 vittime e più di 300 feriti.
L’attentato riesce a rappresentare un punto di svolta: è un evento che cambia drasticamente le sorti di tutti i personaggi. In questo senso la storia è protagonista della pellicola, tanto quanto lo sono Sergio e la sua famiglia.
La questione del tempo
Il tempo in Riposare in pace non è lineare. Il racconto si nutre di salti nel passato, utili a spiegare ed illustrare il presente. Molte volte, poi, non sono i dialoghi a rendere esplicite le cause di quanto sta accadendo in un dato momento, quanto piuttosto le immagini. Le inquadrature mostrano la scelta di un personaggio, il suo rimpianto; ancora, i suoi desideri.
La dimensione temporale si lega a ciò, perché è sempre il tempo a dettare la linea di azione. Concitato, ritmato, spaventoso e rapido: il tempo si appropria del film, ne determina la struttura narrativa ed esige perciò una sua stessa rappresentazione di primo piano. Sono gli avvenimenti che regolano la trama di Riposare in pace, la orientano e da ultimo la definiscono.
Un film che riflette sulla figura del padre
Riposare in paceè un film che vuole raccontare, tra una sequenza di azione ed un’altra, la complessità della figura paterna. L’azione si concentra sempre sulla figura maschile: è il padre che permette l’evolversi narrativo del film, e gli conferisce colpi di scena, con le sue decisioni, con i suoi pensieri. Ed emozioni, colori, distanze, cambiamenti.
Borensztein indaga da vicino le conseguenze dell’assenza di questa figura all’interno del microcosmo familiare, portando alla luce fragilità umane, paure e mancanze. Le emozioni dei personaggi prendono vita attraverso la tecnica del montaggio parallelo, che mostra e al tempo stesso segna, il passare del tempo. Se i figli del protagonista crescono, Sergio invecchia, in una dimensione affettiva costantemente carente.
É una storia, non di secondaria importanza, che il film si fa carico di raccontare al pubblico, marcando però sempre l’accento sulle conseguenze di un allontanamento, causa della rottura di un precedente equilibrio.