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Approfondimenti

Takeshi Kitano, un volto dalle mille identità

Una panoramica su Takeshi Kitano, artista eclettico che è entrato nella leggenda come uno dei volti più noti della storia cinema. Alla Biennale con Broken Rage

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Alla Biennale 81 con Broken Rage, Takeshi Kitano non ha bisogno di presentazioni. Classe 1947, il suo nome è legato a decine di lavori e progetti estremamente diversificati tra di loro. Ad oggi c’è chi lo ricorda principalmente come regista di film d’autore. Molti  associano il suo volto ai film yakuza anni ’90; alcuni lo considerano solo nei panni di comico manzai. Per altri resta il personaggio iconico del sadico professore in Battle Royale.

Kitano è considerato un mostro sacro del cinema giapponese e mondiale. Consacrato con il Leone d’Oro per Hana-bi – Fiori di fuoco (1997), la sua carriera si è svolta in modo eclettico in preda a un costante rinnovamento, andando quasi di pari passo con la vita personale. Recentemente è tornato dietro la macchina da presa con Kubi (2023) presentato al Festival di Cannes. Tratto da un romanzo scritto dallo stesso Kitano, l’unica proiezione in Italia per ora è avvenuta al Torino Film Festival 2023.

Gli esordi: la comicità di Beat Takeshi

Dopo aver fatto diversi lavoretti per sbarcare il lunario, Takeshi Kitano approda nel mondo dell’intrattenimento come cabarettista in un locale del quartiere di Asakusa a Tōkyō. Qui usa per la prima volta lo pseudonimo Beat Takeshi; è un nome che continuerà a portare durante tutta la sua carriera per indicare i lavori che realizza in veste di comico, mentre per le produzioni da regista inizierà da subito a firmarsi con il vero nome. Il periodo ad Asakusa è estremamente formativo a livello artistico, tanto che Kitano lo racconterà nel libro Asakusa Kid (1988, ed. italiana a cura di Mondadori, 2002). Il libro diventerà la base per il film semi-autobiografico Kids Return (1996), scritto e diretto da Kitano.

Dopo un periodo come cabarettista, insieme all’amico Kaneko Kiyoshi costituisce un duo comico manzai che viene chiamato Two Beats. Il manzai è un’arte comica tradizionale giapponese simile al cabaret, che si svolge in coppia; la comicità è basata molto su giochi di parole arguti, spesso usando il dialetto del Kansai (regione di Ōsaka e Kobe). Il duo si affermerà sempre di più nel panorama televisivo giapponese fino a realizzare il famosissimo Takeshi’s Castle (xhi è più avanti negli anni lo ricorderà come Mai dire banzai!).

Il programma è un gioco in cui decine di concorrenti agguerriti si cimentano in prove fisiche ai limiti dell’impossibile; i valorosi che completano tutte le prove infine devono affrontare il perfido Conte Takeshi, interpretato proprio da Beat Takeshi.

Lo show ha avuto enorme successo in Giappone e all’estero. In Italia è stato consacrato nel palinsesto televisivo grazie al commento della Gialappa’s Band e ha visto numerose riedizioni, tra cui ricordiamo quelle commentate da Lillo e Greg. Per i nostalgici, molte delle puntate commentate in italiano sono ancora disponibili su YouTube.

Dietro la macchina da presa: gli yakuza eiga

Dopo aver fatto da comparsa in vari film (uno tra tutti Furyo di Nagisa Ōshima con David Bowie e Tom Conti, 1983), Takeshi Kitano viene ingaggiato per recitare in Violent Cop, un film di genere yakuza con la regia di Kinji Fukasaku. Il regista però si ritira all’ultimo dal progetto e Kitano si fa avanti per sostituirlo. In seguito dichiarererà che era semplicemente curioso di cimentarsi con la regia. La produzione è un po’ dubbiosa a causa del passato di Kitano come comico, ma alla fine cede. Il risultato è un esordio fenomenale che in pochi si aspettavano.

Violent Cop

Il genere degli yakuza eiga è sempre stato molto popolare in Giappone. Riprende quasi tutti gli stilemi del gangster classico e poliziesco all’americana. Con Violent Cop, Kitano riesce a dare nuova vita al genere. Prima dell’inizio delle riprese, la sceneggiatura viene pesantemente rimaneggiata dal regista e ne viene fuori una storia viva e pulsante. Seppure ancora abbozzate, si intravedono le caratteristiche della sua visione di cinema: il film è un neo-noir in cui non esistono personaggi positivi e anche lo stesso protagonista interpretato da Kitano non è più che un anti-eroe.

La storia rappresenta anche alcuni aspetti biografici del regista. Takeshi Kitano infatti aveva trascorso l’infanzia con la madre e i fratelli a Senju, che allora era un poverissimo quartiere di Tōkyō segnato dalla violenza degli yakuza. Forse è proprio perché il tema è vicino al Kitano bambino che tutto il racconto è intriso di una profonda sensibilità nei confronti della vita e della morte. Questo senso di perdita di speranza e negatività totale accompagnerà tutto il cinema degli anni Novanta in Giappone, non a caso denominato “the lost decade”. Siamo infatti alle porte del 1991, anno in cui scoppia la bolla speculativa finanziaria, che fa precipitare la nazione in una baratro che sembra non avere fine. È la più grande crisi economica del Giappone dal secondo dopoguerra, e il clima di incertezza e disperazione caratterizzerà ogni aspetto della vita per un interminabile decennio.

Il silenzio sul mare

Nel corso degli anni ’90 Kitano si afferma sempre di più come regista. Inizia a discostarsi dagli yakuza eiga per spostarsi verso un cinema più intimo, che rappresenta le piccole cose e le relazioni della vita di tutti i giorni. Nel film Il silenzio sul mare (1991) racconta la storia di una coppia di ragazzi sordi e della scoperta del surf da parte di lui. É una sincera e profonda testimonianza dell’amore puro tra i due ragazzi, che è espresso non dai dialoghi ma solo dai gesti di cura che hanno l’uno per l’altra.

Il mare rappresenta un terzo protagonista nel racconto e può essere interpretato come la mutevolezza della vita: a volte dolce, a volte spietato, sempre pronto ad accogliere chi vuole avere un’altra occasione. Questo film sancisce anche l’inizio della collaborazione di Kitano con il compositore Joe Hisaishi, già celeberrimo per le colonne sonore dei film di animazione del neonato Studio Ghibli. Basti pensare che nel 1991 ha già realizzato le musiche per Nausicaä della Valle del vento, Laputa: il castello nel cielo, Il mio vicino Totoro e Kiki consegne a domicilio.

Sonatine

È nel 1993 con il film Sonatine che il suo nome comincia a fare capolino in fuori dal Giappone. Sonatine viene presentato nella sezione Un Certain Regard al 46º Festival di Cannes e al Festival del cinema di Taormina. L’accoglienza è calda e inizia una sincera curiosità nei confronti del regista. Il film in Giappone negli anni è diventato un cult, tanto che non è raro trovare per strada graffiti che rappresentano la famosissima scena in cui uno degli yakuza si porta la pistola alla tempia.

La storia racconta in modo delicato la vicenda del protagonista, il violento yakuza Murakawa che sta per ritirarsi dalla malavita. Murakawa viene mandato da Tokyo a Okinawa per svolgere un lavoro. Okinawa rappresenta un piccolo paradiso in terra: tra le spiagge bianche, il mare cristallino e l’atmosfera di pace, lo yakuza ritrova una propria dimensione umana e privata.

Tragedie artistiche e personali

Il 1994 è l’annus terribilis per Kitano, sia dal punto di vista autoriale che personale. È l’anno di uscita di Getting Any?, il film che ispirerà la cosiddetta trilogia del suicidio artistico. Il film sembra quasi la parodia di tutta la produzione autoriale precedente con gag demenziali, una sceneggiatura debole e un filo conduttore davvero troppo sottile.

Dal punto di vista personale, il 2 agosto 1994 Kitano è vittima di un gravissimo incidente in moto. La convalescenza è lunga e Kitano si sottopone a numerosi interventi di chirurgia estetica al volto. Riesce a riprendersi, ma la parte destra del volto resterà paralizzata e inizierà ad soffrire del suo particolare tic all’occhio. Il volto di pietra e privo di espressioni resterà comunque una caratteristica riconoscibile di tutti i suoi personaggi successivi e diventerà una modalità di espressione artistica.

L’incidente è un punto di ripartenza per il Kitano autore: il primo film che esce nel 1996, Kids Return, riscuote enorme successo in patria e spiana la strada per il film successivo, che sarà il vero capolavoro artistico di Kitano.

Il successo internazionale

Nel 1997 Takeshi Kitano presenta Hana-bi : Fiori di fuoco alla 54ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Il film si aggiudica il Leone d’Oro ed entra nei circuiti cinematografici di tutto il mondo. Tutti vogliono scoprire l’opera di Kitano e questo contribuisce anche a riaccendere i riflettori sul Giappone e sul suo cinema d’autore. Gli autori giapponesi escono dalla fase di buio di contenuti degli anni Ottanta, in cui la produzione di film d’arte non veniva quasi contemplata e si era preferito puntare su lavori commerciali che portavano immensi profitti alle case produttrici. Basti pensare che in questo periodo non erano stati garantiti fondi neanche al grande maestro Akira Kurosawa, che aveva trascorso un periodo di profonda depressione anche a causa dell’insuccesso Dodes’ka-den (1970) e del fallimento del progetto di Tora! Tora! Tora! (1970).

Hana-bi – Fiori di fuoco

Il titolo stesso di Hana-bi esprime molto dei contenuti tematici del film. La parola hanabi scritto 花火 significa “fuochi d’artificio”; è composto dai kanji 花 fiore e 火 fuoco, quindi il significato letterale dell’espressione è fiori di fuoco, così come viene reso nel titolo italiano. La contrapposizione di bellezza e violenza, amore e morte sono le tematiche principali del film. Il protagonista Nishi è un ex-poliziotto tormentato dagli yakuza, con un carattere burbero e modi sbrigativi. Scopriamo dunque che le radici del suo dolore sono profonde e si annidano all’interno delle mura domestiche: la moglie Miyuki è malata di leucemia senza speranza di guarigione. Nishi decide di passare gli ultimi istanti accanto a lei, ma non riesce a sfuggire alla violenza che lo circonda.

Hana-bi è un film che si snoda tra vita e morte. La violenza è sempre presente ed è fine a se stessa. Tutti vengono colpiti, anche se moralmente non lo meriterebbero. Allo stesso tempo il film è ricco di pace, di arte e di una dimensione domestica salvifica. I quadri che vediamo nel film sono stati realizzati dallo stesso Kitano nel periodo della convalescenza seguita all’incidente del 1994. In questa concezione l’arte nasce dal dolore ed è la bellezza l’unica forza catartica del film. Joe Hisaishi cura ancora una volta la colonna sonora, che è considerata una delle più evocative mai realizzate dal compositore. Non possiamo che consigliare almeno l’ascolto di questa splendida versione di uno dei brani, interpretato al pianoforte dal Maestro Hisaishi.

Altri successi

Dopo il successo di Hana-bi, seguono L’estate di Kikujiro (1999) dedicato alla memoria del padre di Kitano, che dà il nome al film. Si tratta di nuovo di un’opera delicata e potente, in cui Kitano continua il discorso su amore e morte che aveva iniziato con Hana-bi. Passa una breve parentesi in cui realizza il suo unico film negli Stati Uniti, Brother (2000), che la critica considera uno dei film più ammiccanti al cinema di genere in tutta la produzione di Kitano. Dopodiché è il turno di Dolls (2002). Profonda riflessione sulle relazioni d’amore nella società giapponese, gran parte della critica lo considera l’ultimo film con valore artistico del regista.

Le atmosfere sognanti delle prime scene rendono omaggio al bunraku, l’arte degli spettacoli di burattini giapponesi. La colonna sonora contribuisce a creare un senso di profondità onirica all’interno della narrazione. Sarà l’ultima collaborazione tra Kitano e Hisaishi, il quale dopo Dolls si dedicherà quasi unicamente a comporre le musiche per i film di animazione di Hayao Miyazaki prodotti dallo Studio Ghibli. La collaborazione tra i due continua tuttora: il Maestro Hisaishi ha realizzato le musiche dell’ultimo successo Il ragazzo e l’airone.

La “trilogia del suicidio artistico”

Nei primi anni Duemila la produzione di Takeshi Kitano subisce una brusca svolta. Realizza i tre film Takeshi’s (2005), Glory to the filmmaker! (2007) e Achille e la tartaruga (2008).  Questi tre lavori sono molto lontani dalla profondità autoriale che Kitano aveva dimostrato nei film immediatamente precedenti e per questo motivo la critica li ha ribattezzati trilogia del suicidio artistico. Sono opere che spesso fanno la parodia alla figura di Kitano. Vediamo personaggi molto simili a lui che vivono situazioni eccessive e irrealistiche e vengono così ridicolizzati. Kitano sembra voler smembrare la figura del regista-artista ironizzando il proprio percorso. I film verranno comunque presentati alla Mostra del cinema di Venezia nel corso degli anni, senza riscuotere successo.

Gli ultimi successi

Dopo la “trilogia”, Kitano fa ritorno allo yakuza eiga con Outrage (2010) e i sequel Outrage Beyond (2012) e Outrage Coda (2017). I film vengono presentati alla Mostra del cinema di Venezia e al Festival di Cannes ricevendo una calorosa accoglienza. Sembra che sia tornato il Kitano più artistico, e i film vengono premiati anche con un grande successo commerciale.

L’ultimo lavoro di Kitano è Kubi, presentato al Festival di Cannes nel 2023. Si tratta di un film di cappa e spada ispirato alla morte del Oda Nobunaga, uno dei tre storici riunificatori del Giappone del 1500 che ha già ispirato molti personaggi della cultura pop. Il fidato generale di Nobunaga, Akechi Mitsuhide, si ribella e lo attacca con tutto il proprio esercito. Oda Nobunaga si asserraglia nel tempio di Honnō-ji a Kyoto e per non cadere vivo nelle mani del nemico dà fuoco al tempio mentre si appresta a compiere il suicidio rituale. L’avvenimento rappresenta un tema estremamente famoso della storia giapponese e negli anni è stato fonte di ispirazione di opere letterarie e teatrali. Non è ancora prevista una data di uscita in Italia per Kubi.

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