Al Forence Korea Film Fest Immortal Woman di Choi Jong-tae . Nel cast Ahn Nae-sang, Lee Eum, Yoon Ga-Hyun, Lee Jung-gyeong, Yoon Jae-jin.
Dal cinema al teatro e viceversa in Immortal womanChoi Jong-tae mette in luce il tema della ricerca della perfezione estetica nei giovani, nel rapporto, in un negozio di cosmetici, tra cliente e consumatore, tra formalità e necessità personali.
In un negozio di cosmetici, Hee-kyeong e Seung-ah devono mantenere un sorriso costante e un atteggiamento accomodante. Quando incontrano Jeong-ran, una cliente difficile, la loro pazienza è messa alla prova. Nonostante le sfide, si sforzano di rimanere professionali, sperando in un finale positivo. Jeong Ran si lamenta di aver acquistato un prodotto cosmetico per prevenire le rughe intorno agli occhi, ma ha più rughe di prima. Jeong Ran, che si è recata al negozio a causa del servizio insoddisfacente, inizia a chiedere un rimborso per abuso. Il direttore della filiale del mercato Sang Pil chiede aiuto e Jeong Ran esprime le sue sincere scuse a Seung Ah. Si inginocchia e chiede perdono.
Una scena teatrale
Costruito su un’unica scena, Immortal Woman ha una struttura prettamente teatrale, Pochi arredi come su un palco di un teatro, luci soffuse che si spostano ald ogni movimento degli attori, scambi di battute che determinano l’andamento della storia, senza nulla di esterno a quel luogo e che sintetizzano un po’ il vuoto di contenuti degli stessi personaggi.
Le commesse superficiali e caratterizzate da un sorriso di plastica, l’accondiscendenza forzata e impostata verso le clienti che giungono in negozio, le macchinazioni interne che nascondono il tentativo di mantenere il posto fisso sul lavoro. Ogni cosa è imbastita su una finzione scenica che mira ad assecondare e ingannare le clienti sugli effetti quasi magici dei prodotti di bellezza venduti. Ma il tema vero qui è l’arte della dissimulazione, nella vendita come nella vita, con la tecnica del sorriso perfetto che mira alla bugia. E’ un mentire continuo all’Ange Gardien che, dovrebbe, in teoria, come un angelo custode, prendersi cura delle sue clienti piuttosto che mentire e vendere falsi rimedi estetici e che incarna un antro quasi infernale di ipocrisie, maschere e false identità.
L’infelicità non discrimina
I personaggi sono tutti infelici e schiavi di un’apparenza che li possiede e che li consumerà fino al finale da tragedia. Il volto è “il miglior oggetto di consumo.” L’ossessione per la bellezza fisica è vecchia come il mondo, si sa e non conosce differenze di classe sociale. Quello che oggi è cambiato è il ruolo fondamentale che ha assunto la ricerca del corpo perfetto, una sorta di nuova religione e ossessione. Il consumatore ideale è una persona ansiosa, depressa e costantemente insoddisfatta: studi accademici delle più qualificate istituzioni evidenziano che le persone tristi sono quelle che spendono di più.
Il film di Choi Jong-tae esplora proprio questi temi attraverso una storia di vendetta, inganno, miseria umana, ipocrisia, conflitti sociali , insicurezze radicate, mettendo al centro sempre la maschera, facciale e simbolica. Lo specchio è il nemico principale da cui fuggire ma a cui ricorrere allo stesso tempo con una manicale ossessione verso il desiderio di restare giovani per sempre. Emblematica l’assenza di empatia femminile e la rappresentazione, al contrario, di rapporti centrati sulla competizione insana, l’inganno, l’invidia, la bellezza come simulacro. L’unico personaggio maschile è in realtà ridotto a poche scene ed è posto in secondo piano, anche se resta il reale detentore del potere nelle dinamiche della storia.
Nessuno è dunque quel che sembra e potrebbe essere qualcuno di già incontrato:
Dove ti ho già visto prima?
Ricordarsi di aver già incontrato qualcuno. Far caso alle persone in una società di ‘invisibili’. E’ tutto questo il vero dramma in fondo…
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