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‘Body Odyssey’: la recensione del film di Grazia Tricarico

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Passato in concorso al Bifest 2024, per la sezione Panorama Internazionale, Body Odyssey di Grazia Tricarico spiazza, togliendo il fiato. Una storia particolare quella di Mona, bodybuilder professionista, incastrata in un conflitto interiore tra lei e il suo corpo. Un film che tocca tematiche interessanti, sicuramente poco approfondite finora nel cinema. Grazia Tricarico regala un interessante miscuglio tra linguaggio cinematografico e un’estetica che si avvicina molto alla videoarte.

Il Film è al cinema distribuito da Revok.

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Body Odyssey la trama

Mona (Jacqueline Fuchs) è una bodybuilder professionista in preparazione per la competizione più importante della sua carriera. La sua vita è una ricerca spasmodica di perfezione e bellezza, monitorata costantemente dal suo allenatore (Julian Sands) che, come un demiurgo, vigila sui suoi singoli gesti quotidiani. L’incontro con un misterioso ragazzo mette in pericolo questo delicato equilibrio e, in Mona, emerge un conflitto finora taciuto, quello con il proprio corpo.

La Recensione

I temi che Body Odyssey tocca sono peculiari, sicuramente non accessibili a chiunque. Si tratta di un film estremamente intimo, ma Grazia Tricarico riesce a trasportare nella storia anche chi a questo mondo è estraneo. L’inadeguatezza e il conflitto interiore che Mona percepisce diventa universale. 

“Questo film nasce dalla volontà di trovare la bellezza. Body Odyssey esplora i confini dell’identità e della fisicità. E al di là del fatto che vediamo sullo schermo la storia del corpo di una bodybuilder, il conflitto con il corpo è una cosa che ci riguarda tutti, con molteplici sfumature. Il film è quindi un’indagine sul corpo, attraverso la storia di una bodybuilder”. (Grazia Tricarico)

Per Mona il suo corpo è la sua passione; l’allenamento, il sacrificio, il duro lavoro, la costanza: è questa la sua vita. Il problema subentra nello sguardo altrui, e nasce un percorso di accettazione non solo di se stessa, ma soprattutto di se stessa agli occhi degli altri. Un conflitto interiore tra il sentirsi bella e il sentirsi apprezzata. Temi apparentemente chiusi, riescono a diventare invece uno spunto di riflessione sui vari aspetti dell’essere. 

“Sicuramente la fisicità di una bodybuilder donna è percepita come una fisicità anomala. Ho scoperto quanto si ama quel corpo, e fino a che punto lo si può amare, per poi trasformarlo, plasmarlo. Penso sia intrinseco alla natura umana, e non penso bisogna condannare questa scelta. Io ho trovato la bellezza nel guardarsi di Mona, nel suo apprezzarsi, al di là del giudizio sociale e degli standard estetici.” (Grazia Tricarico)

Interessante poi il centrale tema della sessualità di Mona: il sesso per lei è uno dei tanti obblighi auto imposti per riuscire a mantenere una perfetta forma fisica. Eppure questo equilibrio inizia a crollare proprio laddove, per la prima volta, Mona si sente voluta per ciò che è, genuinamente apprezzata, da parte di Nic. Un apprezzamento che presto si rivelerà puramente superficiale, facendo crollare ancora una volta le deboli sicurezze della protagonista.

Body Odyssey nuota in una serie di eventi surreali. I luoghi sono astratti, mai inquadrati per intero, luoghi senza un’epoca, non luoghi. La storia in sé è atemporale, come se viaggiasse su un binario distante dagli altri, opposto. Un’ambientazione che rispecchia alla perfezione lo stato d’animo di Mona, che vive fuori dal mondo, ma dentro il suo corpo. A tratti parla da sola, con l’interessante voce interiore del suo corpo. Vive distaccata dalla realtà, non propriamente conscia di ciò, una realizzazione che sembra non arrivare mai. 

“Credo sia fondamentale ragionare su che luogo sia il corpo, se è un luogo di libertà, sperimentazione, o è una prigione”. (Grazia Tricarico)

I fatti narrati, in sé, appaiono surreali. La vita di Mona è mostrata con un punto di vista fortemente soggettivo, con lunghe inquadrature ravvicinate, al contempo con una naturalezza tale da portare il pubblico a estraniarsi da ciò che vede. Da un lato l’empatia è forte, il conflitto interiore condiviso, dall’altro arriva un senso di disgusto e di incomprensione: il pubblico diventa giudice di una vita che non gli appartiene, trovandosi a far parte del conflitto di Mona in due ruoli distinti: il giudicante e il giudicato. Ed ecco come Body Odyssey esplora un tema non facile, analizzandolo su più livelli: Grazia Tricarico regala una vera e propria odissea sul corpo.

Body Odyssey intervista con la regista Grazia Tricarico

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