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Blackbird – Festival Internazionale del Film di Roma (Alice nella città)

Sean Randall è un adolescente problematico che ha un forte legame d’amicizia con una coetanea, Deanna Roy. Il fidanzato della ragazza è geloso di questa relazione e ha un confronto acceso con Sean. Per reazione, il giovane pubblica online una minaccia di morte nei confronti del rivale e la polizia lo arresta…

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Anno: 2012

Nazionalità: Canada

Durata: 103′

Genere: Drammatico

Nazionalità: Canada

Regia: Jason Buxton

Era il 1999 quando due studenti entrarono nel liceo di Columbine nel Colorado e aprirono il fuoco contro compagni e insegnanti. Fu una strage epocale. Nel 2002 Michael Moore girò Bowling a Columbine, un documentario in stile sensazionalista sull’uso delle armi negli Stati Uniti, arrivando alla conclusione che all’origine del crimine si annida la paura del crimine stesso fomentata dalle disuguaglianze sociali scatenate dal sistema politico e promulgate dai media. In questo stato di terrore, è facile diffidare del prossimo e percepirlo come una minaccia, ed è breve il passo verso una difesa personale che degenera nell’eccesso. Nell’esordio di Jason Buxton intitolato Blackbird, Sean è non ha commesso niente di tutto ciò, è solo un adolescente non convenzionale: non gioca a hockey e non è popolare, è un dark con le unghie tinte di nero e il chiodo con le borchie additato ed escluso dai suoi compagni perché diverso. Deanna, per cui “l’apparenza è tutto”, è il suo esatto opposto, è popolare e amata. Sean e Deanna, l’accoppiata più improbabile del liceo, sono attratti l’uno dall’altra ma lei non è pronta ad abbandonare il suo mondo di finzione per vivere pubblicamente una relazione con lui, che finisce per essere oggetto di bullismo da parte dei suoi compagni e a sfogare su un diario la sua frustrazione. La piccola comunità di Eastport non è abituata a comprendere ciò che esce dai binari dell’ordinario, addita l’elemento dissonante e lo etichetta come mostro, intenta un processo alle intenzioni a Sean accusandolo di aver pianificato una strage di massa. L’adolescente, abbandonato dalla madre rimasta in città con la sua nuova famiglia, vive con un padre che sta iniziando a conoscerlo e che insieme a lui impara a riconoscere la claustrofobia in cui la bigotta cittadina vuole inghiottirlo.

Lo stile delle riprese con una telecamera sempre dietro ai personaggi richiama alla memoria Gus Van Sant e, per il rimando alla strage di Columbine, Elephant. Il film breve del regista statunitense seguiva i protagonisti per ritrarne la vacuità esistenziale che li aveva risucchiati e incastrati in una quotidianità amorfa da cui anche la tragedia finale ne usciva scarnificata. In Blackbird non c’è nessuna tragedia da scongiurare perché il caso è montato dall’incapacità dell’essere umano di accogliere l’altro. Per la sordità di una comunità tanto indaffarata a conformarsi alle regole da cristallizzarsi in un’immagine di false apparenze, Sean viene condannato benché innocente, perché è meglio mentire per salvarsi la pelle. Il microcosmo di violenza del carcere minorile, con le regole di nonnismo che lo governano, è un ritratto veritiero della crudeltà del luogo. Eppure, l’istituto che gli sottrae la libertà e gli toglie il respiro non è tanto duro quanto l’asfittico mondo là fuori, ai cui occhi giudicanti non sfugge di confinare il ‘mostro’ allo status di reietto. L’amore di e per Deanna, pentita di non aver smentito le false accuse montate dai suoi compagni, è l’unica mano tesa, la ragione per cui trovare la forza di sostenere la verità in una società che si rassicura quando spegne nella colpevolezza la voce fuori dal coro. Indipendente, attuale, onesto, Blackbird è una lezione sulle conseguenze della paura nell’essere umano, capace di uccidere quel che non comprende ma anche pronto a coraggiosi slanci salvifici in nome dell’amore.

Francesca Vantaggiato

 

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