Tratto dall’omonimo romanzo di Jorge Amado, scrittore brasiliano di culto, Donna Flor e i suoi due mariti è il terzo lungometraggio del regista Bruno Barreto. Uscito nel 1976, è stato per oltre tre decenni il film di maggiore incasso nella storia del cinema brasiliano. Attualmente, è visibile su MUBI per il ciclo “Triangoli d’amore nel cinema”.
Il triangolo della felicità secondo Flor – La trama
Donna Flor è una placida signora borghese di Salvador de Bahia. È sposata con l’infedele e inaffidabile Vadinho. Nonostante i difetti, Flor lo ama sinceramente: nessuno come lui sa risvegliare la sua sensualità. Tanto che anche dopo l’improvvisa scomparsa, Vadinho continuerà a ritornare nella vita di Flor come un fantasma del desiderio. Un rassicurante secondo marito nella realtà, un focoso primo marito nella fantasia: la signora Flor sembra aver trovato il segreto della felicità.

“Ah, che sarà, che sarà.
Quel che non ha decenza, né mai ce l’avrà.
Quel che non ha censura, né mai ce l’avrà.
Quel che non ha ragione.”
Dalla pagina al cinema – Il commento
A volte il cinema brasiliano fa capolino dalle nostre parti, uscendo dal ristretto circuito dei festival. Lo ha fatto negli anni Sessanta con Glauber Rocha e gli esponenti del Cinema Novo. È tornato in anni molto più recenti con gli expoit di Central do Brazil (Walter Salles, 1998), City of God (Fernando Meirelles, 2002), Tropa de Elite (José Padilha, 2007). Senza dimenticare i solidi melodrammi di Kleber Mendonça Filho come Aquarius (2016) e Bacurau (2019).
Nella stagione 1976/1977 fu invece la volta di questo film tratto da un fluviale romanzo di culto. Sì, perché Donna Flor e i suoi due mariti (il libro) fu un vero e proprio caso editoriale, anche in Italia. Non solo avvicinò molti lettori al talento di Jorge Amado e alla vivacità della letteratura brasiliana, ma fece anche scoprire le inquietudini di un Paese che stava vivendo una feroce dittatura militare.
La versione cinematografica che oggi possiamo scoprire o riscoprire dopo decenni di relativo oblio è una vera e propria “riduzione” del romanzo: delle oltre 500 lussureggianti pagine scritte da Amado, rimangono nel film l’impalcatura drammaturgica, l’erotismo diffuso e un’atmosfera unica e tipicamente “tropicale”. Il film ha il merito infatti di tratteggiare un ritratto vivido e sfaccettato della società brasiliana dell’epoca. Se i protagonisti appartengono alla borghesia bianca di Bahia, c’è spazio anche per una visione altra: riti stregoneschi, la vita nelle favelas, squarci di vita delle classi subalterne.
Tra vitalità erotica e realismo magico
Austeri interni coloniali e selvaggi cortei di Carnevale. Eros e tanathos. Religione e superstizione. Impulsi istintivi e controllati riti borghesi. Lutto e allegria: Donna Flor e i suoi due mariti costruisce un immaginario brasiliano pieno di contraddizioni, allo stesso tempo autentico ed esotico, naturalista e da cartolina. Se il romanzo spinge spesso il pedale dell’esagerazione e del realismo magico, creando una sorta di mito pagano intorno al triangolo costituito dai tre protagonisti, il film raffredda un po’ questo materiale incandescente, trasformandolo in una commedia di costume.
Quando arriva sul set il regista Bruno Barreto ha la sfrontatezza dei vent’anni, il sostegno del padre produttore, un talento precoce e un’intuizione: la storia resa celebre da Amado (che, non dimentichiamo, all’epoca era un mito, anche per la sua militanza politica) poteva diventare il prototipo di una nuova “commedia alla brasiliana”, ispirata a quella italiana, in particolare agli umori e all’accesa espressività dei capolavori di Ettore Scola e Lina Wertmüller.

Un successo chiamato desiderio
Donna Flor e i suoi due mariti è stato un grande successo popolare. Soprattutto in Brasile, ma anche in Italia. Si inserisce con naturalezza nel filone dei film che negli anni Settanta sfidarono la censura per la loro audacia sessuale. È infatti più o meno coevo di Salò di Pasolini, L’impero dei sensi di Nagisa Oshima, Emmanuelle di Just Jaeckin e del maledetto Caligola di Tinto Brass. Mentre però questi titoli rappresentano l’erotismo in modo spesso cupo e simbolico, il film di Barreto riesce a creare un’atmosfera allegra, buffa, palpitante di umori e colori, giocando con gli stilemi di un esotismo stereotipato. Quasi un’idea del Brasile a misura di turista occidentale.
A distanza di anni, possiamo dire che il film uscì in Italia al momento giusto: c’era un diffusa voglia di libertà, anche sessuale; gli intellettuali e gli artisti brasiliani erano amati per il coraggio e la loro testimonianza di dissenso politico; tutto ciò che proveniva da culture lontane portava con sé un’allegria che contrastava col grigio degli Anni di Piombo. Donna Flor e i suoi due mariti trovò inoltre in Italia un alleato a prima vista inaspettato: il movimento femminista. É stato infatti uno dei primi film popolari a mettere al centro il desiderio femminile. Tra le tante donne-oggetto e commedie sexy dell’epoca, la nostra eroina è una donna che sceglie e vive appieno la sua libertà, senza proclami né sensi di colpa.
Curiosità
Il film ha lanciato a livello internazionale la carriera della protagonista Sonia Braga, icona indiscussa del cinema brasiliano, capace di spaziare dalle telenovelas come Dancin’ Days a opere importanti come Il bacio della donna ragno di Hector Babenco e Milagros di Robert Redford. La squadra Amado-Barreto-Braga si ricomporrà nel 1983 per Gabriela, tratto da un altro romanzo-cult dell’autore bahiano: Gabriella, garofano e cannella.
La canzone dei titoli di testa è la celebre O Que Será di Chico Buarque de Hollanda. Il cantautore la scrisse apposta per il film, facendola diventare uno dei più grandi successi della MPB (música popular brasileira). Nel 1989 Ivano Fossati ne fece una versione in italiano, “Oh che sarà”, che incise in duetto con Fiorella Mannoia.
Il successo dell’opera brasiliana si meritò nel 1982 un remake hollywoodiano: C’è… un fantasma tra noi due, interpretato da James Caan, Sally Field e Jeff Bridges.