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‘The Heroine’s Journey’: il monomito femminile

Maureen Murdock con i suoi studi ha contribuito fortemente al viaggio dell’Eroina. Un sentiero parallelo ma profondamente diverso rispetto al percorso maschile di Joseph Campbell. Sul grande e piccolo schermo il metodo della Murdock ha saputo convivere con il peso dell’Eroe classico e la mutazione dell’Eroina contemporanea

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Il viaggio dell’eroe di Campbell, poi modificato nella pratica da Christopher Vogler, è il metodo più usato nel campo dello storytelling per formare il viaggio del protagonista di un film o di una serie. Uno schema che prevede un’avventura. Una chiamata all’azione, la crisi dell’eroe. La sfida decisiva per la formazione del proprio percorso spirituale, dai colossal peplum a quelli fantasy come Il Signore degli Anelli, fino ai personaggi di Martin Scorsese o di Christopher Nolan. Un percorso eroico dai mille volti che sviluppa nella sostanza l’evoluzione psico-spirituale dell’archetipo dell’eroe e un modello che ricalca le gesta dei personaggi mitologici come Ulisse.

L’Eroe classico

Nella struttura di Campbell l’eroe maschile varca la propria soglia attraverso diciassette tappe che si suddividono in tre atti. Nel suo viaggio incontra guide spirituali e i mentori, affronta avversari medi e più grandi che mettono in difficoltà le sue imprese. L’eroe si insinua nel ventre della balena attraverso una serie di prove che mettono alla prova le sue abilità in cerca di un Sacro Graal, che può essere materiale o metaforico. La lezione più dura per viaggiatore. Una sfida col proprio io e col suo spirito che lo porterà ad imparare qualcosa oltre a trasformarsi e a giungere al completamento definitivo del processo eroico.

Nel 1990 Maureen Murdock, psicoterapeuta junghiana e allieva di Joseph Campbell, pubblica un self-help book, The Heroine’s Journey : Woman’s Quest for Wholeness, in risposta al Viaggio del suo maestro. La Murdock parte dall’assunto che il modello maschile, anche se in una ricerca spirituale, non affronta il viaggio dell’archetipo femminile. Come se l’eroe fosse a prescindere solo maschile. Da subito la studiosa contrappone i due viaggi. L’eroe ha un percorso che protende verso l’esterno, in alto e quindi in direzione dello spirito. Quello femminile dell’eroina invece è un viaggio di guarigioni, di ferite interne e presuppone l’andare in profondità dell’anima.

Ricercare la completezza della donna – The Heroine’s Journey

La risposta di Campbell alla sua ex studentessa è abbastanza piccata, negando l’esistenza di un viaggio per i personaggi femminili, sminuendo il lavoro della studiosa e restringendolo al luogo a cui l’eroina deve protendere. Una risposta vera sul piano mitologico, ma assai errata dal punto di vista psicologico. The Heroine’s Journey come il modello di Campbell coinvolge diverse fasi: Iniziazione e discendenza alla Dea, Desiderio urgente di riconnettersi col femminile, Guarire dalla divisione madre/figlia, Guarire la ferita del maschile , Integrazione del maschile e del femminile, Separazione dal femminile , Identificazione col maschile e raduno degli alleati, Strada delle prove: incontro con orchi e draghi, Trovare il vantaggio del successo, Risvegliarsi con sentimenti di aridità spirituale: la morte .

La Murdock illustra un viaggio alternativo rispetto alla rappresentazione maschile. L’eroina inizia il suo cammino con un nuovo inizio, a differenza del modello di Campbell, separandosi temporaneamente dal femminile e cercando un riconoscimento nella sfera patriarcale. La donna della Murdock, come l’eroe, sperimenta la morte, rivolgendosi però alla propria interiorità per reclamare e poi conquistare il potere/spirito del sacro femminile. La studiosa mira al riconoscimento, per l’eroina, della sua duplice natura maschile e femminile. Un modello che per romanzieri e sceneggiatori diventa un punto di riferimento. La seconda fase del The Heroine’s Journey tende ad indentificarsi col maschile, ma rigetta un assoggettamento alla propria mascolinità interiore. È infatti il maschile esteriore che l’eroina combatte, rappresentato come il potere patriarcale con il quale la protagonista interagisce per dominarlo.

Il collegamento e la diversità con l’Eroe  – The Heroine’s Journey

Seppur distante, The Heroine’s Journey riprende alcune fasi del viaggio maschile, come la strada delle prove dove l’attenzione si concentra sul desiderio di successo dell’eroina. Nel mondo esterno infatti attraversa stessi ostacoli che l’eroe deve oltrepassare. Tutto è però finalizzato a superare una scala gerarchica, accademica o aziendale, sentendosi potente nel nuovo mondo e riuscendo a sovrastare la supremazia patriarcale. Ma l’Eroina, a differenza del suo omologo maschile, subisce un viaggio interiore, l’unico che può e deve prendere nella storia. Deve riuscire a superare le proprie dipendenze, il proprio credersi inferiore, e proteggere chi sta accanto a lei dal proprio successo o dalla voglia di indipendenza.

L’eroina, nel mezzo del suo viaggio, inizia a chiedersi se ciò che ha raggiunto sia giusto e se ha prosciugato la sua anima. Sentendosi oppressa e nel contempo non capendo la propria vittimizzazione. Un discorso di analisi interiore che l’Eroe non fa mai se non costretto dall’agire delle sue azioni e dagli eventi. Mentre quest’ultimo riflette solo con la sua natura, l’Eroina deve fare i conti con gli aspetti positivi della sua parte maschile. Se nel terzo atto il personaggio di Campbell ottiene la sua rinascita e l’elisir rispetto a ciò che fa, la protagonista della Murdock non risolve i propri conflitti restanti, ma sviluppa una nuova conoscenza con il femminile così forte da sentire la sua voce nel mondo.

L’Eroina nella serialità – The Heroine’s Journey

Mentre per decenni il cinema ha trattato la donna come spalla minoritaria dell’universo maschile, risvegliatosi solo in conseguenza dell’ondata Me Too,  il The Heroine’s Journey trova in campo seriale un’applicazione abbastanza uniforme. È doveroso dire che gli studi di Maureen Murdock delineano una novità e il campo seriale degli  anni Novanta diviene in breve tempo il terreno più fertile per le rappresentazioni femminili. Nel 1997 Joss Whedon porta sugli schermi della WB Television Buffy Summers dopo un inglorioso passaggio al cinema. In Buffy the Vampire Slayer la protagonista Sarah Michelle Gellar, sullo sfondo del teen drama/dark, si immedesima fin da subito col modello della Murdock, ricominciando il viaggio della cacciatrice di vampiri. Nel corso delle stagioni la Summers , dopo essersi identificata quasi subito col maschile, sente il peso del proprio ruolo di potere rinnegando chi è e chi è stata fino a quel momento. Buffy fa un viaggio psico-emotivo su cosa vuol dire essere Eroina. Combattendo non solo vampiri, amori, ma anche perdite che culminano con la sua rinascita dal mondo dei morti. Un’occasione, in quel momento della serie, per sviluppare meglio il suo femminile e il distacco con il destino di essere un Eroe campbelliano.

Ally e la separazione dal maschile

Rimanendo nel decennio precedente al 2000,  importante attorno all’evoluzione del The Heroine’s Journey è la serie Ally McBeal creata da David E. Kelley per la Fox con protagonista Calista Flockhart nello stesso anno di Buffy. Ally è un’avvocatessa con diverse delusioni sentimentali. La serie punta a far combaciare i due piani, quello lavorativo e romantico, facendo gravitare la protagonista nel mondo tossico patriarcale dello studio legale. La caratteristica della serie si concentra nella divisione del femminile e del maschile. Mentre la McBeal deve identificarsi come Eroe per oltrepassare la gerarchia lavorativa, è nel privato che i dubbi e le esitazioni della Flockhart la fanno sorprendentemente avvicinare alla propria fragilità dell’essere donna.

Carrie, l’Eroina dei due mondi

Altro esempio interessante, abbastanza recente, è quello di Carrie Mathison. In Homeland Claire Danes è una rigida ed istintiva analista della CIA. Mentre deve sventare l’ennesimo attacco terroristico è costretta anche a combattere con il proprio disturbo bipolare. È un caso limite questo della protagonista della serie Showtime. Nella Methison il viaggio dell’eroe e dell’eroina cercano di incontrarsi. L’analista è dettata dalla propria voglia di rivalsa, anche lei, col mondo maschile della CIA. Però tutto le è consentito avendo soprattutto la tendenza a rendere oggetti tutto e tutti, oltre che a muovere la serie con la propria azione. Quando invece emerge il suo bisogno di maternità e viene fuori con pienezza il proprio disturbo bipolare, ecco che il The Heroine’s Journey diviene più presente avvicinandosi più alla mutazione spirituale dell’Eroina. Certo è che Homeland viaggerà sempre su questi due binari.

Fondere i due viaggi

Una caratteristica e problematica del metodo della Murdock con gli anni diviene proprio questo. Incrociare i due eroi in un viaggio solo, sfruttando in qualche caso personaggi femminili che risultano solo degli eroi/donna. Come è accaduto recentemente a Jodie Foster nella quarta stagione di True Detective: Night Country. Un tema proposto da un’altra studiosa, la critica televisiva Marina Pierri nel suo scritto Eroine – Come i personaggi delle serie tv possono aiutarci a fiorire, è quello della coralità e disparità di rappresentazione. La Pierri , soffermandosi su Daenerys (Emilia Clarke) in Game of Thrones, nota come la motivazione che spinge il percorso del personaggio nel corso delle stagioni sia puntato a sfruttare il riconoscimento del femminile come strumento. In funzione della serie e del mondo patriarcale in cui è inghiottita, si identifica col maschile, ma facendo emergere tutta la tossicità interiore che un’eroina non dovrebbe far uscire.

Affacciandosi con i suoi studi psicoterapeutici sullo sguardo femminile, la Murdock con il suo The Heroine’s Journey crea le fondamenta della rappresentazione della donna nella cultura visuale. Un viaggio di rinunce, guarigioni e riflessioni sull’essere donna al cinema e nelle serie tv. Differentemente da quanto avviene per l’Eroe classico, l’Eroina diviene una guerriera spirituale che combatte una battaglia più grande nella sua interiorità.