È disponibile su MUBI, per la rassegna dedicata ai triangoli amorosi, il film Brevi incontri (1967) della regista Kira Muratova, che, con la sua mano, raffigura una storia sentimentale ma non melodrammatica, offrendo anche uno sguardo realistico sulla situazione e i disagi del popolo sovietico.
Disagi che si sono riversati anche nell’ambito dell’espressione artistica tramite le numerose censure. Lo stesso Brevi incontri, infatti, ha visto la sua prima proiezione solamente 20 anni dopo la sua realizzazione.
Brevi incontri: la trama
Nadia è una giovane ragazza trasferitasi dalla campagna in città, qui viene assunta come domestica da Valya (interpretata dalla stessa Kira Muratova), membro del comitato distrettuale locale e moglie del geologo Maxim, assente per un viaggio legato al suo lavoro.
Valya però non sa che Nadia prova dei sentimenti nei confronti di Maxim, incontrato dalla ragazza tempo prima, proprio durante una spedizione del geologo. Lei infatti arrivata in città, cercando l’indirizzo di Maxim e trovando la sua casa, sperava di trovare l’uomo, non la moglie, di cui ignorava l’esistenza.
Da una parte la storia segue la giovane malinconia di Nadia, che, mentre svolge le sue mansioni da domestica, è immersa in un perpetuo stato di attesa e desiderio, sentimenti scaturiti dalla mancanza che la giovane prova nei confronti dell’affascinante geologo. Dall’altra il film segue Valya, che, essendo anche punto di riferimento per la sua comunità come membro del Comitato Distrettuale, mostra una più esperta e matura gestione delle sue emozioni.
Brevi incontri: tra volti e ricordi

Brevi incontri mostra il suo punto di forza proprio nella contrapposizione che c’è fra queste due passioni. Con la sua regia, Kira Muratova sceglie di dare uno spiccato valore ai volti; la telecamera, che spesso si avvale di diversi piani sequenza, è come se danzasse intorno alle due protagoniste. Un processo di analisi portato avanti da diversi primi piani, che sembrano quasi voler toccare fisicamente i lineamenti delle donne, ma che, allo stesso tempo, vogliono valorizzare la loro delicatezza e fragilità. Nel volto di Nadia si scorgono turbamento, apprensione e conflittualità scaturiti da un amore provato nei confronti di un uomo sposato. Valya invece non lascia trasparire quasi nulla, se non una leggera vena pensierosa e malinconica.
In questa focalizzazione riservata ai volti subentrano vari flashback, ricordi che ognuna delle due donne ha del tempo passato con Maxim. Queste sono sequenze che subentrano in maniera più o meno improvvisa, restituendo in maniera poetica ciò che Nadia e Valya non esprimono a parole nel tempo presente. La dimensione della memoria è un rifugio in cui andare a trovare l’oggetto del desiderio, per dare voce al silenzio di una passione illegittima o per allentare gli stretti nodi scaturiti dalle responsabilità quotidiane.
Il film di Kira Muratova, tramite questi estratti, ci mostra Maxim attraverso gli occhi innamorati di Valya e Nadia, che rendono il geologo idolo di un mondo nostalgico e sognante. Vladimir Vysockij porta il suo carisma sullo schermo dando vita a un personaggio sarcastico e provocatorio, che, con la sua chitarra, costruisce lui stesso la colonna sonora del film performando canzoni acustiche in diverse scene. D’altronde, l’attore è stato appunto un noto cantante e poeta sovietico, vincitore postumo del prestigioso Premio Tenco nel 1993.
Sullo sfondo
Ma Brevi incontri è anche altro; il film rientra in quella categoria di prodotti che si pongono l’intento di raffigurare non solo una storia fittizia, ma anche la realtà sociale dell’epoca.
Ciò avviene attraverso i ricordi di Nadia, dove ha ampio respiro lo spazio della campagna, proprio come in uno dei primissimi flashback, in cui la ragazza incontra Maxim per la prima volta.
Oppure avviene seguendo le vicende di Valya, che, da membro del Comitato Distrettuale e ispettrice dell’acqua, gira per la città, interagendo con un mondo che vive nella precarietà e nella difficoltà.
Questi sfondi contribuiscono a incorniciare il film nel suo contesto storico in maniera precisa e puntuale, a delineare un mondo che, seppur zoppicante, è vivo, indipendentemente dalla storia dei protagonisti, che di riflesso sono immersi in qualcosa di più grande di loro. Valya, Nadia e Maxim non sovrastano la storia del popolo, del territorio sovietico.
Emotività nascosta

In conclusione, Brevi incontri è un film che si prende il suo tempo: la sua è una poeticità che si dilata nella durata dell’immagine, sui volti, sui piccoli gesti e sul non detto. Se ci si aspetta una storia melodrammatica sicuramente non è questo il film giusto, perché, anzi, la sua carica emotiva è continuamente nascosta, può essere solo intravista, di sfuggita, come se fosse qualcosa di privato e segreto.
E in ciò c’è una tenerezza di fondo che diventa più esplicita solo durante i flashback, con Maxim; una tenerezza però che rimane comunque sobria, dosata al punto giusto con sensibilità.
Quella di Brevi incontri non è una visione difficile ma, richiede comunque una certa predisposizione ad apprezzare ciò che potrebbe essere definito, da alcuni, come lento e statico. Se si è disposti a fare questo salto, ad assecondare la liricità di Kira Muratova, il film risulterà sicuramente apprezzabile.
ANTIPOP& il documentario su Cosmo dal 1 marzo su MUBI