La IV edizione del Festival del Cinema Tedesco a Roma prende l’avvio con l’opera prima dell’attrice tedesca di origine turca, Aylin Tezel.
Falling into place affronta l’inclinazione sentimentale ed esistenziale all’autodistruzione, consapevoli del male che ci si fa. Kira ed Ian indossano la rispettiva solitudine interiore nello spazio sterminato della meravigliosa e per certi versi desolante Scozia. Dalla quale sono fuggiti verso Londra, la città. Eppure tornano alla loro origine per tentare di mettere insieme i cocci di un io smembrato.
Ian (l’empatico Chris Fulton) corre, brucia le proprie giornate illudendosi di afferrare intensamente tutto. Ma scappa da una staticità devastante: la sua famiglia… Ci gira intorno per non affrontare un padre vecchio e malato e un dramma che vede coinvolta la sua amatissima sorella. Kira (la stessa e convincente Aylin Tezel), scappa dal fallimento di una relazione finita. Da un amore tossico, ma indispensabile nel darle identità. È smarrita, preda di attacchi di panico.
Un pub incrocia le loro strade: si annusano a distanza, riconoscendosi inconsciamente. Una intera notte tra ammiccamenti, scherzi, corse, abbracci nel confronto mai definitivo, che si appoggia a queste due battute:
Ian “La vita è solo una ripetizione di distrazioni per farti dimenticare che morirai, finché non muori”. Kira “È per questo che siamo stati mandati qui, per distrarci da noi stessi?”
Si dividono, incapaci di affrontarsi, persi in un conflitto interiore ancora irrisolto. A Londra, ciascuno tornerà a una realtà sempre più ingestibile. Saranno costretti a farci i conti, per non morire definitivamente.
Una ‘caduta interiore’ circolare ed espansiva
Falling into place da subito imprime la rotta del racconto verso un melodramma moderno. La camera a mano si attacca ai volti, ai corpi dei giovani protagonisti, assorbendo visivamente un’intimità emotiva. Si espande invece nell’abbraccio con il paesaggio scozzese, contraltare metaforico dello stallo, della solitudine, della bellezza interiore che sia Ian che Kira conservano. La fotografia calda, morbida, cromaticamente folgorata dal chiaroscuro e da due colori dominanti, il blu e il rosso, è una riuscita caratterizzazione.
Lo snodo narrativo di un nucleo di fondo convincente si lega però troppo alla verosimiglianza, finendo per stereotipare personaggi, ambienti, situazioni, a scapito di una verità che fa fatica ad emergere. Un caso troppo combinato avvolge la vita dei nostri protagonisti, i personaggi di contorno appaiono eccessivamente ‘accomodanti’, con poche sfumature. L’evoluzione e l’emancipazione di Kira e Ian riescono tuttavia a catturare stralci di dolore, impotenza, smarrimento. Una presa di coscienza che però perde parte del suo valore in una forzata quadratura del cerchio.
La pellicola, da questo punto di vista, si avvicina allo stile di Susanne Bier, che ha fatto della verosimiglianza voluta una lente attraverso la quale far emergere la realtà. Aylin Tezel appare ancora acerba, se vuole seguire questa strada.
Aylin Tezel è un’attrice nota al pubblico cinematografico e televisivo tedesco. Dietro la macchina da presa esordisce girando diversi spot pubblicitari e cortometraggi. Dance with her (2013), suo primo cortometraggio, è stato presentato in anteprima al Cork International Film Festival. Il corto Phoenix, realizzato nel 2019, ha partecipato al Max Ophüls Prize. Falling into place, di cui ha scritto anche la sceneggiatura, è il suo primo lungometraggio da regista.