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Taxidrivers Magazine

Tai Chi Hero

In esclusiva da Pechino la nostra inviata Rita Andreetti ci racconta Tai Chi Hero

Pubblicato

il

ANNO: 2012

DISTRIBUZIONE: Huayi Brothers Media Corporation

GENERE:  Arti marziali

NAZIONALITA:  Cina

REGIA: Stephen Fung

 

Segue il primo episodio Tai Chi Zero della trilogia annunciata da Stephen Fung, un sequel avvincente che muta sia sul piano narrativo che dei personaggi. E’ totalmente soggettivo considerare questo cambiamento un miglioramento: se nel primo episodio si è stati allietati da un humour simil grottesco e da un mix di generi che sfiorava addirittura la realtà aumentata, nella nuova collaborazione tra Stephen Fung e il celeberrimo esperto di coreografie marziali Sammo Hung Kam-Bo, pare che la scena venga ceduta al secondo, con evidente prevalere dei calci e dei pugni. 

Abbiamo lasciato il protagonista dei tre episodi, Yang Lu Chan (Yuan Xiaochao), in procinto di convolare a nozze con la bella figlia (Angelababy) del maestro dei Chen (Tony Leung Ka Fai): per il forestiero goffo e impacciato, segnato dalla nascita da una forza incontrollabile racchiusa in quel piccolo corno sulla testa, questo rappresenta la legittimazione all’apprendimento dell’arte dei Chen.

Lu Chan assimila così rapidamente da diventare un vero paladino protettore del villaggio, minacciato nuovamente dal traditore Fang Zijing (Eddie Peng), alleato questa volta con l’intero esercito inglese.

Come nel primo episodio, lo scontro tra tradizione e tecnologia si fa vivido e questa volta coinvolge anche il rapporto padre-figlio. Chen Zai-Yang (Feng Shaofeng) è infatti un figlio ripudiato in giovane età perché con il suo talento da inventore, inganna la pratica costante del Tai Chi tramite l’uso di ingegnosi congegni meccanici. Egli ritorna un po’ per vendetta un po’ a dimostrazione del suo genio ed infatti, questa sua attitudine, sarà un elemento risolutore nella salvezza della famiglia e del villaggio.

Tuttavia, non aspettiamoci più quell’andamento scanzonato che ricalcava l’ostinazione del protagonista ingenuotto e la saturazione sperimentale. Tai Chi Hero è espressione ed esaltazione dell’arte marziale, quasi a scopi nazionalistici; nonché celebrazione della figura atletica di Yuan Xiaochao, acclamato come la punta di diamante della nuova generazione di “attori marziali” e quindi baluardo della cultura cinese oltre confine. Grazie alla direzione totalizzante di Sammo Hung, spazio quindi alla costruzione di movimenti plateali, con attori messi in sicurezza, inquadratura per inquadratura, in una costruzione di montaggio e post-produzione che qui riguarda piuttosto scene di massa, macchine volanti e confronti uno-a-uno eleganti e mozzafiato.

Tuttavia, è Tony Leung a brillare, conciliando nella sua recitazione attiva, la disinvoltura dell’esperienza, la struttura del personaggio e la meraviglia della prestazione atletica.

Il trionfo dei buoni è di nuovo un trionfo culturale e un riconoscimento della identità pura dell’arte del Tai Chi dei Chen: quale migliore strategia per affermare l’eccellenza di questa pratica se non lo scontro finale tra la nuova generazione rappresentata da Lu Chan e il saggio Maestro Li, sospesi sulle paratie divisorie della cucina, in una danza volante tra Ying e Yang.

Per il terzo episodio dopo questa impennata distributiva tesa a catalizzare e fidelizzare il pubblico, si dovrà aspettare ancora. Lo sceneggiatore Kuo-fu Chen e Stephen Fung decidono di lasciare qualche indizio anche per la terza parte: ci si aspetta la nascita di una nuova generazione infallibile da Lu Chan e consorte, piuttosto che il nuovo ritorno di Fang Zijing, ancora più assettato di vendetta, ancora più immolato alla macchina, ancora più sfibrato di elementi umani. Certamente si continuerà a compilare visivamente questa sorta di enciclopedia fiabesca del Tai Chi.

Rita Andreetti

 

 

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