Festival di Roma 2012: “Main dans la main” di Valérie Donzelli (In Concorso)
«Voglio morire con te»……: questa è la battuta che chiude l’originale terzo lungometraggio della francese Valérie Donzelli, “Main dans la main”, reduce dal grande successo del precedente La guerre est déclarée
«Voglio morire con te»……: questa è la battuta che chiude l’originale terzo lungometraggio della francese Valérie Donzelli, Main dans la main, reduce dal grande successo del precedente La guerre est déclarée (2010).
Una “sindrome da colpo di fulmine represso”, scaturita da un bacio furtivo consumato tra gli interni regali del teatro dell’opera di Parigi, imprigiona, come per un incantesimo, i due protagonisti Helen (Valérie Lemercier) e Joachim (Jeremie Elkaim), i quali si ritroveranno costretti, loro malgrado, a stare sempre insieme, fare gli stessi gesti, a non potersi staccare l’uno dall’altra.
Dispositivo comico e tantissime altre considerazioni possibili a parte, ciò che davvero stupisce in questo film è il rovesciamento apparentemente paradossale delle usuali dinamiche relazionali: è come se un contratto preliminare imponesse ai due protagonisti di amarsi, annullando, contrariamente a quanto il pensiero predominante prescrive, la libertà di scelta. Detto altrimenti, è come se l’amore nascesse all’interno della legge, invertendo totalmente la prassi dei rapporti per la quale il vincolo è la conseguenza finale di una libertà esperita fino ai limiti. Insomma, la legge è la causa e non l’effetto, un po’ come nei matrimoni combinati dei secoli scorsi, usanza ancora operativa nei paesi musulmani o laddove la cultura occidentale non ha attecchito. E infatti, solo dopo aver rotto l’incantesimo (assoggettandosi alla legge alla quale si sottraevano) Helen e Joachim saranno liberi di scegliersi.
«I rapporti che sogniamo non sempre sono quelli che ci si addicono»: questo è il sacrosanto anatema rivolto a tutto quell’immaginario inconsistente generato dal narcisismo di massa, dal flatus vocis dell’imago sub specie spectaculi , dalla cultura della celebrità. Adagio, questo, che potrebbe essere esteso anche all’idea di mondo che custodiamo gelosamente e che ci gonfia di orgoglio.
Ma i rovesciamenti, lo sappiamo (figuriamoci quelli al contrario), hanno il fiato corto…..anche se, sulle prime, ci entusiasmano, facendo sembrare tutto finalmente possibile.
In realtà si tratta di sopportare il mistero della relazione, la gratuità, l’eccedenza, il disinteressamento. A tale scopo segnalo il Solarisdi Steven Soderbergh, più che degna variante dell’originale di AndreiTarkovskij, in cui ad essere tematizzato è proprio il processo di disidentificazione, premessa indispensabile a una relazionalità completamente nuova – che solo a pensarla fa venire i capogiri – in cui la rigida differenza tracciata tra i soggetti lascia il passo a una gioiosa indiscernibilità che annuncia la vittoria sull’angoscia per la morte………..
Comunque sia, lode a questa giovane regista ed interprete (classe 1973), capace di sorprendere, spiazzare, divertire e commuovere.