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Little Lion (Comme un Lion) – Festival Internazionale del Film di Roma – Alice nella città

Mitri ha 15 anni e vive in un villaggio del Senegal. Come la maggior parte dei suoi amici, gioca a pallone e sogna il Barcellona e il Chelsea. Quando un agente reclutatore gli mostra un certo interesse, Mitri crede che il suo giorno sia finalmente arrivato. Ma bisogna pagare per accedere alle grandi squadre europee e così la sua famiglia si indebita per pagare il viaggio del ragazzo…

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Anno: 2012

Durata: 101’

Nazionalità: Francia

Genere: Per ragazzi

Regia: Samuel Collardey

 

Alice nelle città, la storica rassegna dedicata a bambini e ragazzi del Festival Internazionale del Film di Roma, divenuta quest’anno sezione autonoma, proporrà la visione, dal 9 al 17 novembre prossimo, di quattordici opere in concorso.
Tra queste, Little Lion (Comme un lion) di Samuel Collardey, direttore della fotografia di origini francesi che con la toccante avventura di un adolescente senegalese firma il suo secondo lungometraggio.
“Mitri ha 15 anni e vive in un villaggio del Senegal. Come la maggior parte dei suoi amici, gioca a pallone e sogna il Barcellona e il Chelsea. Quando un agente reclutatore gli mostra un certo interesse, Mitri crede che il suo giorno sia finalmente arrivato. Ma bisogna pagare per accedere alle grandi squadre europee e così la sua famiglia si indebita per pagare il viaggio del ragazzo. Una volta a Parigi, il sogno però svanisce. L’agente è in realtà un imbroglione e Mitri si ritrova senza un penny in una città sconosciuta. Così inizia per lui l’odissea francese tra centri per la comunità africana nei sobborghi parigini e corsi di cucina nell’est della Francia.”
Dai toni commoventi e commossi, il dramma diretto da Collardey e inscenato dal giovane interprete Mytri Attal non convince del tutto.Il soggetto, di per sé triste ma piuttosto banale, non riesce a trascinare lo spettatore nel vortice della solitaria tragedia vissuta dal ragazzo. Senza contare che, al 25′ di proiezione, non sarebbe stato troppo problematico azzardare un’ipotesi sull’evoluzione della narrazione e sul suo epilogo!
Il film, perlopiù in lingua francese sottotitolato in inglese, ci cala inizialmente in una piccola e povera realtà senegalese, solcata da strade di polvere e percorsa dai lussureggianti colori degli stracci delle vesti, in cui la lingua originale, cadenzata da suoni per noi incomprensibili, riesce positivamente a modulare i tempi e scandire i gesti di quella cultura così lontana.
E in effetti l’incipit del film non lascia presagire la scontatezza, di significato e di immagini, che la farà da padrona sul resto della pellicola.
Espressive e fortemente eloquenti le scene che ritraggono diversi personaggi, in primis l’anziana nonna di Mitri, raccolti in preghiera o sorpresi nella quantomai precisa esecuzione di minuti rituali. Tutto, liricamente, si carica del simbolismo dei gesti fino a dileguarsi in esso.
Bella, poetica e vera l’immagine che divide il film a metà: quella della partenza di Mitri che, pronto a salpare verso una nuova esistenza, lancia l’ultimo affettuoso saluto dall’autobus agli amici di sempre. Suggestiva la corsa felice dei ragazzi, le loro braccia sollevate, i sorrisi larghi e scomposti a scoprire il latte così brillante dei denti sul caffè della pelle.
Da questo momento in poi, purtroppo, alla veridicità quasi documentaristica delle immagini si sostituirà la mediocrità del soggetto, all’imprevedibilità della storia la noiosa evidenza del finale.
D’altronde, fin troppe volte a un triste incipit corrisponde un lieto fine!
E, come innumerevoli predecessori, anche Collardey mostra di non voler allontanarsi dalle file dei tanti e dei ‘già visti’, evitando accuratamente ogni presa di distanza dai cliché.
Non manca la truffa dell’agente occidentale ai danni dell’ingenuo ragazzo africano.
Non manca la testardaggine del protagonista nel voler perseguire il suo sogno.
Non manca l’inconsolabile morte dell’anziana nonna. La disastrosa situazione economica in cui l’adolescente si viene a trovare.
Non manca un’acuta nota di buonismo nella figura dell’allenatore (interpretato da Marc Barbè), che con affetto e fiducia accompagnerà il ragazzo verso l’immancabile ascesa.
Insomma, quello del ‘piccolo leone’ non è altro che l’ostacolato cammino di una vittima (della vita e della società) verso la meritata conquista della sua fetta di torta!

Dalila Lensi