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‘Un Altro Ferragosto’: Virzì a Ventotene dopo 28 anni per raccontare il Bel Paese
In streaming l’ultimo film di Virzì
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6 mesi agoon
Torna Paolo Virzì, con Un altro Ferragosto, dopo quasi 30 anni, a riprendere il filo delle storie e dei personaggi del suo primo, acclamato film del 1996, Ferie d’agosto. Una ridda di personaggi, tra i vecchi e i nuovi, che mostrano le due facce opposte dell’Italia, incarnate dalle due famiglie Molino e Mazzalupi. Le famiglie si fronteggiano in una dicotomia volutamente parossistica ai confini del caricaturale, all’interno della quale si fronteggiano due schieramenti estremi. Troviamo una destra gretta, opportunista, omofoba e nostalgica del fascismo. In opposizione c’è una sinistra imbambolata nel passato, scontata e sfiduciata, poco fattiva, benché colta, non-violenta e aperta (o quasi) alle diversità ed alle famiglie arcobaleno. Il film è disponibile su Netflix dal 20 giugno 2024.
In streaming su Netflix.
Un altro Ferragosto Ecco il trailer del nuovo film di Paolo Virzì
Grande protagonista di questo sequel-colossal, l’isola di Ventotene, sempre magnifica, ma non più tranquillo rifugio per intellettuali malinconici in vacanza bensì luogo iper-popolato da grandi masse, vomitate giornalmente dai traghetti, e scodellate in mini-appartamenti traboccanti ed over-booking, ove regna ovunque, sotto Ferragosto, insieme allo splendore del mare e dei paesaggi, un senso di invasività, caos, frastuono, vitalità roboante e mondana, a fronte delle storie personali dei protagonisti, segnate da grandi solitudini, da voragini emotive e da irrisolte trasformazioni e cambiamenti.
Una sceneggiatura firmata a più mani dal regista, insieme al fratello Carlo Virzì e al co-sceneggiatore e amico di sempre Francesco Bruni. Prodotto da Lotus Production, una società Leone Film Group con Rai Cinema, il film è stato distribuito nelle sale italiane da 01 Distribution.
Virzì si conferma regista maturo, capace di tenere a bada con maestria un gran numero di personaggi e di situazioni, di valorizzare i luoghi, i volti e le inquadrature con grande talento.
Paolo Virzì I film del regista delle miserie umane
Ventotene, l’isola del Manifesto
“Non pensavo di scavallare questo giorno – racconta Paolo Virzi, classe 1964, che ha compiuto 60 anni – né di vivere tutti questi anni. Era da tanto tempo e da più parti, anche dai produttori, che mi veniva chiesto quando avrei realizzato il sequel di Ferie d’Agosto ma in realtà ero molto indeciso. Finché una notte ho sognato Ennio e Piero (Ennio Fantastichini e Piero Natoli ndr), protagonisti del primo film entrambi scomparsi che, insieme a Spinelli, Colorni, Pertini e Ravera, del gruppo degli antifascisti al confino a Ventotene durante la guerra, mi hanno spinto a ‘non fare il prezioso’ e a fare il film. Mi sono sentito come un romanziere dell’Ottocento a riprendere in mano il passato”.
In effetti, tra sogno e realtà, Un altro Ferragosto dà stavolta spazio – nel racconto appassionato di Sandro Molino, pur gravemente malato, a suo nipote Tito (un nome, un destino) di 10 anni – all’aspetto politico ed europeista dell’isola, luogo-simbolo dove vennero confinati durante la guerra circa 800 oppositori del regime fascista, tra comunisti, anarchici e socialisti, tra i quali (oltre a Sandro Pertini e Camilla Ravera) Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni che, proprio sull’isola, scrissero nel 1941 il Manifesto di Ventotene – il cui titolo originale era Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto – considerato uno dei testi fondanti dell’Unione Europea. L’opera venne poi diffusa clandestinamente, anche grazie alle donne antifasciste che, pur confinate sull’isola, avevano maggior libertà di movimento. Tra di loro spiccano le quali Ursula Hirschmann e Ada Rossi, che portarono il documento sul continente dall’isola di Ventotene. Da lì lo diffusero negli ambienti dell’opposizione.
Un altro Ferragosto – La tribù dei Molino, fra luci e ombre
Paolo Virzì fa rivivere questi avvenimenti e queste personalità storiche (che compaiono e scompaiono in abiti d’epoca, in scene dalla fotografia color seppiato o bianco e nero) grazie ai racconti realistici che ne fa il personaggio di Sandro (un eccezionale Silvio Orlando), già presente nel primo film. Giornalista ed esponente di spicco del gruppo della sinistra, compagno di Cecilia (Laura Morante, nel ruolo della donna che si è sempre sentita inferiore al marito intellettuale nonché trascurata sentimentalmente). Insime hanno ha avuto il figlio Altiero (il giovane attore Andrea Carpenzano) ora ventiseienne, fuggito in America ai tempi dell’Università. Ora è divenuto (con orrore del padre: “non ho mai capito cosa fa di lavoro”) un ricchissimo imprenditore digitale. È tornato a Ventotene col marito fotomodello Noah (nel ruolo Lorenzo Saugo, un personaggio puro e quasi evanescente). Il suo scopo è radunare i vecchi amici intorno al padre, col quale non ha mai sviluppato un vero rapporto, e regalargli quella che sarà probabilmente la sua ultima vacanza.
Il nipotino Tito – figlio di Martina, nata da Cecilia e dal suo ex-compagno Mauro (Silvio Vannucci) ma cresciuta da Sandro quando il padre decise di restare sull’isola – è un attento ascoltatore, pende dalle labbra del nonno putativo e, insieme a lui, trascorre le giornate di vacanza scrivendo lettere a Ursula von der Leyen. Commovente e ben congegnata l’ossessione per la memoria e per la storia di Sandro, personaggio malinconico ed idealista (metafora di una certa sinistra italiana in via di estinzione), ed il suo desiderio di trasmettere rapidamente questo bagaglio a qualcuno, ad un interlocutore pur giovanissimo che possa farne tesoro, prima che sia troppo tardi.
Un altro Ferragosto – I personaggi secondo Virzì
Nonostante i suoi personaggi sembrino amaramente vinti o tristi e sfiduciati, dal punto di vista politico, Virzì commenta: “Per la sinistra c’è una speranza, Tito è il nostro futuro: lui ascolta Sandro, che gli racconta il passato con lo slancio di un ragazzino, e lo fa con interesse e attenzione, mentre con il figlio non c’è stata intesa. Forse Tito potrebbe essere il prossimo leader della sinistra”.
Completano il gruppo-tribù dei Molino (tra personaggi già presenti nel primo film e new entry) altri personaggi. Sono lo scapolo e viaggiatore Roberto (il simpatico Gigio Alberti), che millanta incarichi ufficiali per il mondo ma è sempre squattrinato e girovago. Ci sonno Betta e Graziella (le brave Claudia della Seta e Raffaella Lebboroni) sono una matura coppia gay di amiche di famiglia. C’èl figlio di Graziella, Ivan (Emiliano Bianchi), anche lui con un bambino ed una ex- moglie, Gaia (Ema Stokholma). Abbiamo Mauro (ex di Sandra) sposato felicemente sull’isola con Maria Rosa (Maria Laura Rondanini). Lei è una solida e pragmatica operatrice turistica, e le loro figlie sono Agata e Candida. Infine Javier (Patrizio Orsini), il marito astrofisico di Martina, tutto preso dai bambini e dalle stelle.
l trionfo del kitsch, i social ‘de noantri’, il degrado culturale: la famiglia Mazzalupo
Sull’isola c’è un gran fermento. I Molino non si aspettavano certo che, proprio negli stessi giorni della loro vacanza, si stesse per celebrare il matrimonio più volgare e kitsch dell’anno, quello fra Sabry Mazzalupi (perfetta Anna Ferraioli Ravel) e Cesare. Tra dialetto romanesco e ammiccamenti, la ragazzina goffa del primo film, figlia del bottegaio romano Ruggero, diventata una celebrità sul web come influencer per shampiste. Cesare, un tamarro detestabile, imbroglione e maschilista, iper-tatuato e presuntuoso, con simpatie fasciste. Bravissimo Vinicio Marchioni che riesce a dar vita a un personaggio non facile, forse troppo ‘costruito’ e spinto in ogni sua azione. Lui, non ama palesemente Sabry (ha una ex-moglie, Daniela, e un figlio che quasi non conosce). Tuttavia vuole sposarla per cavalcare l’onda dell’inattesa popolarità della ragazza, ingenua e sempliciotta ma non stupida. Lei è da sempre innamorata in realtà di Ivan, il figlio di Graziella (che rincontrerà poco prima di sposarsi senza trovare il coraggio di parlargli dei suoi sentimenti), col quale aveva avuto un flirt da ragazzina.
Un altro Ferragosto – Lo scontro definitivo e collettivo
La zia di Sabry, Marisa (una Sabrina Ferilli per la quale il tempo passa ma con saggezza ed ironia), cerca di dissuadere in tutti i modi la nipote a sposare Cesare ma senza successo. Al tempo stesso è impegnata a correre dietro alla sorella Luciana (Paola Tiziana Cruciani), madre di Sabry, sempre più svampita e stralunata, ed al suo nuovo ‘fidanzato’, l’ingegner Pierluigi Nardi Masciulli (un grande ritorno per Christian de Sica, con un personaggio che diverte e intenerisce). Lui è un indebitato imprenditore in attesa di una fantomatica eredità con la quale dovrebbe portare l’amata Marisa a Dubai a fare la signora.
Le nozze di Sabry e Cesare, seguite passo passo dai social, rappresentano un evento mondano. Tutto ciò attira i media ed anche alcuni misteriosi emissari del nuovo potere politico (una destra bieca che vuole far candidare Sabry dato l’altissimo numero dei suoi followers). Virzì, il cui sguardo provocatorio non risparmia nulla e nessuno, così come la sua vena grottesca rende al meglio nelle scene di massa, mette di fatto nuovamente a confronto due tribù di villeggianti. Si tratta di due Italie apparentemente inconciliabili, che il destino fa rincontrare di nuovo a Ferragosto, per una sfida stavolta definitiva. Infatti, quando alle urla sgraziate ed all’invadenza dei Mazzalupo, si aggiunge l’abbattimento di un rudere con pollaio dove, secondo Sandro, fu concepito il Manifesto di Ventotene, lo scontro sarà definitivo e collettivo, in una sorta di dialettica conflittuale catartica senza esclusione di colpi, da ambo le parti, con risultati devastanti ed anch’essi ridondanti, secondo la cifra adottata dal film.
Un matrimonio disfunzionale
“La storia dei Mazzalupi e di Sabrina – prosegue Virzì – che è diventata famosa coi tutorial su internet su come ci si mette lo smalto sulle unghie o ci si lisciano i capelli, è anche il racconto di un matrimonio disfunzionale, di una relazione tossica, tra una ragazza che accetta di sposarsi con una persona pur sapendo benissimo che non la ama, dove c’è un elemento di dipendenza, di dominio e sottomissione.
La peculiarità del vecchio film, e anche di questo, è quella di raccontare due romanzi familiari che si incrociano solo in poche ma polemicissime circostanze: il romanzo dal tono tragicomico e disperato della famiglia Mazzalupi e quello dal tono dolente, malinconico, ironico e triste della famiglia Molino. Sono come due partiture musicali che, intrecciandosi, producono un effetto che si chiama dialettica. <…> Da una parte abbiamo un matrimonio, un banchetto nuziale festosissimo, in apparenza, dall’altra una specie di funerale. Una cerimonia di commiato che vuole essere anche affettuosa, lieta, non triste, radunando attorno a Sandro le persone a lui care. Ma che riserverà dei sussulti inaspettati.”
Le donne del film: malinconiche, infelici ma mai vinte.
Sono tante le donne protagoniste del film. Sono quasi tutte irrisolte, poco autonome e in parte infelici (chissà se è anche questo per il regista uno specchio dei tempi?). Si parte da Marisa/Ferilli, che dopo la morte del marito vive la sua solitudine. Sabry è in cerca di un compagno che dia una svolta alla sua vita. È “una donna che crede nel sentimento dell’amore e della coppia – come afferma la Ferilli – malinconica e infelice (anche in Ferie d’Agosto lo era). È così per tutte le donne del film, non è vinta, ma piena di umanità e di colori”. C’è Daniela, l’ex-moglie di Cesare (interpretata da Emanuela Fanelli), rabbiosa e disperata. Lei “riassume la solitudine di tutti i personaggi del film, che cercano l’amore senza trovarlo”. Proprio a lei viene affidata dagli sceneggiatori una sorta di invettiva finale che inneggia al nichilismo ed al menefreghismo globale. Nel frattempo il povero Mauro cerca di portare avanti il dibattito del suo cineforum all’aperto con un improbabile regista, altro affresco di un mondo che scompare.
Si arriva fino a Cecilia/Morante che non si rassegna ad essere ignorata (o forse, pensa lei, disprezzata) da Sandro e cerca ingenuamente di farlo ingelosire mentre fa una questua continua di attenzioni. Abbiamo Sabry/Ravel che, come racconta la stessa attrice: ‘raccoglie l’eredità preziosa della sua triste adolescenza e la cambia in risorsa e, pur portando su di sé l’infelicità di un’intera famiglia, cade ma si rialza, non è mai vinta’. Infine c’è Martina, la più giovane, la più risolta. Lei ha un ruolo finalmente emancipativo, mamma di Tito e di una bimba appena nata. È quella che ha un rapporto di perfetta parità con Javier, il suo compagno astrofisico.
Una commedia sul tempo che passa, su morte, memoria e rinascita
Dunque un film complesso e composito. Da un lato, in alcuni momenti, è pura commedia, tra battute, doppi sensi e parolacce (davvero troppe). Ci personaggi strani e bizzarri, situazioni grottesche che attirano la risata. Dall’altro lascia intravedere come il tempo trasformi le persone, le situazioni e la vita stessa. Il cambiamento è inesorabile, fino a far fare i conti con la morte e, talvolta, con la rinascita.
“Il mio è un film sul tema del tempo che passa, sulla morte ma anche sulla nascita e sulla rinascita, sulla genitorialità nuova. Mi attraeva, di questo sequel, proprio il tema del passare del tempo. È un tema anche doloroso, visto che gli interpreti di due importanti personaggi del primo film, due amici come Piero Natoli e Ennio Fantastichini, nel frattempo erano morti. L’idea è stata che tutti i personaggi dovessero confrontarsi col tema del tempo che passa. Ne è venuto fuori un racconto che cerca di mantenere lo stesso tono effervescente e da commedia del vecchio film. Ma accentua ancora di più l’elemento drammatico. In questo caso esso diventa addirittura tragico. Parlando della caducità della vita, il tema del passare del tempo si intreccia a quello della memoria, della morte della memoria e del racconto fondativo della storia di questo paese”.