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‘Los Colonos’: un western atipico sulla Terra del Fuoco nel Cile di inizio Novecento
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11 mesi agoon
Vincitore del Premio FIPRESCI a Un Certain Regard ( Cannes 2023), Los Colonos, in sala dal 7 Marzo con Lucky Red arriva in streaming su MUBI.
Nel cast: Camilo Arancibia, Mark Stanley, Benjamin Westfall, Alfredo Castro, Marcelo Alonso, Sam Spruell, Mishell Guaña, Adriana Stuven, Mariano Llinás.
Coniugando la precisione storica con uno stile visivo forte, lo sceneggiatore e regista esordiente Felipe Gálvez (Galvez ha co-sceneggiato il film insieme ad Antonia Girardi) si afferma come nuova voce con un’incisiva rivisitazione del genere western.
Los Colonos la trama
All’inizio del XX secolo, tre uomini a cavallo si imbarcano in una spedizione attraverso l’arcipelago della Terra del Fuoco, per volere di un ricco proprietario terriero, incaricati di mettere in sicurezza la sua vasta proprietà statale. Ad accompagnare lo spericolato tenente britannico e il mercenario americano c’è il meticcio Segundo, che si renderà conto, tra le crescenti tensioni all’interno del gruppo, che la vera missione è quella di “eliminare” la popolazione indigena.
Los Colonos: i conquistatori
Los Colonos mostra l’arrivo dei coloni provenienti da diverse nazioni europee e del loro obiettivo di eliminare gli indigeni e impossessarsi delle terre del Sud America. La popolazione cilena viene trattata con disprezzo e violenza.
Nella scena d’apertura, gli uomini costruiscono un recinto in un campo selvaggio battuto da un vento aspro, un vento che è esso stesso personaggio centrale del film. Alexander Maclemann (Mark Stanley) uccide un operaio senza che nessuno osi obiettare. Omertà assoluta verso le forme di violenza ai coloni. Segundo (Camilo Arancibia) assiste da invisibile.
Il proprietario del luogo, Josè Menèndez (Alfredo Castro), alle cui dipendenze lavora MacLeman, vuol creare un sentiero verso il mare per pascolare le pecore e ordina a MacLeman di esplorare tutto il territorio insieme a Bice (Benjamin Westfall), mercenario texano razzista che odia chiunque non sia di ‘razza pura’.
Alla spedizione si aggiunge Segundo, restio a viaggiare insieme a personaggi così violenti ed intolleranti nonché fuori controllo. I tre si mettono in viaggio. Obiettivo dichiarato creare un pascolo. Obiettivo reale sterminare un popolo.
Rivisitazione di un genere
Le vostre pecore diventano grandi divoratori che divorano e ingoiano i vostri uomini. (Tommaso Moro)
Se di impatto siamo di fronte ad un chiaro esempio di pellicola che si rifà al western (almeno per alcuni presupposti) dall’altro è chiaro un rovesciamento dei canoni classici hollywoodiani del genere. Los Colonos non è nel modo più assoluto un rifacimento di un genere tanto nobile quanto amato dalla tradizione hollywoodiana cinematografica. Non c’è nessuna mitizzazione di stampo classico fordiano ed è una storia senza eroi, senza positività e senza neppure traccia di quella sottile ironia da cowboy amareggiati che serviva per alleviare i toni da tragedia sottostanti. Il film abbatte il genere western e svuota il cliché degli eroi a cavallo perché troppo concentrato sul peggio scaturito da quell’immaginario collettivo. I villain non hanno contraltari sufficientemente ‘alti’ da controbattere una visione totalmente pessimista e oscura.
A differenza dei classici western il viaggio non è di formazione, non c’è cameratismo ma, solo sospetto e non c’è traccia di umanità da parte di nessuno o almeno non duratura : “Non puoi mangiare il tuo cavallo” , esordisce Bill “É come mangiare un amico”. Peccato che anche Bill di colpo, dopo questo breve cenno di umanità, nella scena del massacro del gruppo Selk’nar, si lanci a violenze di ogni tipo.
Lo stesso Segundo resta meticcio anche nell’animo non riuscendo mai davvero ad assumere una posizione di contrasto.
É lui stesso, come tutto il film, una zona grigia dove testimonianza, indifferenza e complicità si sovrappongono inesorabilmente.
Una pagina di Storia
Domina la violenza pura (a volte anche difficile da sostenere con lo sguardo), una violenza che esplode di colpo lasciando anche spesso la libertà di immaginare quante e altre terribili azioni siano state compiute da questi uomini senz’anima. Dal genere western si riprendono comunque il soffermarsi sugli splendidi paesaggi e la struttura del road movie che si fa attraversare da una fotografia oscura e perfettamente a tema con l’atmosfera della storia.
La fotografia è dell’italiano Simone D’Arcangelo e cattura i panorami freddi della Patagonia cilena in tutta la loro desolazione ed inospitalità. La colonna sonora di Harry Allouche restituisce la solennità tipica del genere. Il territorio subartico di Los Colonos è scenario, ma ha anche un’anima ed è un personaggio in piena regola, capace di esprimere un realismo magico e inquietante.
Diviso in Capitoli con nomi dagli echi mitologici e ben costruito soprattutto nella parte finale (sette anni dopo con l’indagine da parte del Governo sulla strage compiuta), Los Colonos mostra tutte le violazioni commesse sugli indigeni. Sfrutta al meglio le sue ambientazioni illustrando attraverso l’azione (un po’ come fa Scorsese col suo ultimo Killers of the flower moon) una vera impietosa pagina di Storia, quella appunto del genocidio di Selk’man. Un dramma che si riflette negli occhi terrorizzati dei nativi americani e che utilizza il singolo episodio solo come microparte di una tragedia più grande che ha colpito un’intera Nazione di coloni.
Il Film si chiude proprio con vere immagini di archivio che mostrano il Cile di fine XX secolo. Inquadrature a tinte oscure e rossastre , simbolo del sangue sparso su quella Terra battuta dal vento.