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‘Ancora un’estate’: la Recensione

Ancora un'estate, l'ultimo film della regista Catherine Breillat, arriva nelle sale italiane dal 7 marzo

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Ancora un’estate, l’ultimo film della regista Catherine Breillat, è stato presentato in concorso alla 76 edizione del Festival di Cannes. Arriva nelle sale italiane a partire dal 7 marzo.

Ancora un’estate: la trama 

Anne (Léa Drucker) è un avvocato specializzato in abusi su minori. Vive con suo marito (Oliver Rabourdin) e le due figlie adottate e conduce apparentemente una vita tranquilla e appagata. A interrompere l’idillio ci pensa Theo (Samuel Kircher), un irrequieto giovane di diciassette anni, figlio di primo letto del marito. Tra i due inizialmente non scorre buon sangue, poiché la donna è molto seccata per la sua presenza improvvisa. Tuttavia, in seguito a una finta rapina in casa, tra Anne e Theo comincia a svilupparsi un rapporto di complicità che si evolverà pian piano sfociando in un desiderio sessuale reciproco. I rapporti clandestini, consumati durante i frequenti viaggi del marito, genereranno una spirale di eventi sempre più difficile da gestire e dai colpi di scena imprevisti.

Ancora un’estate: il senso del desiderio

La narrazione del film è condotta con un crescendo sulla reciproca attrazione dei due protagonisti. Anne sa benissimo che la loro è una relazione malsana, anche in virtù del lavoro che svolge. Il confine che la separa da un abuso su minore è davvero labile. Eppure il giovane suscita in lei un desiderio di attrazione a cui non riesce a sottrarsi. Complice di questa situazione è anche l’estrema calma e piattezza della sua vita. Tralasciando le soddisfazioni ottenute sul lavoro, Anne può godere di ben pochi svaghi: il marito è spesso assente e le rare cene con gli amici risultano noiose, spingendola a cercare il divertimento altrove. Il rapporto tra i due amanti, inizialmente visto come un errore, diventa presto una dipendenza a cui entrambi non possono rinunciare. 

Corpi in mostra 

Catherine Breillat è da sempre considerata una regista che fa parlare di sé e questo film conferma il suo approccio azzardato. La macchina da presa non risparmia le riprese dei corpi avvolti dal desiderio, in cui lo spettatore percepisce lo stato d’animo dei due personaggi, cogliendone la soddisfazione e il piacere. Samuel Kircher interpreta bene il ragazzo, sedotto e affascinato dalla matrigna. Anche Léa Drucker si lascia andare con colpevole malizia a questa relazione, attratta dai lati oscuri di Theo e dalla sua giovinezza.

Difficile definire lo stato emotivo dei personaggi: Theo dal canto suo coglie le occasioni offerte all’interno della famiglia senza porsi domande, con la spontaneità e la leggerezza della sua età, incurante delle conseguenze. Il rapporto tra i due è vissuto come naturale e spontaneo, seppure dall’esterno sia visto come deprecabile. Eppure Anne è sempre più tormentata da questa situazione, man mano divisa tra sensi di colpa per l’infedeltà nei confronti del marito e l’attrazione per il giovane. Tuttavia non vuole sottrarsi a questo schema che le permette di provare sensazioni forse sopite nel tempo e di immergersi nelle profondità dei suoi sentimenti.

La fotografia nel film ritrae con precisione i personaggi, grazie alla quale lo spettatore coglie gli stati d’animo e i loro turbamenti.

Un film senza veli su una relazione fuori dagli schemi, che i protagonisti vivono con profonda passione e senza compromessi, pur appartenendo a generazioni lontane tra loro. 

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