
Le cinema est le cinema, con questo fotogramma Rita Marcotulli e il suo settetto hanno aperto una serata immersa nelle colonne sonore che si accompagnano con le immagini dei più noti film del maestro del cinema moderno francese, François Truffaut.
La scenografia della serata, era vuota in maniera autentica, tipicamente Nouvelle Vague; proiezioni che scorrono raccontando storie, narrate dai musicisti stessi, i quali, con fervore hanno trasmesso la propria passione per la loro musica.
Ciò che il settetto jazz ha raccontato, non è altro che la storia dei nostri tempi, che esisteva già negli anni sessanta ma che si ripete oggi, e che parla di noi, di chi siamo e a cosa in fondo, aspiriamo.
La prima sequenza musicale, intitolata Songs of innocence, è il massimo stato di purezza in cui l’essere umano si trova alla nascita. L’incontaminato suono del flauto di pan di Janvier Girotto, accompagnato dal pianoforte di Rita Marcotulli, mastra le immagini del film di Truffaut L’enfant Sauvage e di quello che quel cucciolo di uomo è alle origini, di come vive prima di esser portato alla civilizzazione. Ed è proprio la contaminazione della realtà cui andiamo incontro tutti, giorno dopo giorno, che ci porta a quel sentimento di angoscia, narrato, poi, nel secondo frammento musicale. L’escape, la fuga da ciò che ci assilla, dalle responsabilità che ci complicano l’esistenza, la mancata sicurezza di uno stato di serenità; è qui che la batteria di Roberto Gatto prende il sopravvento combattendo letteralmente con il pianoforte della Marcotulli, correndo e scappando come Jules et Jim, Antoine Doinel (Jean-Pierre Léaud) ne I quattrocento colpi e L’enfant sauvage. In parallelo le immagini delle loro fughe dominano la parte centrale del concerto accompagnate da questa musica piena di brio.
Finalmente il momento spensierato della Musique en jeu, dove la musica diventa divertimento, gioco. Le note jazz sono fine a se stesse e circondano le urla di divertimento dei ragazzi de I quattrocento colpi e i fugaci sorrisi di Baci rubati.
Epilogo della fiaba jazz è l’universale bisogno che di diritto ci spetta e che cerchiamo, rifiutiamo, ma attendiamo, vergognandoci di ammetterlo, l’amore. Una serie di fotogrammi governati dall’aforisma, Cosa resta del nostro amore? Ditemelo! Una perentoria richiesta di affetto espressa in musica, del tutto esasperata nelle immagini della Signora della porta accanto, ma decisamente armoniosa in quelle di Baci rubati nel momento in cui Antoine Doinel e Cristine Darbon siedono tranquilli su una panchina e un uomo misterioso, che da tempo pedinava Christine, si fa avanti e rivela alla giovane il proprio amore assoluto, dichiarandosi certo che lei saprà abbandonare i vincoli provvisori, rappresentati da Doinel, per unirsi a lui: l’amore definitivo.
Aldo Zambuto