Ennio Flaiano è stato il protagonista assoluto del panorama culturale italiano degli anni Cinquanta- Sessanta. Lo ricordano in questo affettuoso e appassionato documentario Fabrizio Corallo e Valeria Parisi. La voce narrante è di Cecilia Dazzi, mentre quella fuori campo è di Neri Marcorè.
Pescarese, ultimo di nove figli, abbandonato dalla madre, stufa dei tradimenti del marito, Flaiano gira da piccolo per l’Italia, ospite di diverse famiglie.
Parte per la guerra in Etiopia. Da quell’esperienza nasce il suo primo e unico romanzo “Tempo di uccidere” (1947), vincitore del Premio Strega.
Prende le distanze dal concittadino D’Annunzio e, quando giunge a Roma. Durante il fascismo e negli anni successivi, si lega a intellettuali del calibro di Vincenzo Cardarelli, Giuseppe Ungaretti, Aldo Palazzeschi, Sandro Penna.
I suoi salaci aforismi
Amante di Giovenale, Catullo, Marziale, Ennio Flaiano maturò il gusto dell’aforisma.
“Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso.”
Quando anni dopo, Mario Pannunzio fonda Il settimanale Il Mondo, collabora con “un pugno di uomini indecisi a tutto”: Mino Maccari, Vitaliano Brancati, Mario Soldati, Anna Maria Ortese e Alberto Arbasino.
Caporedattore per due anni, amava ripetere: “Mi spezzo, ma non mi impiego”. Di sé amava dire che voleva diventare rilegatore di libri o falegname e che aveva tentato, con esisti disastrosi, anche la via della pittura.
“Ho notato che avevo una corda in me, che era quella nascosta; quella di ridere di me e degli altri.”
Con sapienza, i registi mescolano il materiale di repertorio con le interviste a Francesco Piccolo, Alessandro Gassman, Goffredo Fofi, Masolino D’Amico.
Con Suso Cecchi D’Amico, con la quale, si narra, ebbe una travolgente liason. Con lei, inoltre, italianizzò il film Vacanze romane di William Wyler (1953), interpretato da Audrey Hepburn e Gregory Peck.
Co-sceneggiatore dei capolavori felliniani
Autore di una serie infinita di sceneggiature, Ennio Flaiano ha co-sceneggiato diverse commedie: Guardie e ladri di Monicelli e Steno, Totò e Carolina di Monicelli, Peccato che sia una canaglia di Blasetti, La romana di Zampa, ma anche a film come Dov’è la libertà di Rossellini a La notte di Antonioni.
Il suo nome è, però, indissolubilmente legato ai capolavori felliniani: Lo sceicco bianco, I vitelloni, La strada, Il bidone, Le notti di Cabiria, La dolce vita e 8 e ½.
Dopo una storica incomprensione tra i due, le loro strade si divisero e nelle sue opere Fellini perse per sempre quel tocco ironico e pungente che gli garantiva Flaiano con le sue intuizioni.
“La stupidità degli altri mi affascina, ma preferisco la mia.”
I registi, con garbo, lasciano trapelare anche il dramma di chi, dopo essersi sposato con Rosetta Rota, divenne padre di una bambina, soprannominata Lelé. Colpita giovanissima da encefalite, affetta per anni da crisi epilettiche e da un mutismo che l’accompagnò per tutta la vita.
“Ogni epoca ha le sue passioni. A noi è toccato il cinema.”
Una vita, quella di Ennio Flaiano lastricata non solo da gloria ma anche da alcuni flop giganteschi. La sua opera teatrale Un marziano a Roma, troppo avanti negli anni, interpretata da Vittorio Gassman, non solo fu fischiata in teatro, ma la sua rappresentazione fu interrotta decine di volte per gli insulti del pubblico. “ Il suo comento?
“L’insuccesso mi ha dato alla testa.”
Un progetto che Flaiano non riuscì a portare a segno fu quello di dirigere la sceneggiatura di Melampo, che pubblicò successivamente. Marco Ferreri lo trasformò al cinema ne La cagna con Marcello Mastroianni e Catherine Deneuve, ma in quella trasposizione Flaiano non riconobbe la sua opera.
“L’uomo con i piedi fortemente appoggiati su una nuvola”, come lui stesso si definì, spense a Roma il 20 novembre 1972.
Flaiano e Fellini: Le due anime del realismo magico
La cagna di Marco Ferreri con Mastroianni e Deneuve