Il cinema apocalittico è un genere che accompagna le generazioni da molti anni, ma che si è consolidato soprattutto negli ultimi vent’anni grazie a opere pionieristiche che hanno dato il via a produzioni di immenso successo.
Dall’indimenticabile capolavoro di George Romero, Night of the Living Dead (1968), che ha fatto da apripista al genere, giungiamo ai giorni nostri con il geniale Robert Kirkman. Con la sua saga The Walking Dead, Kirkman si è affermato come punto di riferimento assoluto nell’universo governato dai morti viventi, creando dimensioni collegate a diversi prodotti di un franchise che, da oltre vent’anni, sia su carta stampata che sullo schermo, popola un mondo devastato dalla terribile epidemia con personaggi e storie legate alla trama principale o orientate verso nuovi scenari.
Ma il cinema apocalittico non si limita a descrivere solo la fine del mondo nella realtà dominata dagli zombie. Infatti, alcuni prodotti, forse meno celebrati, si distinguono comunque nel dramma catastrofico con una chiave più realista e una lettura più intima di eventi e personaggi. In questo modo, il genere abbraccia una varietà di opere sorprendentemente vasta.
Cinema apocalittico e gli scenari Z-World
Come già annunciato, le dinamiche apocalittiche degli ultimi anni si sono concentrate su un genere che ha sviluppato un proprio spazio nel contesto cinematografico moderno. La categoria degli zombie nel cinema apocalittico assume una dualità espressiva tendenzialmente orientata verso l’horror e il dramma, entrambi percepibili in modo pregevole in lavori ben elaborati. In altri casi, invece, ironia, humor e splatter prevalgono prepotentemente portando le opere sulla falsariga di una dark comedy pullulante di azione.
28 Giorni Dopo
28 Giorni Dopo è il film precursore di ciò che sarebbe diventato il cinema apocalittico legato agli zombie. Diretto nel 2002 da Danny Boyle, da un’idea di Alex Garland, il film ci trasporta nelle viscere di una Londra dominata dalla terribile epidemia zombie, in cui Jim (Cillian Murphy) si ritrova a dover sopravvivere dopo essere emerso da un coma. È evidente il chiaro riferimento che gli sceneggiatori di The Walking Dead hanno tenuto in considerazione nella stesura dei primi episodi della saga, ma ancor più evidente è quanto il colossal di Kirkman si sia ispirato all’opera di Boyle per fondare il suo impero horror.
28 Giorni Dopo dipinge un ambiente isolato dal resto del mondo, impregnato e distorto dalle creature di cui la terra non ha avuto modo di accoglierne le spoglie, lacerato dal silenzioso disordine delle auto rimaste ferme sulle strade, dei carri armati che non hanno potuto fare nulla contro la forza del virus Z. Poi ci sono i sopravvissuti dominati dal panico, dal terrore e dal più forte istinto di conservazione che li travolge in un flusso di coscienza anti-etico primordiale, in cui prevale il branco, a cui si contrappone un recondito e sensato individualismo.
Il film di Boyle, per gli appassionati del genere, si inserisce perfettamente nel contesto apocalittico, segnando l’inizio di un’era in cui altri registi hanno sperimentato, in chiave più moderna, l’invasione dei morti viventi. Uno spartiacque, 28 Giorni Dopo, che è riuscito a ridare nuovo impulso al genere, delineando le tematiche horror e drammatiche con una fotografia chiara, che ha saputo distinguere le sue caratteristiche e tirarne fuori i lati più espressivi.
Cillian Murphy in 28 Giorni Dopo
World War Z
Tratto dal romanzo di Max Brooks, World War Z: La guerra mondiale degli zombi, il film diretto da Marc Forster, World War Z (2013), narra la storia della famiglia Lane. Il protagonista, Gary Lane (interpretato da Brad Pitt), deve salvare la sua famiglia e la nazione da un improvviso attacco del virus che, partendo da Philadelphia, si diffonde a macchia d’olio in tutti gli Stati Uniti. Un elemento iconografico dell’eroe è evidente nel film di Forster, al punto da proiettarlo in una visione più fantascientifica del genere stesso. Un film indipendente che riproduce gli effetti drammatici nella sola rappresentazione visiva, ma che mantiene un’identità di azione avvincente ed efficace, considerandosi autoreferenziale e con limitati approfondimenti del genere.
Il mondo al collasso e il terrore dei suoi abitanti sono focalizzati sulla forza del protagonista, che impegna le sue energie per preservare se stesso e gli altri, annullando automaticamente il carattere distopico e violento della natura umana sospesa tra la vita e la morte. La tendenza alla sopraffazione del genio umano sul trascendentale ricolloca il film in una dimensione dai tratti retorici, in cui il plot funge da riferimento per lo sviluppo della trama e poco altro.
Con ciò, World War Z si inserisce comunque nel panorama apocalittico, con pregi e difetti di un’opera che si accompagna a una buona dose di effetti speciali, scene mozzafiato e azione. Uno sparatutto moderno, in cui non manca l’appendice drammatica, sostenuta da una sottesa luce commediale di cui la famiglia Lane è attivamente partecipe.
World War Z è disponibile su Prime Video
Benvenuti a Zombieland
Benvenuti a Zombieland è un film diretto da Ruben Fleischer nel 2009, con un piccolo ma eccezionale cast che include Woody Harrelson, Jesse Eisenberg, Emma Stone e Abigail Breslin. Il film narra di un mondo post-apocalittico, devastato da un’epidemia inizialmente causata dalla mucca pazza, ma che si è trasformata nel tempo in un’epidemia zombie dai tragici esiti. Il protagonista (Jesse Eisenberg), intenzionato a raggiungere Columbus, in Ohio, incontra lungo il cammino compagni di viaggio, ognuno con le proprie peculiarità, fatte di estremismi e esaltazioni, rendendo l’opera di Fleischer un corollario cinico con un umorismo sottile, distinguendo il film come un horror anticonvenzionale e distante dai cliché del genere.
Benvenuti a Zombieland potrebbe essere considerato distintivo nel filone che rende il genere nella migliore chiave allegorica e umoristica possibile. Si presenta come una rampa di lancio alternativa al contesto apocalittico legato ai non-morti, sfruttando il tratto ironico dello spirito umano nella sua versione più vicina alla morte per tirare fuori una verità cinica, priva di edulcorazione, scorretta e cruda. Il film abbraccia un flusso cinefilo simile a quello dei fratelli Coen, che inizialmente spiazza e disarma aspettative e critiche, ma, con una visione più ampia, si apre a scenari di introspezione profonda e pura.
Il film di Fleischer è quanto di più esemplificativo possa rappresentare della versatilità del genere, che non si limita a una funzione di puro jumpscare, ma anzi la sacrifica in virtù di una lettura quanto più umana possibile nel contesto, che fa da antitesi alla vita stessa. La perdita delle abitudini, delle convenzioni e degli affetti trasforma l’uomo nel primo mostro sociale, incapace di collaborare e destinato a distruggere, tanto quanto i vaganti in cerca di nutrimento.
Benvenuti a Zombieland è disponibile su Netflix
Cinema Apocalittico una versione più reale
Nello scenario apocalittico, non mancano le versioni in cui il pianeta si ribella all’uomo per il dolore che, per millenni di priorità scientifica e ideologica, ha dovuto subire. Questo è il caso in cui la natura prende il sopravvento sulle aspettative del genere umano, gettandolo nel baratro dove egli stesso vede l’oblio dei propri sbagli, delle disattenzioni e degli errori che hanno stremato e lacerato la terra. Una versione fisica e riflessiva, che sdoppia le personalità tra la mera sopravvivenza e ciò che erano, spogliandole dei tratti morali e rilanciandole nelle viscere di una materialità da cui traspare un’analisi meditabonda e lancinante.
The Road
The Road è il film diretto da John Hillcoat e scritto da Joe Penhall, interpretato da un immenso Viggo Mortensen e dall’allora enfant prodige Kodi Smit-McPhee. Questo film è forse il racconto apocalittico più crudo e concreto che descriva al meglio una simile situazione, riportandola alla realtà. Uomo e bambino sono i nomi dei personaggi di questa storia, in viaggio attraverso gli Stati Uniti devastati da una guerra nucleare che ha contaminato il pianeta, ormai prossimo alla distruzione, afflitto da terremoti, temporali e un freddo perenne.
The Road
Fotogramma del film The Road
La sopravvivenza dei due individui, ormai privi di qualsiasi riferimento a una vita passata, è accompagnata da ricordi sbiaditi e una tristezza immutabile. L’esistenza si divide tra la fuga dalle orde di cannibali e la ricerca di mezzi di sostentamento, nella totale consapevolezza che qualsiasi cosa facciano, non potranno sfuggire all’imminente fine del mondo.
Una pellicola didascalica e quanto mai vicina a una realtà probabile, con la sceneggiatura di Penhall, il quale non ha distorto lo sguardo da una fine certa, ma ha condiviso semplicemente la quotidianità di vite prossime all’epilogo in una forma quanto mai definitiva del concetto apocalittico, scarno da eccessi e arzigogoli. La perdita dell’identità, evidente nei protagonisti privi di nomi, è la forma più cruenta che esprime come l’uomo nei confronti del pianeta non sia altro che un numero, una goccia in un fiume che ha straripato, a cui la natura ha sostituito gli argini.
Un tremendo e purtroppo spiegabile flusso di eventi, dal cannibalismo all’omicidio ingiustificato, spiega la traccia animale insita nel DNA umano, di come la sopravvivenza sia superiore a qualunque forma di etica e morale e di quanto forte sia la necessità di andare avanti, oltre alla consapevolezza della morte inevitabile.
Un bellissimo film, privo di emotività e propensioni al futuro, è quello di Hillcoat, che con una fotografia scura, silenzi dominati da raffiche di vento, terremoti e fruscio di carte e lamiere, ha concentrato le energie sulla descrizione di due personaggi vestiti di stracci logori, capelli e barbe incolti, occhi incavati e visi emaciati, in un’introspezione psicologica vuota, ma paradossalmente ricca delle tensioni e paure a cui lo spirito inconsciamente si è rassegnato, ma che comunque stenta definitivamente ad accettare.
The Road è disponibile su Apple TV+
E Venne il Giorno
La pellicola diretta da M. Night Shyamalan rappresenta un adeguato esempio di un B-movie appartenente al genere apocalittico, relegato in una realtà frustrante padroneggiata dalla natura. Mark Wahlberg, John Leguizamo e Zooey Deschanel sono i volti noti del cast, interpreti di personaggi in fuga da un virus che la natura ha scagliato sugli abitanti della Terra come vendetta per l’afflizione inquinante che essa ha dovuto subire nel corso dei secoli. Si tratta di un virus suicida che colpisce gli individui che si trovano in gruppi numerosi, a sottolineare come la collaborazione tra gli uomini non sempre si sia rivelata proficua, ma piuttosto atta a preservare un individualismo esente da preoccupazioni per le condizioni del pianeta. La natura, attraverso le piante, scatena così il malevolo germe dell’autodistruzione.
Il film di Shyamalan avrebbe potuto diventare una gemma nel panorama apocalittico, dato il successo ottenuto da Bird Box (diretto da Susanne Bier) che ne ha sfruttato le similitudini centrali del plot, affermatosi in modo eccellente nel catalogo di Netflix. Tuttavia, il film è stato accolto con una leggerezza ingiustificata, cadendo in stereotipi e mostrando tracce di estrema prevedibilità. Non mancano elementi drammatici, ma anche quelli esaltati da una storia d’amore che, prima in declino, trova la sua risoluzione solo nel finale.
E Venne il Giorno può essere identificato come una forma più leggera della cinematografia apocalittica, progettata per impressionare ma con un impatto relativamente limitato che non lo colloca nel genere nel modo più congeniale possibile, sebbene l’idea di base sia estremamente forte e ben studiata. Tuttavia, si può considerare un’opera appartenente alla categoria, nonostante i suoi numerosi difetti.
E Venne il Giorno è disponibile su Disney+
Siccità
La pellicola che segue è italiana, diretta da Paolo Virzì e interpretata da numerosi attori di spicco sul panorama nostrano, tra cui Claudia Pandolfi, Valerio Mastandrea, Monica Bellucci, Tommaso Ragno, Gabriele Montesi e altri. Siccità è un film del 2022 che ritrae la fotografia di una Roma ingiallita da una siccità che tiene sotto scacco la città e i suoi abitanti, affranti dalla quasi assenza del bene idrico. Il Tevere è prosciugato, la polvere ricopre i volti delle persone, il caldo rende aride strade e palazzi; tutto ciò è solo il contesto entro cui si sviluppano gli eventi di personaggi che vivono le proprie vite al limite delle proprie possibilità, mantenendo comunque un principio di normalità atavico.
Siccità
Fotogramma del film Siccità
Siccità è un preludio a un’apocalisse sull’orlo di esplodere, il film che fa da ago della bilancia tra un inizio e una fine. Una fine che non si palesa nel macro contesto, ma segue e tormenta le vite dei personaggi stremati dall’attanagliante calura, che ne esalta le particolarità. Un fuoco che scotta nel profondo dell’anima e che tira fuori le caratteristiche più atipiche e deliranti dell’inconscio. L’aridità è fisica ma anche allegorica, così come la ricerca dell’acqua che si rivolge all’assenza dell’essenza stessa di una vita che accompagna corpi animati ma privi di spirito.
Il film di Virzì si rivolge sicuramente a una realtà apocalittica anch’essa abbastanza realistica, seppur con uno sguardo emblematico ed eccessivo su alcune caratterizzazioni, cogliendo in parte le volontà di un genere che ripiega sempre sul filone drammatico. Il film si esenta dalla chiave horror, non avendone i presupposti sceneggiativi, affrontando una trama più vicina all’uomo, che a suo modo si confronta con le vicende, snaturando lentamente se stesso e i propri principi. Una forte dialettica, a tratti eccessiva, disegna le necessità che superano le virtù in un trionfo populista e fortemente legato all’emersione di connotazioni sociali, politiche e culturali appartenenti ai giorni nostri.
Siccità è disponibile su Chili
Cinema apocalittico, le nostre conclusioni
Il panorama cinematografico apocalittico è vasto e ricco di elementi da cui è possibile trarre una storia efficace e di successo. Tuttavia, l’uso di tali componenti, così come la forte evidenziazione di altre, spesso non colgono appieno la necessità comunicativa del genere, rischiando di cadere nel banale o, peggio ancora, nello splatter di ironia tale da avvicinarsi alla demenzialità. Nulla da togliere all’umorismo, se non fosse che in tale ambito è necessario affrontare la tematica in maniera intelligente, con chiarezza referenziale e con l’obiettivo di arricchire l’opera.
D’altro canto, il cinema apocalittico si forma attraverso la fantascienza, l’horror e l’azione; tutte componenti che vengono accolte in maniera eccellente, la cui esaltazione giova all’opera sempre e comunque. Un punto importante è sicuramente evitare di forzare tematiche già ampiamente dibattute, ma piuttosto approfondire su altri elementi al fine di sorprendere una platea vasta ed esigente con nuove prospettive.
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