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America Ferrera è la vera Barbie

Nel film, campione al box office 2023, Gloria rappresenta quel femminismo che la Gerwig non fa interpretare al personaggio della Robbie: insicura, debole, ribelle e in continuo mutamento

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America Ferrera

Barbie diretto da Greta Gerwig e scritto da quest’ultima assieme al compagno regista Noah Baumbach, è il vero trionfatore della stagione passata in termini di incasso ma, anche  assoluto flop agli imminenti Premi Oscar. Da questa delusione emerge una componente nascosta ma che gli Academy hanno deciso di premiare. America Ferrera candidata come migliore attrice non protagonista. Un’interpretazione forse troppo retorica nel monologo delle scene finali, come del resto la maggior parte del film, ma da cui emerge una scrittura che andava fatta sul personaggio di Gloria. La vera Barbie.

Clip Barbie – America Ferrera

 Lo sguardo sul passato e sul presente – America Ferrera

Mentre la bambola di Margot Robbie vive nel recinto patinoso del suo mondo di plastica che nel film viene capovolto per una chiara intenzione misandrica e ginecocratica, nel mondo reale il personaggio della Ferrera è il vero sguardo femminista sul mondo reale. Gloria ha tutta l’ossatura del viaggio dell’eroina che parte da una sottomissione da parte di un mondo patriarcale e che si ribella ad esso e alla rappresentazione che fa di lei la figlia nel corso del film. Immaginando una scrittura più identitaria come quella fatta fare a Bella Baxter di Poor Things, Gloria parte in regressione, ostaggio del potere maschile, sottomessa alla gerarchia del mondo patriarcale a cui non può ribellarsi e per il quale è costretta a fare il lavoro sporco come progettista precaria per la Mattel. L’interpretazione della Ferrera è quella più giusta per il femminismo contemporaneo.

Partendo da una gabbia e avendo il coraggio di distruggerla. Gloria nei fatti è una donna che ha lasciato la propria indipendenza per sospendere la battaglia dei sessi senza mai perdere il desiderio di poter stravolgere il mondo patriarcale con cui deve far buon viso a cattivo gioco. Greta Gerwig sa di avere tra le mani uno dei pochi personaggi  ben scritti e collegati col vero mondo che conta. Quello reale, dove le donne vengono umiliate e sottopagate. Una visione in perfetta antitesi con la bolla di estrema ginecocrazia di Barbieland. Per tutto il film quindi vediamo Gloria comportarsi come Virgilio per la protagonista Robbie, nell’inferno maschilista ma realista, salvando Barbie-stereotipo dall’amministratore delegato e incoraggiandola al centro del film su cosa significhi essere donna realmente.

 Il monologo-manifesto

Uno dei momenti per cui il film Barbie verrà ricordato è indubbiamente caratterizzato proprio dai minuti del monologo di Gloria. Qui Barbie si tramuta nel  teatro femminista a cui tendeva fin dal suo concepimento proponendo una lezione morale sull’essere donna contemporanea. Il personaggio dell’America è quello di una donna single, non bella come Barbie ma, meno ovvia della protagonista. Anche se le parole di Gloria spesso risuonano come un facile cartellone per femministe alla riscossa su Instagram, è in questa scena che risiede l’essenza stessa del film. America Ferrera punta sulla straordinarietà delle donne e sulla mancanza di consapevolezza rispetto a questa autenticità.

Costrette ad essere perfette in tutto ma, facendolo sempre nel modo sbagliato agli occhi della sfera dominante, quella maschile. Nel suo elenco di ciò che non basta mai , dalle proporzioni fisiche al ruolo di comando differente, Gloria segna il manifesto femminista generazionale delineando il profilo contemporaneo dell’essere donna. Non bisogna distruggersi, dice, per piacere alla gente e ciò perché le bambole non esistono nella vita reale ma, sono solo ed essenzialmente donne imperfette che si piacciono così come sono. La molla definitiva che fa diventare Barbie una donna e non un oggetto in quanto tale, avviando la manipolazione sentimentale verso Ken e favorendo la sorellanza che altererà il mondo di Barbieland.

 Gloria la Barbie di cui avremmo avuto bisogno

America Ferrera è la Barbie che ci meritavamo. Latinoamericana, in rappresentanza anche di un’etnia vessata soprattutto in America, e perfetto contrapposto per la Barbie bionda. La sua Gloria sa cosa vuol dire essere donna nella realtà odierna. Mai scontata nelle sue vessazioni, mai banale nella rappresentazione femminista che invece il personaggio della Robbie spesso fa nel film. È una minoranza anche nell’opera campione di incassi, eppure è la coscienza seppur tardiva dello stereotipo di Barbie. Combatte le battaglie per lei facendola riflettere sulla natura vera del girl power.

Alla fine della fiera America Ferrera, col suo monologo-manifesto, seppur volontariamente politicizzato, fa respirare il film dando a Barbie la vera direzione del suo percorso e accompagnandola nel finale nella nuova vita che emerge.

E fa sorridere ma, riflettere il fatto che la Barbie candidata è l’Ugly Betty che ci meritiamo.