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La bocca del lupo (Torino Film Festival)

“È la prima opera italiana ad ottenere il riconoscimento nei 27 anni della manifestazione. Il film è una storia di disperazione, pur se riferita al rapporto commovente tra due persone. Racconta di Enzo, criminale uscito dal carcere dopo 27 anni, e della compagna Mary, transessuale tossicodipendente, conosciuta durante i primi tempi di detenzione”.

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La bocca del lupo è il  “miglior film” del 27° Torino Film Festival. È la prima opera italiana ad ottenere il riconoscimento nei 27 anni della manifestazione. Pietro Marcello, giovane regista di Caserta (classe 1976), vince con un lavoro di appena 67 minuti, tentativo di rielaborare, in un linguaggio cinematografico innovativo e personale le sue esperienze di documentarista. Per il regista infatti, La bocca del Lupo è un esordio nel cinema, successivo a documentari come Il Cantiere (2004), La Baracca (2005), Il passaggio della linea (2007) e la collaborazione al docufilm realizzato in Costa D’avorio Grand Bassan.

Il film è una storia di disperazione, pur se riferita al rapporto commovente tra due persone. Racconta di Enzo, criminale uscito dal carcere dopo 27 anni, e della  compagna Mary, transessuale tossicodipendente, conosciuta durante i primi tempi di detenzione. Dopo il rilascio, Mary attende  l’uomo che ama, inviandogli lettere, indumenti,  nastri audio su cui registra la sua voce. Lo spettatore accede al loro strano e disperato mondo attraverso lunghe sequenze dei vicoli di Genova, delle aree dismesse del porto, dei bar di periferia che il protagonista frequenta, di ritorno dalla prigione, cercando di ritrovare qualche riferimento del mondo cui apparteneva. Brani poetici recitati da una voce narrante conferiscono a queste scene un tono vagamente epico, che forse intende evocare il romanzo di Gaspare Invrea, alias Remigio Zena, da cui il film trae il titolo, racconto verista del 1892, sulla vita di alcuni umili abitanti dimenticati della Genova dell’Ottocento. Intense anche le immagini d’epoca della città, tratte da servizi d’archivio, con cui il regista abilmente rievoca il passato criminale di Enzo. La storia culmina nell’intervista ai due protagonisti, ripresi frontalmente nella loro casa, mentre raccontano aneddoti della loro vicenda, dall’incontro in carcere alla lunga attesa successiva, prima del ricongiungimento. Intervista fatta di ricordi, riflessioni, battute forse buffe, ma di una comicità amara.

Nel film si  avvertono chiaramente i trascorsi di documentarista di Marcello, nel modo “analitico” di impiegare la camera, soffermandosi su  persone e oggetti nella volontà di testimoniare vicende, realtà e situazioni altrimenti destinate, come nel romanzo di Zena, all’oblio.

Leopoldo Papi

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