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Conversation

‘Upon Entry – L’arrivo’ conversazione con Alejandro Rojas e Juan Sebastián Vásquez

Bello e sorprendente, Upon Entry - L'arrivo è un film senza pelle per come mette in scena le emozioni della storia e dei suoi personaggi. Conversazione con i registi Alejandro Rojas e Juan Sebastián Vásquez

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Al cinema Upon Entry – L’arrivo, diretto da Alejandro Rojas e Juan Sebastián Vásquez. Il film, distribuito da Exit Media, è un thriller psicologico che denuncia l’abuso di potere e l’insensatezza di una certa burocrazia. Ai registi Alejandro Rojas e Juan Sebastián Vásquez abbiamo chiesto di parlarci del film.

Upon Entry – L’arrivo di Alejandro Rojas e Juan Sebastián Vásquez

Nel taxi che accompagna i protagonisti in aeroporto il sottofondo radiofonico in cui Trump annuncia la costruzione del muro al confine con il Messico era più il modo per dare conto del tempo in cui si svolge la storia, oppure la prefigurazione di ciò che sta per accadere ai protagonisti, anch’essi destinati a essere respinti in maniera drammatica e senza alcuna possibilità di mediazione?

Abbiamo ambientato la storia nell’era Trump non perché questo tipo di storie non accadessero durante i governi precedenti. Anzi, a dire il vero nelle nostre esperienze e di quelle dei nostri conoscenti molte di queste situazioni si sono verificate nei mandati precedenti al suo. Con Trump le questioni anti-immigrazione sono diventate più acute in un modo mai visto nel paese e il tono della trasmissione radio rispecchia lo sguardo di chi guarda a quel muro da una posizione privilegiata. Peraltro l’audio è tratto da un programma reale e il suo umorismo ci sembrava una buona introduzione al film.

Collocare il film in un non-luogo come lo è l’aeroporto in cui sbarcano i protagonisti serviva non solo a creare una dimensione di alienazione collegata al trattamento subito dai protagonisti da parte degli agenti, ma anche a mettere in moto una serie di situazioni archetipiche, capaci di rendere universali la storia e i suoi personaggi.

Gli aeroporti sono un limbo, un luogo in cui non sei né dentro né fuori dal territorio. Ciò che ha attirato la nostra attenzione è che queste storie accadono a porte chiuse e davanti a una popolazione abituata a considerare le altre su base razziale. La nostra idea non era quella di generare una storia universale, ma di condividere una brutta esperienza personale, tuttavia abbiamo scoperto che la vicenda dei personaggi ha finito per entrare in risonanza con persone sparse in tutto il mondo. Si è aperta una discussione su come questa paura collettiva nasca in territori di frontiera e sia caratterizzata da un denominatore comune e cioè dalla normalizzazione di una violenza verbale utilizzata come politica di controllo per l’accesso ai territori più privilegiati.

Richiami

La spersonalizzazione dell’individuo che si confronta con una burocrazia disumana, il mistero di un arresto di cui non vengono spiegate le ragioni, e, ancora, la presenza di persecutori di cui non sappiamo nulla. La vicenda raccontata in Upon Entry – L’arrivo assume le forme del castello kafkiano. Anche in retrospettiva vi sembra un paragone plausibile?

Non ci avevamo pensato finché Kafka non è stato menzionato in qualche recensione. In effetti nel film esiste qualcosa del genere, nel senso di come un processo burocratico si possa trasformare in qualcosa di autoritario senza ragione d’essere e, in casi estremi, senza alcuna via d’uscita. La cosa curiosa è che per gli agenti di sicurezza questi processi continuano ad avere senso. Ma al di là dell’amore verso la letteratura, la nostra storia emerge da verità di prima mano, nostre e del nostro ambiente, e non dalla metamorfosi dell’immaginazione.

Anche se la tensione aumenta con il passare dei minuti Upon Entry – L’arrivo è un thriller capace di rimanere coerente dal primo all’ultimo minuto. Diego ed Elena sono persone comuni e come tali si comportano di fronte all’eccezionalità della situazione. Le loro reazioni sono quelle che avrebbero avuto la quasi totalità delle persone e questo aumenta l’identificazione da parte del pubblico.

I personaggi di Diego ed Elena sono i più vicini a noi e al nostro ambiente. Volevamo mantenere questa onestà e raccontare entrambe le loro storie da quel punto di vista. Volevamo anche ricreare la tensione che si prova attraversando quei checkpoint. Molte persone, in ogni caso, hanno sperimentato in misura maggiore o minore queste tensioni e queste paure. Le reazioni di Diego ed Elena sono le nostre e quelle di tanta gente che si è trovata nella medesima situazione. Va però specificato che l’esperienza migratoria di Diego ed Elena è molto diversa. Essendo venezuelano, lui cerca di passare inosservato, mentre Elena, in quanto europea, sente di avere il diritto di lamentarsi in una situazione come quella, anche se con il passare dei minuti i suoi privilegi vengono a poco a poco erosi.

Tempo e ritmo nel film di Alejandro Rojas e Juan Sebastián Vásquez

L’aderenza allo stato d’animo dei personaggi è data non solo dal fatto che lo spettatore ha le stesse informazioni dei protagonisti, ma anche di condividerne la medesima scansione temporale. In questo senso Upon Entry – L’arrivo sembra girato in diretta.

In effetti volevamo fornire informazioni sui personaggi e farli conoscere anche attraverso gli interrogatori. È un effetto contagocce, in cui ogni parola, silenzio e respiro conta qualcosa. La scelta di girare in tempo reale è nata in fase di scrittura perché eravamo già sicuri che la visione sarebbe stata molto più vera e coinvolgente se raccontata in quel modo.

Upon Entry – L’arrivo è un thriller esistenziale dal ritmo incalzante nonostante l’azione sia ridotta a minimo. Il merito di questo va anche a un montaggio capace di scandire i tempi con la precisione di un orologio. Potreste approfondire questo aspetto del film?

Emanuele Tiziani, il nostro montatore, ha colto bene il ritmo del film. Sapevamo già che sarebbe stata una sfida mantenere alta l’attenzione girando in un unico posto. Prima delle riprese abbiamo fatto un’esauriente pianificazione visiva che faceva riferimento a dove posizionare la telecamera e su quando spostarla. Siamo riusciti a girare con due mdp contemporaneamente sullo stesso asse perché la storia non veniva raccontata solo con quello che diceva uno dei personaggi, ma anche con la reazione dell’altro. Quindi siamo andati in sala di montaggio con un bel po’ di materiale. Per fortuna Emanuele ci ha interrogato in ogni momento: ha organizzato la storia in modo molto sensibile e coerente, e quello che abbiamo trovato nel complesso è stato un ritmo come quello che hai descritto, uguale a quello di un orologio che non aumenta né diminuisce la scansione, ma piuttosto resta come una pentola a pressione sul punto di ebollizione. Sentiamo e pensiamo in retrospettiva che questo è ciò che è riuscito a mantenere alta la tensione dall’inizio alla fine.

Il rapporto tra i protagonisti

Il modo diverso in cui Diego ed Elena occupano lo spazio diventa rappresentativo dei numerosi cambiamenti del loro rapporto all’interno della storia. Vederli insieme o separati non è casuale, ma rimanda sempre al momento che vive la  loro relazione. Era questo un modo per comunicare visivamente il loro stato d’animo?

È vero che all’inizio del viaggio e poi quando vengono portati nella sala d’ispezione secondaria, e ancora ci sono molte inquadrature in cui  Diego ed Elena appaiono insieme e vicini l’uno all’altro. Tuttavia, nel momento in cui viene rivelato qualcosa che non racconteremo qui, la telecamera cerca di separarli. E da lì, sono gli stessi coniugi a interrogarsi di fronte all’autorità. E sì, in ogni istante volevamo inquadrature capaci di tenere conto del momento emotivo dei personaggi sia quando sono insieme, sia quando sono separati.

Usare soprattutto il campo e il controcampo era un modo per sottolineare la mancanza di empatia tra vittime e carnefici?

Ora che me lo dici, sì! Non ci avevamo pensato consapevolmente, ma è emerso in modo naturale per separare gli interrogati da coloro che li interrogano. Sono due diversi spazi di potere e di vulnerabilità.

I due interpreti

La recitazione degli attori è eccezionale anche nei ruoli secondari. In una situazione in cui i loro personaggi sono costretti a tenersi tutto dentro, Bruna Cusi e Alberto Ammann arrivano a recitare con gli occhi, con lo sguardo, con i silenzi. Come siete arrivati a raggiungere un livello di verosimiglianza così reale?

Alberto e Bruna sono fantastici, dentro e fuori. Hanno lavorato sui personaggi con una sensibilità molto acuta e questo si percepisce nelle rispettive interpretazioni. Volevamo mantenere con loro una naturalezza molto profonda derivante dalla sintonia con lo stato d’animo dei loro personaggi. Alberto ha accettato la sfida di interpretare Diego, un personaggio per lui inedito, introverso e insicuro, e che comportava anche parlare con accento venezuelano, sia in spagnolo che in inglese, un compito non facile. Lo stesso ha fatto Bruna che, nonostante alcune similitudini con il suo personaggio, come per esempio il fatto di essere anche lei barcellonese e avere una vena artistica, è riuscita a decifrare analiticamente i sentimenti del suo alter ego e li ha fatti emergere con una naturalezza e una magia molto intense, e tale da sentirle dire delle cose che dentro di sé suonavano al contrario. La riuscita dei loro personaggi è dipesa anche dal lavoro degli attori che interpretavano i poliziotti. Laura Gómez e Ben Temple sono stati così bravi da farci credere che davvero fossero due grandi bastardi.

La tematica del film di Alejandro Rojas e Juan Sebastián Vásquez

Upon Entry – L’arrivo affronta il problema dell’immigrazione lontano dagli sbarchi sulle spiagge europee rammentandoci che arrivare in un paese straniero può essere un problema anche per chi proviene da trascorsi meno precari.

Siamo partiti da un’idea intima che, però, da quando il film è stato presentato in anteprima a Tallinn nel novembre 2022, sta ancora crescendo. A confermarcelo sono gli stessi spettatori che dopo le proiezioni vengono da noi  per dirci quanto sia profondo il legame emotivo con la storia. Molte di queste vi si sono viste riflesse e sono state grate che la storia sia stata raccontata. La verità è che se il film serve ad aprire nuovi spazi di dialogo e di dibattito su cosa significhi cercare nuove opportunità, allora ben venga. Noi ne siamo solo felici.

Il cinema di Alejandro Rojas e Juan Sebastián Vásquez

Parliamo dei vostri film di riferimento come cineasti e come spettatori.

Tutti abbiamo i nostri riferimenti cinematografici, ma se il lavoro di qualcuno ci ha unito narrativamente in questo progetto è stato quello di Sidney Lumet. Non solo per ciò che ha ottenuto con Twelve Angry Men, ma per qualcosa che può essere visto nella maggior parte della sua filmografia. Lumet era un vero artista quando si trattava di raccontare sequenze di conversazioni tra personaggi, ovvero di qualcosa che può sembrare molto semplice e che invece non lo è. Era un mago nel realizzare quello che lui stesso definiva “bloccare la scena”, raccontandola con il minimo indispensabile e cioè rendendo la telecamera invisibile e arrivando al punto senza tradimenti.

Upon Entry- L'arrivo di Alejandro Rojas e Juan Sebastián Vásquez

  • Anno: 2024
  • Durata: 77
  • Distribuzione: ExitMedia
  • Genere: drammatico
  • Nazionalita: Spagna
  • Regia: Alejandro Rojas e Juan Sebastián Vásquez
  • Data di uscita: 01-February-2024