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Conversation

‘Martedì e Venerdì’ conversazione con Alessio De Leonardis

Martedì e Venerdì di Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis raccontano la storia di un padre che non si arrende ai rovesci della vita. Del film abbiamo parlato con Alessio De Leonardis

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alessio de leonardis martedì e venerdì

Dopo il successo di Ghiaccio Alessio De Leonardis e Fabrizio Moro con Martedì e Venerdì raccontano il trascorrere del tempo  attraverso una storia che affonda lo sguardo sugli affetti famigliari. Del film abbiamo parlato con Alessio De Leonardis.

 

In sala a partire dal 22 febbraio, Martedì e Venerdì è prodotto da Francesca Verdini ed è una produzione La Casa Rossa con Rai Cinema in coproduzione con RS Productions e Pepito Produzioni e in associazione con Urban Vision. 

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Martedì e venerdì di Alessio De Leonardis e Fabrizio Moro

La sequenza iniziale, quella che fa da preambolo alla storia, è incentrata sul tempo, preso in esame non solo come tema narrativo, ma anche come principio formale del film. Nei primi minuti è il montaggio a dare alla storia una scansione circolare, con la fine che fa da premessa alla narrazione (a ritroso) dei fatti.

In effetti Martedì e Venerdì è il frutto di una riflessione sul tempo che passa e da ciò è emerso che spesso nella vita quotidiana ci sono delle cose che rimandi senza trovare più il tempo per farle. Il fatto di non averne mai abbastanza è un discorso che sento fare a tante persone e questo si lega quasi sempre alle questioni familiari. Un papà separato, come lo è il protagonista della nostra storia, questa cosa la subisce molto di più di chi invece è quotidianamente a contatto con i propri figli.  Io vedo la mia bambina tre giorni alla settimana e non sono poche le volte che, ritrovandola cresciuta, mi sembra di essermi perso qualcosa. Nel film la necessità di recuperare il tempo perduto ha preso forma attraverso una narrazione circolare. Martedì e Venerdì inizia con una clessidra che scandisce il tempo accompagnata dal rumore dei battiti cardiaci che si ripresentano ogniqualvolta Marino compie gesti che non deve fare.

Il tempo

La presenza della clessidra rimanda allo scorrere del tempo, ma soprattutto alla possibilità di invertire la rotta rispetto al corso delle cose. La fine non è mai tale perché c’è sempre l’opportunità di ricominciare. Nelle vicende di Marino la clessidra rappresenta un segno di speranza.

Infatti quello che dici lo abbiamo fatto dire a Marino quando spiega alla figlia la differenza tra una clessidra e un orologio. Lì è come se lui le dicesse che si sta prendendo un’altra possibilità per rimediare ai suoi errori, anche se in quel momento sa di non essere del tutto in buona fede perché conscio di farlo violando la legge. Ciononostante in quella scena emerge il senso di protezione verso la figlia e la volontà di farle sapere che lui vuole cambiare in meglio. Per tornare a quello che dicevi tu le lancette dell’orologio girano senza fermarsi mai mentre la clessidra a un certo punto lo fa, costringendoti a ragionare sulla possibilità di rivoltarla per ricominciare da capo. Marino prova a farlo ma forse la rivolta dalla parte sbagliata.

La presenza della clessidra, in termini di senso, racchiude il ragionamento del film sulla possibilità di ricominciare o meno.

Assolutamente. In generale quando si hanno dei figli la separazione viene sempre vista come la fine di un rapporto mentre invece, per quanto mi riguarda, ho scoperto che può essere l’inizio di una cosa importante perché se i genitori riescono a gestire con intelligenza la vita dei propri figli ti si aprono delle possibilità di rinascita. È da questa consapevolezza che siamo partiti per raccontare la storia di Marino, immaginando che la causa della sua separazione non sia stata prodotta da un fatto eclatante ma piuttosto dal suo modo di fare un po’ sempliciotto. Nel film non lo facciamo vedere, ma noi lo abbiamo immaginato incapace di prendersi le sue responsabilità: uno che quando tornava a casa dall’officina aveva la cena pronta e, anziché farsi la doccia, preferiva mettersi a giocare alla PlayStation. Talvolta la fine dei rapporti è causata da un insieme di cose non sconvolgenti, ma comunque capaci di logorare una relazione.   

Sempre nella sequenza introduttiva il tempo esistenziale si accavalla con quello drammaturgico rappresentato dal ticchettio di un orologio immaginario destinato a tornare nei momenti più ansiogeni del film, quelli relativi allo svolgersi delle rapine a cui partecipa Marino. 

Attraverso un montaggio molto serrato abbiamo cercato di eliminare quei tempi d’attesa. La nostra idea era di entrare subito nel film, raccontando il passare del tempo nell’ottica del nostro protagonista. Se ci fai caso noi non vediamo mai lo svolgersi delle rapine ma restiamo sempre con lui, fuori dal supermercato, il che aggiunge alla storia un po’ di mistero.

La fotografia di Martedì e venerdì di Alessio De Leonardis e Fabrizio Moro

Il fatto che lo sguardo del film coincida con quello del suo protagonista si evince anche dalle scelte fotografiche. Rispetto a una realtà cruda e materiale scegliete una luce più ideale che reale, nell’idea di rappresentare la predisposizione psicologica di Marino che anche nei momenti più difficili non perde mai la speranza di regalare a sua figlia una vita felice. Quella di Martedì e Venerdì non è una fotografia sporca, ma calda ed esteticamente bella.

È proprio così, mi complimento con te per averlo notato. In Ghiaccio avevamo adottato una fotografia sporca, ruvida e granulosa, qui invece abbiamo fatto il discorso opposto. L’idea infatti non era di raccontare il quartiere, ma un personaggio all’interno della sua realtà. Marino non è una persona negativa quindi raccontare il suo punto di vista voleva dire lasciare da parte ogni tipo di crudezza. Se hai fatto caso la fotografia alterna momenti di freddezza ad altri di estremo calore. Questi ultimi li abbiamo nella casa materna che rappresenta l’affetto famigliare da cui Marino si è allontanato. Un tepore presente anche in quella del fratello per le stesse ragioni. Al contrario, quando lui inizia a dormire in officina, a farsi spazio è un fondo di freddo che emerge tra tante piccole fonti di sorgenti calde perché comunque nella vita di Marino non viene mai meno la speranza.

La voce off, la fuga notturna, i pensieri ad alta voce di un uomo braccato: Martedì e Venerdì non perde tempo e sin dal principio mette in campo i codici di un noir esistenziale.

Assolutamente sì. Capitava anche in Ghiaccio – seppur non allo stesso modo – che ci fosse una voce narrante pronta a ripercorrere lo svolgimento dei fatti. Con Fabrizio ci siamo resi conto che inconsciamente questo aspetto è entrato a far parte del nostro stile. In più per noi è diventato anche il modo di permettere allo spettatore di entrare subito nel cuore della storia. In un mondo che va a cento all’ora e in cui la capacità d’ascolto è sempre più bassa la presenza della voce narrante è come il c’era una volta delle favole, ovvero il modo per concentrare l’attenzione sulla storia e sui suoi personaggi. Il suo uso mi piace e mi emoziona.

Il noir in Martedì e venerdì di Alessio De Leonardis e Fabrizio Moro

La scelta di un genere come il noir ne testimonia la sua capacità di cogliere meglio di altre forme narrative lo spirito del tempo. In fondo Martedì e Venerdì racconta appieno la problematicità del mondo di oggi, con le sue tante difficoltà quotidiane e dove le vicissitudini relazionali si intrecciano con quelle materiali.

Quando scriviamo i film insieme a Fabrizio la nostra idea è raccontare qualcosa che possa accomunare una serie di persone. In un periodo storico in cui, a ragione, si parla molto di patriarcato il film getta un po’ di luce sui papà separati, ovvero su figure che rischiano di essere dimenticate. Parliamo di persone oggettivamente svantaggiate che per ottemperare agli obblighi dei giudici sono costretti a dormire in macchina, a fare la fila alla mensa dei poveri. Un papà separato che guadagna 1500 € al mese e deve pagare l’affitto della casa della moglie e il mantenimento della famiglia non riesce a vivere e di questo è giusto parlarne un po’. Io l’ho fatto sulla base delle mie esperienze personali, nella consapevolezza di essere una persona fortunata anche perché vado d’accordissimo con la madre di mia figlia.

Dicevamo di come il noir riesca a cogliere, trasfigurandoli, aspetti comuni della nostra esistenza. Qui l’importanza del lavoro sotto il profilo etico è riassunto nella scena in cui la credibilità di Marino nei confronti del piccolo boss non scaturisce da una prova di coraggio ma dalle capacità del protagonista di ripararne la motocicletta, ovvero di essere un meccanico bravo e onesto.   

Certo, perché Marino è un lavoratore, non un delinquente. È uno di quelli abituati ad alzarsi presto per portare a casa la pagnotta. La sua vita è mossa da valori semplici e da quell’etica del lavoro tipica delle persone che mettono al mondo dei figli e che poi magari ne gestiscono la responsabilità nel modo sbagliato. La sanità di Marino si vede quando si ritrova ad avere bisogno di soldi. Non va da Cioccolatino per chiedergli di farlo lavorare bensì per chiedergli un prestito. Poi in quei momenti di difficoltà si può cadere in errore. Succede perché siamo esseri umani e dunque fragili.

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Soluzioni formali stilizzate

Nonostante la storia di svolga in periferia, e dunque in un ambiente pragmatico e concreto, il film presenta soluzioni formali molto stilizzate. Penso alla linea delle motociclette, queste ultime dello stesso colore della silhouette delle tute indossate dai rapinatori. Per certi versi quando vediamo sfrecciare i rapinatori sulla strada pare di trovarsi di fronte a un manga.

Nel voler creare dei personaggi, la nostra volontà era di non farli sembrare delle macchiette pur nell’intenzione di caratterizzarne la forte personalità. Per farlo ci siamo documentati su tutti questi rapinatori di supermercati: come i nostri, molti utilizzano armi bianche per evitare di incorrere nel reato di rapina a mano armata. Di solito usano grossi scooter perché più comodi e scattanti mentre a noi piaceva l’idea di renderli cool creando una banda che potesse rimanere impressa allo spettatore.

Infatti quando indossano le tute e cavalcano le motociclette sembrano dei supereroi.

È proprio così, diventano supereroi. Non a caso quelle moto non esistono nella realtà, ma siamo stati noi a rifare le scocche, a mettergli specchietti e frontalini appartenenti ad altri modelli. Abbiamo pensato anche a farle ridipingere nell’intento di creare il tipo di look di cui parlavi.

Nonostante questo siete riusciti a rimanere coerenti con l’entroterra popolare della storia privilegiando la componente esistenziale a quella action. Nel film non ci sono sparatorie e a malapena vediamo un vero inseguimento, eppure il  pathos della storia rimane sempre alto.

È un aspetto su cui abbiamo molto riflettuto. Tieni conto che nella prima stesura il film inizia con un incidente spettacolare, del tipo di quelli che ci sono nei mainstream americani. Poi con il passare dei giorni Martedì e Venerdì è diventato un film sui sentimenti e sugli esseri umani per cui renderlo più spettacolare lo avrebbe reso poco credibile. All’epoca di Ghiaccio tante persone ci hanno detto di aver creduto fino in fondo ala storia. Se avessimo infarcito il film di sparatorie e inseguimenti la vicenda di Marino non sarebbe stata reale.

Una realtà diversa

Una delle sequenze più belle e significative è quella che segue all’accordo tra Marino e Cioccolatino. Nell’uscire dal locale la mdp accompagna il protagonista con un piano sequenza dominato da luci al neon che fanno del quartiere una sorta di  piccola Las Vegas. Se a prima vista il tono delle luci sembra conferire energia alla scena in realtà l’artificialità delle cromie o, se vogliamo, la loro freddezza sembra annunciare una realtà differente. Non a caso l’inserto seguente ribalta il senso di ottimismo trasmesso dalle immagini precedenti, con il piano sequenza a camera fissa di Marino all’interno della macchina pronto a rivelare l’isolamento a cui lo ha relegato la decisione di far parte della banda dei rapinatori. 

Sono contento di questa riflessione perché hai colto il senso di una delle scene che preferisco. Parliamo di un momento importante perché rappresenta il punto di svolta del personaggio. Abbiamo deciso di utilizzare le luci al neon perché a me la loro artificialità trasmette tristezza e serve a costruire un senso di vuoto attorno al personaggio. Per noi si trattava di prefigurare la solitudine di Marino all’interno della macchina e l’utilizzo di quelle luci hanno risposto a tale necessità. Peraltro quest’ultima è una condizione che conosco da vicino perché anche nella mia esperienza mi sono ritrovato a passare serate in macchina a piangere e a riflettere dopo aver riaccompagnato mia figlia dalla mamma. Nella sequenza in questione anche la colonna sonora realizzata da Fabrizio Moro va nella stessa direzione perché la musica elettronica non è orchestrata ma sintetizzata, quindi fredda.

Quello è un passaggio del film che sembra fare il verso al neo noir degli anni ’80/’90. Nel suo essere allo stesso tempo parte in causa e corpo estraneo lo sguardo di Marino sul mondo ricorda quello del Marlowe chandleriano.

A me piace molto quando un film riesce a trasmettere a chi lo guarda delle cose a cui magari non avevi neanche pensato. Sentendoti parlare ti do ragione perché in effetti è proprio come dici tu. Quando scriviamo non siamo schematici ma andiamo dove ci porta l’emotività. È chiaro che abbiamo avuto dei film di riferimento anche dal punto di vista del look, e della messinscena ma nell’ispirarci a quelli abbiamo cercato di farli nostri.

Il protagonista

Che Edoardo Pesce sia un attore incredibile è cosa nota. Qui lui presta un perfetto corpo da noir a un’interpretazione che si colora di note fanciullesche. In Martedì e Venerdì il cortocircuito si crea nella rapporto tra un corpo ingombrante e uno sguardo da bambino.

Pur non conoscendolo di persona mentre scrivevamo nella nostra testa avevamo in mente solo Edoardo. Ci piaceva mettere a confronto la sua fisicità con quella della bambina. Per me lui è un talento assoluto. L’unico dubbio era sul fatto che, non essendo padre, potesse faticare a entrare pienamente in quella veste. Quando abbiamo incontrato Edoardo lui aveva già letto la sceneggiatura ed era entusiasta di interpretare un ruolo per lui inedito. Durante le prove ci è bastato un attimo per capire che era andato nella direzione giusta. In più Edoardo è un attore molto propositivo. Arriva da te portandoti cinquanta idee nella convinzione che almeno uno o due possano servire alla costruzione del personaggio. È stato lui a suggerirci cose a cui noi come padri non avevamo mai pensato. Funzionavano perché, come hai detto, lui ha avuto la capacità di svincolare il volto dal resto del corpo. È riuscito a nascondere il ghigno da cattivo per tirare fuori la giusta tenerezza. Determinante poi è stato il rapporto creatosi con la bambina, Aurora Menenti, che, nonostante la sua età, è già un’attrice provetta.

Il cinema di Alessio De Leonardis oltre Martedì e venerdì

Parliamo del cinema che preferisci come spettatore e come addetto ai lavori.

Dipende dai periodi della vita. Storicamente sono sempre stato vicino al cinema tarantiniano anche se poi faccio cose diverse. Del regista americano mi emoziona il modo in cui usa musiche e mdp che è un po’ figlio del cinema di Scorsese, altro regista per me imprescindibile.  Poi amo tantissimo Dino Risi, dicendo sempre che Il sorpasso è il mio film preferito. In quel caso lo sguardo del regista è stato capace di raccontare da solo un’intera epoca. Amo tutto il cinema di Monicelli e facendoti questi due nomi non è un caso che quando mi metto a scrivere parto sempre dalla realtà e su quella costruisco una storia.

Martedì e Venerdì di Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis

  • Anno: 2024
  • Durata: 105'
  • Distribuzione: Medusa
  • Genere: drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Alessio De Leonardis, Fabrizio Moro
  • Data di uscita: 22-February-2024