Presentato in anteprima mondiale alla 74ª edizione del Festival di Berlino, nella sezione Panorama, Diaries of Lebanon (2024) di Myriam El Hajj è un altro tassello filmico sulla recente storia del Libano. Lo abbiamo visto a Firenze grazie a Middle East Now di cui siamo Media partners!
Un documentario, co-prodotto dal Libano, la Francia, il Qatar e l’Arabia Saudita, che, come evidenzia il titolo internazionale, racconta in forma “diaristica” le tragiche vicende politiche e sociali che affliggono il già martoriato paese medio orientale. Ma tratta principalmente delle lotte tenaci di tre cittadini, che combattono per il loro paese.
Tre storie di lotta, da interpretare come azioni d’amore verso il soggetto amato, ossia il Libano.
Questa storia è anche la loro storia: una storia di lotta e resistenza. Proprio come le storie d’amore.
Myriam El Hajj
Diaries of Lebanon, sinossi
Georges, Joumana e Perla Joe appartengono a una generazioni diverse, e ciascuno ha la propria prospettiva su come cambiare la madrepatria, il Libano. Attraverso la guerra, la politica o la rivoluzione.
Tuttavia, mentre il Paese è scosso da sconvolgimenti politici e sociali, i tre protagonisti, attraverso un percorso di ricerca personale, e soprattutto la lotta per sopravvivere, si confrontano con una domanda profonda: “È possibile portare avanti il nostro sogno di fronte a un mondo che si sta sgretolando?”
Il Libano, terra afflitta che cerca la pace
Il Libano è una nazione di appena 10.452 km quadrati. Si affaccia sul mar Mediterraneo e confina a nord ed est con la Siria, e a sud con Israele. Striminzito territorio che fu culla di una delle più importanti civiltà antiche: i Fenici, popolo di navigatori e commercianti.
Nei secoli successivi, fu poi terra di conquista da parte di altre popolazioni più potenti e guerresche, sia per le sue terre fertili e sia per il fondamentale sbocco sul mare. Soltanto nel 1943 divenne uno stato indipendente; nnostante ciò, gli anni a seguire furono ugualmente tumultuosi.
Il Libano odierno è un vulcano, sempre sul punto di eruttare. Guerre civili su guerre civili che si susseguono dal 1975, con brevi intervalli sostanzialmente mai distesivi. Un paese straziato, da cui sarebbe ormai necessario scappare per raggiungere un luogo più sicuro e pacifico. Ma gran parte del popolo ama la propria madre terra.
È questo che ci confida Diaries of Lebanon, che mette al centro tre personaggi di diversa estrazione sociale e di generazioni differenti. Tre punti di vista come possibili soluzioni per riportare la pace in questo paese torturato da dittature e guerre.
Georges reputa la guerra la soluzione migliore per sconfiggere questo orrore. Usare la forza e le armi per debellare i soprusi. Un’idea dettata dal suo passato di soldato, rimasto deluso (ha anche perso una gamba) ma comunque fedele al suo Paese.
Joumana Haddad è un’attivista, che vinse anche le elezioni nel 2018, ma dopo pochi giorni fu osteggiata e sostituita. Per il Libano sarebbe stata una svolta. Joumana ritiene che l’unica arma per arginare questo decadimento e creare un Paese migliore, sia la politica.
Un mezzo che consente, con logica e intelligenza, di gettare le basi per una vera democrazia e di dare al popolo la stabilità che cerca da decenni.
Perla Joe Maalouli è una giovane filmmaker, cantante e fotografa, e rappresenta l’ultima generazione dei Libanesi. Combattente attraverso la sua arte, ma anche nel suo ruolo di attivista. Lei ritiene che per sovvertire lo stato attuale del Libano, è necessaria una rivoluzione. La giusta lotta del popolo contro la corruzione, le diseguaglianze e le violenze. Una rivoluzione significa anche l’unione del popolo.
La regista El Hajj segue questi tre cittadini che rappresentano almeno tre idee di lotta. Tre storie d’amore viste da vicino, senza interferire.