Riscrivere quella che è la tragedia più nota di William Shakespeare è un esercizio, di comprovata complessità, al quale si sono già sottoposti molti autori di cinema e di quant’altro associabile al concetto della creazione di finzione. Romeo è Giulietta, di Giovanni Veronesi, non si sottrae al compito e, pur imparentandosi con lo stesso espediente narrativo presente nel Shakespeare in Love di John Madden, riesce a fregiarsi di una propria solida identità. Non sufficiente, tuttavia, ad ammantare le asperità insite in una sceneggiatura incauta vassalla di una claudicante struttura dei dialoghi. Prodotto da Indiana Production, Capri Entertainment e Vision Distribution, il lavoro di Veronesi annovera un cast di assoluto rilievo capeggiato da Pilar Fogliati e Sergio Castellitto, i due protagonisti.
Le evidenze
Romeo è Giulietta si concentra soprattutto nella ricerca della massima empatia con lo spettatore; gioca molto sulle evidenze, sullo sviluppo del pensiero comune, sulla messa in scena di vizi e virtù di una contemporaneità spicciola. Lo fa con una certa eleganza visiva, senza tuttavia mai scendere troppo in profondità. Si limita alla superficie, giostrando con le parole e le accezioni stereotipate più d’impatto. Gli interpreti vi si adeguano, lottano per trasmettere le emozioni necessarie, faticano nella forsennata ricerca della giusta forza espressiva. Infine, assistono inermi a un esperimento che brucia lentamente la sua formula, manipolando teatro e arti visive, senza mai consentir loro di emanciparsi e tradursi in realtà vivida e credibile.