American Horror Stories nasce come diramazione antologica settimanale dalla serie cult American Horror Story. Entrambe create dal visionario Ryan Murphy, hanno punti in comune e differenze significative. Ecco la nostra analisi. Le serie sono disponibili su Disney+.
American Horror Story, un breve recap
American Horror Story nasce nel 2011 da un’idea di Ryan Murphy e Brad Falchuk come serie televisiva antologica, ovvero una fiction in cui ogni stagione è autoconclusiva, avendo di volta in volta trama, personaggi e ambientazioni differenti.
La serie, tuttora in produzione, vanta ad oggi 12 stagioni, 16 Emmy Awards e 2 Golden Globes.
Tra i punti di forza di American Horror Story, va sottolineato senza dubbio il cast: Jessica Lange, Evan Peters, Sarah Paulson, Emma Roberts e Angela Bassett, per citare alcuni componenti. Gli attori in ogni stagione interpretano personaggi diversi, passando da protagonisti a ruoli di supporto, in un rimescolamento non sempre riuscito ma sicuramente apprezzabile in quanto originalità. Degna di nota è anche la partecipazione straordinaria di Lady Gaga nella stagione 5, Hotel.
AHS mette in scena il lato oscuro dell’essere umano. Una delle citazioni più iconiche della serie è
All monsters are human
che, dopo aver visto le varie stagioni, è forse da intendere nella doppia accezione di “tutti i mostri sono umani” ma anche “tutti gli uomini sono mostri”.
Ogni stagione affronta e sviluppa, molto spesso ribaltandolo, un tema preciso:
Murder House, ambientata nel 2011 in una casa infestata, l’infedeltà e la paranoia;
Asylum, ambientata in un manicomio nel 1964, la follia e la crudeltà;
Coven, 1834/2013 New Orleans, le streghe e la magia;
Freak Show, 1952 a tema circense, la mostruosità;
Hotel, dal 1925 al 2022, il vampirismo;
Roanoke, 2015-2017, l’infestazione demoniaca giocando con il documentario;
Cult, 2016, la politica americana e Donald Trump;
Apocalypse, 2020, l’apocalisse nucleare;
1984, ambientata nel 1984, il fenomeno dei killer seriali;
Double Feature, 2021-1954, gli extraterrestri e ancora una volta le creature mostruose;
NYC, 1981, omicidi a sfondo omofobo;
Delicate, oggi, la maternità;
AHS è entrata a far parte del panorama televisivo mondiale grazie ad una solida idea di partenza e un’ottima realizzazione, merito soprattutto del cast impeccabile di ogni stagione.
Tra le tessere che contribuiscono tutt’oggi a renderla una serie cult c’è sicuramente l’immancabile sigla, che da subito immerge lo spettatore in uno stato inquieto e insieme affascinato. In ogni stagione la musica rimane la stessa, ma cambia la grafica degli opening credits, caratterizzati dagli elementi chiave della stagione in questione.
American Horror Stories
Con un titolo forse troppo simile all’originale ma sicuramente efficace, nel 2021 fa il suo ingresso in scena American Horror Stories, in cui le storie sono appunto molte di più, una nuova per ogni episodio.
Cavalcando l’onda di successo di Black Mirror, Ryan Murphy opta per episodi autoconclusivi e senza continuità di trama. I temi affrontati sembrano ruotare intorno ai freak, personaggi inquietanti molto cari all’ideatore della serie, alla tecnologia deleteria e alla malvagità intrinseca degli esseri umani.
Ogni episodio affronta un tema molto preciso e lo sviluppa fino alla fine, attraverso colpi di scena e svolte narrative a volte più riuscite e altre più prevedibili.
American Horror Stories 3
La terza stagione della serie si concentra, nei primi 4 episodi, su solitudine, mostruosità, esasperazione e tecnologia mortale.
Una grande attenzione viene data ai temi di attualità, a partire dalla natura invasiva della tecnologia, in crescita costante, fino ad arrivare al lockdown e alle conseguenze psicologiche sull’essere umano.
Il primo episodio, La Migliore Amica, offre interessanti spunti di riflessione sull’influenza negativa che le persone più carismatiche possono avere sui più deboli, fino all’assuefazione totale che porterà a gesti sempre più estremi.
Il secondo episodio, Daphne, analizza a fondo il rapporto uomo-macchina, approfondendo l’osservazione sull’intelligenza artificiale e sulla sua invasività parassitaria nelle vite umane.
In generale, a differenza di American Horror Story, le varie stagioni di questo spin-off risultano più deboli e meno coinvolgenti, forse proprio per la natura chiusa autoconclusiva dei singoli episodi.
Ma ancora più in generale, i toni brillanti e strabilianti delle primissime stagioni della serie originale sono ormai echi lontani anche per quanto riguarda AHS canonica, in evidente calo dalla quinta stagione (Hotel) in avanti, con una ripresa nella settima (Cult) e una stabilizzazione, al di sotto del livello qualitativo delle prime, dall’ottava stagione in poi.
In ogni caso a Ryan Murphy va il grande merito di aver reso pop il genere horror nella serialità, vestendolo di sex appeal ed erotismo lontani dal kitsch che spesso assume la controparte cinematografica, fino a rendere cult le sue American Horror Stories.