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Approfondimenti

Una retrospettiva su Sebastián Silva

Alla scoperta del regista cileno Sebastian Silva, hipster dell'assurdo, a cui MUBI Italia ha da poco dedicato una retrospettiva.

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“La teoria del caos.” Così MUBI introduce alla retrospettiva su Sebastián Silva, una delle giovani voci più promettenti del cinema sud-americano indipendente. Cileno, originario di Santiago, Sebastián è nato nel 1979. È il secondo di sette fratelli e a soli 44 anni vanta la scrittura e la regia di ben dieci lungometraggi. Come se non bastasse, è anche un’illustratore promettente e un musicista.

Satire sul sistema artistico, (omo)sessualità, depressione e droghe: sono queste le tematiche per cui Silva si è fatto conoscere al grande pubblico. Minimo comune denominatore di questi argomenti è proprio il caos, l’assurdo, la stranezza nella vita di tutti i giorni. I personaggi di Silva sono eccentrici, tormentati. E le sue storie tradiscono sempre le aspettative, portando lo spettatore attraverso sentieri imprevedibili e illogici; mettendolo insomma alla prova, per sondare il confine tra piacere e disgusto, divertimento e alienazione. 

Il cinema di Silva non è per tutti, ma è un tipo di cinema, nella sua assurdità, che ritrae con intelligente verosimiglianza le generazioni di oggi. 

La vita di  Sebastián Silva

Sebastián è cresciuto e si è formato in Cile. Si è poi trasferito in Canada per studiare recitazione e successivamente a Los Angeles per ritagliarsi un suo spazio nell’industria cinematografica. Ha discusso i suoi progetti con personalità del calibro di Spielberg, ma quello che doveva essere il suo trampolino di lancio si è trasformato in un periodo ‘frustrante’ e privo di risultati concreti. È quindi ritornato in Cile e qui ha iniziato a realizzare piccoli lungometraggi a basso budget, riscuotendo fin da subito un discreto consenso. Il suo secondo film, The Maid (2009), è stato premiato al Sundance e nominato ai Golden Globes. 

Da lì in poi, lo stile di Sebastián ha continuato ad affinarsi. Si è consolidato il genere della commedia, il gusto per il ridicolo e per l’assurdo, la tendenza alla de-costruzione e alla sottrazione. Influenzato certamente dalla sua arte (le sue illustrazioni sono state esposte a New York e a Città del Messico), Silva propone una riflessione sulla società, allontanando la noia e l’omologazione, e spingendo sulla naturalezza e il divertimento. 

Filmografia di Sebastián Silva

Life Kills Me (2007)

Il primo lungometraggio, scritto con Pablo Peirano e soprattutto prodotto da Pablo Larrain, oggi forse il regista cileno più riconosciuto a livello internazionale.

Dopo la morte del fratello, Gaspar conosce Alvaro, un ragazzo ossessionato dalla morte. Inconsolabile per il lutto, Gaspar si convince che il fratello si sia reincarnato in Alvaro. Inizia dunque un viaggio, cui destinazione oscilla tra il superamento della morte e la morte stessa.

Silva adotta il bianco e nero, una scelta che ritornerà anche in futuro. Così come ritorneranno anche i discorsi sulla morte, i personaggi sopra le righe, le situazioni e i pretesti folli. Un primo fortunato esempio di ciò che Silva è in grado di fare e poi farà.

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The Maid (2009)

Titolo originale La nana. Continua il sodalizio con Pablo Peirano alla sceneggiatura. Il film si ispira al periodo che Sebastián ha trascorso a Los Angeles. 

Rachel lavora come cameriera per la famiglia Valdez da ventitré anni. Si considera parte integrante della famiglia: è leale con i suoi datori di lavoro, scherza con il figlio adolescente Lucas e litiga con la minore Camilla. L’idillio si rompe quando la famiglia decide di assumere una seconda cameriera, Lucy. Rachel comincia a temere che presto si sbarazzeranno di lei e decide di non rimanere con le mani in mano.

Premiato al Sundance Festival 2009, al Satellite Awards e al National Review of Motion picture Awards, The Maid è approdato nelle sale italiane dopo che il Torino Film Festival ha decretato Catalina Saavedra, la protagonista del film, miglior attrice. A buon veduta, perché La nana è un divertente psicodramma domestico, costruito per mezzo di diabolici dispetti che dal punto di vista narrativo funzionano e coinvolgono.

Si segnala che il ruolo di Lucas, il figlio adolescente, è stato ricoperto da Augustìn Silva, il fratello più piccolo del regista. È il primo film in cui Sebastián convoca sul set uno dei suoi fratelli, ma non sarà l’ultimo. 

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Crystal Fairy and the Magical Cactus (2013)

Un film nato per caso, pianificato in una settimana e perlopiù improvvisato. L’attore Michael Cera stava passando qualche mese a casa della famiglia Silva per imparare la lingua e la cultura cilena, quando a Sebastián è venuta l’idea per un film. I due hanno telefonato a Gaby Hoffman, lei ha accettato e li ha raggiunti nel giro di qualche giorno. La pre-produzione di questo film è durata una settimana. Una settimana sotto lo stesso tetto, durante la quale la Hoffman disegnava, i Silva Brothers suonavano la chitarra e Sebastián preparava l’attrezzatura. Di questo si è trattato. 

La storia segue la vicenda di Jamie, un cultore di sostanze stupefacenti, che intraprende un viaggio lungo il Cile alla ricerca di un cactus locale dai principi allucinogeni. A tenergli compagnia in questo viaggio nel deserto ci sono il suo amico Champa, i suoi due fratelli e la Fata Cristallina, un’eccentrica ragazza americana conosciuta la sera prima di partire ad una festa.

Champa e i suoi due fratelli sono stati interpretati da Juan Andrés, José Miguel e Agustín Silva, i fratelli di Sebastián. Questo, unito a quanto detto finora sulla pellicola, può forse rendere l’idea di ciò che è film. Un commedia on the road che tende all’assurdo, genuina e poco pretenziosa. Non sorprenderà il fatto che, nelle scene di allucinazione, gli attori erano per davvero sotto effetto di sostanze psichedeliche. Forse per questo Gaby Hoffman e Michael Cera convincono. È la storia che traballa, che non prende mai una direzione precisa. Per il contesto in cui nasce il film però, non si può neanche chiedere troppo.

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Magic Magic (2013)

Questo film è il motivo per cui Michael Cera si trovava in Cile per imparare la lingua. Magic Magic ricalca le tematiche e l’atmosfera di Crystal Fairy and The Magic Cactus, ma con un’approccio e un esito diverso.

Alicia (Juno Temple) arriva in Cile per ricongiungersi con la cugina Sarah (Emily Browning). Le due devono partire per un viaggio nell’entroterra cileno con alcuni amici di Sarah, ma quando quest’ultima si trova a rimanere bloccata in città, Alicia decide di partire comunque. Al suo fianco Augustin, l’amico Brink e la fidanzata Barbara.

Magic Magic si configura come un thriller psicologico. È un’esplorazione della psiche di Alicia, messa a dura prova  da attacchi di panico e paranoie. La tendenza all’assurdo rimane, come nel film precedente, ma qui non c’è via di fuga. Alicia si consuma lentamente, situazione dopo situazione, in un inesorabile declino della sua personalità.

Nasty Baby (2015)

Prodotto da Pablo Larrain, Nasty Baby è stato presentato al Sundance Film Festival successivamente e premiato a Berlino con il Teddy Award. 

Freddy (Sebastián Silva) e Mo (Tunde Adebimpe) sono una coppia omosessuale e stanno cercando di avere un figlio grazie all’aiuto della loro amica Polly (Kristen Wiig). La situazione però si complica. Poiché Freddy ha pochi spermatozoi, il ruolo del donatore passa a Mo. Durante i novi mesi di gravidanza, il trio si trova ad affrontare sfide personali e non. Primo fra tutti, il vicino di casa, il “Vescovo”, che gradualmente comincia a mostrare segni di aggressività e molestia. 

Silva conferma in questo film la sua imprevedibilità. Nasty Baby non è classificabile in nessun genere: i conflitti sono imprevedibili, i risvolti narrativi inaspettati, i personaggi eccentrici. La domanda “dove mi stai portando?” è costante e non trova mai una risposta. Tra momenti di follia quotidiana e una ricerca analitica nella psicologia dei personaggi, Silva porta sullo schermo una molteplicità di problemi e interrogativi nei quali è facile perdersi. 

I film minori di Silva: Madley (2016), Tyrel (2018) e Fistful of Dirt (2019)

Dopo Nasty Baby, Silva realizza Dance Dance Dance, il terzo capitolo di un film antologico a episodi, Madly (2016). Gli altri registi della pellicola sono: Anurag Kashyap, Mia Wasikowska, Sion Sono, Gael García Bernal e Natasha Khan. Il filo conduttore del film sono le relazioni umane, specialmente quelle familiari, e le sfide personali. Ci sono la tematica della sessualità e del matrimonio, la maternità e la rottura di una relazione. 

I due film successivi, Tyrel e Fistuful of Dirt, realizzati rispettivamente nel 2018 e nel 2019, non funzionano come sperato, consolidandosi come due film minore nella filmografia del regista. Tyrell è la storia di una festa di compleanno in compagnia di sconosciuti, in cui la discriminazione si unisce all’assurdo. Un sentiero che bene o male Silva aveva già esplorato in Magic Magic e che offre poco di più. Fistuful of Dark merita di essere ricordato soprattutto per essere stato il primo film prodotto a Porto Rico dopo la devastazione dell’uragano Maria nel 2017. È la storia di Yei Yei, un bambino dodicenne che si trova a dover affrontare le conseguenza della catastrofe naturale: la distruzione della casa e la perdita di alcuni membri della sua famiglia. 

Rotting in the Sun (2023)

Dopo quattro anni di assenza, Sebastian Silva ritorna sul grande schermo con quello che, al momento, è il suo capolavoro. 

Il film, strutturato come un falso biopic, racconta la depressione del suo regista. Tra fallimenti professionali e dipendenza da droga, Sebastian comincia a meditare il suicidio. Si reca in una spiaggia per nudisti e qui conosce Jordan Firstman (anche lui interpretato da se stesso), un noto influencer, che gli propone di iniziare a collaborare. I due si mettono d’accordo per vedersi a casa del regista. Così però non andrà, perché al momento dell’arrivo, Jordan scopre che Sebastian è scomparso. 

Rotting in the Sun contiene e porta ad evoluzione tutte le tematiche care a Silva. La depressione (artistica e non), scandita non tanto come condizione mentale, ma come condizione sociale. Silva non trova conforto. È circondato da persone che riescono a trovare dei rimedi (seppur palliativi) alla sofferenza. Rimedi che però, per lui, non valgono. Di fronte all’ipotesi del suicidio, nessuno si allarma. “Può essere”, dice qualcuno;“ ci scherzava spesso”, aggiunge qualcun altro. La nota interessante è che il regista non mitizza il nichilismo altrui. Lo ritrae per quello che è. E anzi lo contesta. Jordan parte fregandosene di tutto, ma il suo punto di arrivo è ben diverso. 

Non manca il tema della satira. La critica precisa, ma non spietata, al sistema arte. Silva affonda il colpo sulle case di produzione, colpevolizzandole di appoggiare i fenomeni di massa piuttosto che le intuizioni degli autori e di essere mosse dal solo istinto di garantirsi ritorni economici certi e senza rischio, a scapito di una vera forma di cultura.

Presentato al Sundance Film Festival, Rotting in the Sun tocca anche il tema della morte. Ma di fatto è un film vivo e carico di energia.

QUI LA RECENSIONE COMPLETA

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