Tra canto e ballo, al cinema, un nome su tutti è quello di John Travolta. L’attore e cantante statunitense che il 18 febbraio compie 70 anni ha interpretato vari ruoli nella sua ricca carriera cinematografica. E tutti hanno sempre percorso un doppio binario: quello del ballo e della recitazione.
L’amore per i musical: da La febbre del sabato sera a Grease
È La febbre del sabato sera del 1977 a lanciare un giovane John Travolta (solo due anni dopo il ruolo minore ne Il maligno, 1975) appena 23enne, nel ruolo del 19enne italo-americano Tony Manero.
Da commesso in un negozio di vernici ad assiduo frequentatore (ogni sabato sera) insieme ai suoi inseparabili amici, della discoteca Odyssey 2001, Tony scopre qui la sua abilità nella danza. È Manero che fa scoprire Travolta al pubblico, mettendo per la prima volta in risalto anche la dimensione del ballo, oltre a quella già esplicita della recitazione. Si tratta solo dell’inizio, che segna la strada fino alla meta: il ruolo di Danny Zucco in Grease.
Anno 1978, Grease (Brillantina) sarebbe diventato successivamente nell’immaginario collettivo il musical di riferimento, non solo per la maggior parte di quelli a venire, ma per l’intero panorama cinematografico. Maggiori rispetto a La febbre del sabato sera, in questo caso, le scene di ballo in cui Travolta ha potuto mostrare le sue doti di ballerino. La storia d’amore con Sandy Olsson (la compianta Olivia Newton-John) attraversa lo scenario musicale e rafforza la sua credibilità narrativa e visiva, tanto che – proprio sul finale – è l’amore a trionfare, nel ballo. È il sentimento amoroso, infatti, a permettere ai due protagonisti di vedersi, riconoscersi, scoprirsi e da ultimo, trovarsi. Un amore che si esprime attraverso il ballo, il corpo. Un amore in grado di superare stereotipi, facili letture della realtà ed anche personali fragilità.
La consacrazione con Pulp Fiction: la scena di ballo in coppia con Uma Thurman
John Travolta nel ruolo del gangster Vincent Vega in Pulp Fiction (Tarantino, 1994) ha 40 anni. Sarà questa pellicola a rilanciare la figura dell’attore, ormai maturo, dopo un periodo non positivo.
È ancora una volta il ballo, nella pellicola, a mostrare in un primo momento e raccontare, subito dopo, l’evoluzione personale del protagonista. Dapprima criminale al fianco dell’inseparabile Jules Winnfield (Samuel L. Jackson), fino a dover svolgere un particolare compito per conto del suo capo: intrattenere la moglie Mia Wallace (Uma Thurman). Qualcosa però è cambiato rispetto a Grease: qui la danza non è veicolo di alcuna trasformazione interiore, almeno non di Vincent. Ad attraversare una fase di conversione è infatti il compagno Jules, che è convinto di essere stato testimone di un vero e proprio miracolo. Se Vincent non capisce quanto accade all’amico, riesce comunque ad instaurare un legame con la moglie del suo capo, la famigerata Mia Wallace.
Non a caso, all’apice di questa nuova consapevolezza, Vincent riesce ad ottenere la vittoria ad un contest di ballo in un locale di Los Angeles proprio in compagnia di Mia. Così come in Grease è ancora la condivisione umana ed emotiva (qui non amorosa), che trova la sua massima espressione nel ballo, a garantire solidità narrativa e visiva necessaria alla struttura filmica.
Una scena, quella del ballo di twist di Travolta e Thurman sulle note di You never can tell (brano di Chuck Berry) che rimarrà nella storia del cinema: basti pensare che Pulp Fiction è il film più redditizio di Tarantino. Da ultimo, come un cerchio che si chiude – e che chiama in causa ballo, recitazione e crescita personale – proprio la scena di ballo in Pulp Fiction ha precisi quanto facili riferimenti alle sequenze di ballo de La febbre del sabato sera.