‘Fargo 5’ : la Recensione della serie Sky Atlantic
Violenza, rapimenti, fedeltà e rivisitazione del cult dei fratelli Coen. Non tutto funziona come dovrebbe in questa nuova stagione in chiave girl power
Su Sky Atlantic si conclude l’attesissimo Fargo 5. Ideato e diretto dallo showrunner Noah Hawley, nel cast troviamo la protagonista Juno Temple affiancata da Jennifer Jason Leigh, Jon Hamm e Joe Keery.
Il TRAILER – Fargo 5
Fedeltà e dissonanza – Fargo 5
Quando nel lontano 2014 la Fx decise di far rivivere in forma seriale il cult dei fratelli Coen, l’entusiasmo iniziale lasciò il posto ad una paura confermata poi nelle successive stagioni: riuscire a dare nuova linfa ad una serie antologica che riportava lo stesso plot in perpetuo. Dopo i disastri delle ultime stagioni, Hawley doveva dare una scossa che rivitalizzasse lo show senza perdere il marchio di fabbrica. E scossa fu. Fargo 5 ci inganna inizialmente recuperando similarmente in pianta stabile le radici del format d’origine. Il disclaimer ci avverte che assisteremo ad una storia tra finzione e realtà dove nomi e fatti reali sono stati modificati ( siamo sempre nel Minnesota ma nel 2019). I personaggi della stagione ricalcano quelli del film. Il marito della protagonista, buffo e umile nella forma, riprende la figura interpretata da William H. Macy nel film, oltre a condividere lo stesso lavoro, quello di venditore di automobili. Va aggiunto il classico espediente del rapimento andato male e i paragoni con Fargo il film finiscono già qui.
L’ultima stagione decide infatti di revisionare la monotonia del format per darne nuova vita nello specchio dei tempi. Fargo 5 vive infatti della decostruzione di se stesso in chiave femminista. La protagonista Dot, interpretata da una notevole Juno Temple , è il fulcro della serie e anche il centro della rivisitazione. Il rapimento mancato di cui è oggetto rivela la fuga della doppia vita di Dot. Una vita di abusi e violenze in un regime patriarcale da cui è scappata per una doppia vita col nuovo marito Wayne. Pian piano che gli episodi prendono piede notiamo la tendenza di Fargo 5 a distaccarsi dal film dei Coen, di cui mantiene atmosfere e toni, per una corsa tra due duellanti. La mascolinità tossica e l’emancipazione femminile.
Il problema di Fargo 5: lo sceriffo Tillman
La modifica di Fargo 5 rianima indubbiamente un plot che nelle ultime stagioni sembrava arenato su se stesso, ma pone allo spettatore il problema di cosa si stia guardando. Perché in questa stagione il pur bravo Noah Hawley, furbescamente ci fa guardare qualcos’altro. Una battaglia tra sessi e il tema della violenza sulle donne come unica tematica esistente. Lo fa attraverso la creazione di un personaggio duro, colorito e spietato com’ è lo sceriffo della contea di Stark, Roy Tillman. Il bravo Jon Hamm è un personaggio trumpiano fino al midollo. È un re in uno stato repubblicano dove tutto è concesso. Ma solo a lui. Si erige a giudice e giustiziere tra marito e moglie, premiando il servilismo della donna e punendo la troppa irriconoscenza dell’uomo.
La sua contea è un mini stato dove i federali hanno le mani bloccate e Tillman si comporta come un boss senza regole, pronto ad armare i suoi sicari e le sue truppe anche contro il governo centrale. Fargo 5, avendo per oggetto la rincorsa tra fuga e possesso patriarcale tra i due veri protagonisti (ossia lo sceriffo e l’abile ex moglie Dot), pone la serie tra più sottotrame che insistono sul maschio alfa e in altri punti su componenti più politiche. La serie subisce il fascino del male e della sua potenza direzionando il proprio percorso sulle follie del personaggio di Hamm. Ossessivo nella caccia della sua Dot, trattata come una marionetta della quale solo lui può avere il controllo, ed estremo nella mutazione del suprematista bianco che per nulla al mondo accetta di piegarsi allo Stato americano rischiando di trasformare la sua contea in un vero e proprio Far West.
Eroine femministe
Dorothy “Dot” è un’amorevole casalinga che sorride e fa ottimi biscotti. È una guerriera che a suon di pallottole e trappole disseminate per casa difende la sua nuova famiglia e la sua attuale vita. È un’eroina action Dot che sottolinea ed evidenzia fin da subito la doppia lettura di Fargo 5. Offesa e difesa del girl power. Due linee di un personaggio femminile che accompagnano Dot nella sua ricostruzione e nell’eliminazione definitiva dei suoi fantasmi. Per farlo Fargo 5 deve ricordare a Dot chi era e lo fa tramite la sua breve fuga e con l’aiuto dello standalone. Il confronto con la prima moglie dello sceriffo, Linda, diventa un confronto e un ammonimento mediante il teatro delle bambole. Dot si da ancora più forza attraverso la componente teatrale che con originalità sostituisce l’ellissi del flashback, permettendo alla protagonista di rivelare la verità dietro la violenza.
Ma Fargo 5 è anche lo scontro/alleanza tra due donne che nascono opposte. Lorraine, la matriarca e madre di Wayne oltre che CEO di una florida azienda di recupero crediti, parte come contraltare per il personaggio di Dot pronta a tutto per smascherarla e allontanarla dal figlio. Ma la sorellanza ha il sopravvento mutandosi in alleata e poi giustiziera sadica facendo pagare le colpe al misogino sceriffo. Lo sguardo femminile dell’ultima stagione diventa una sorta di educazione femminista rieducando l’universo maschile. Come accade al sicario Munch, psicopatico e con tendenze spirituali, rivisitazione di Buscemi nel film e di Thornton nella prima stagione, anche lui mutato da antagonista in alleato nella riscoperta dei buoni sentimenti da parte della Dot tornata casalinga e madre di famiglia.
Fargo 5 riesce nella sua operazione di attualizzarsi ai tempi, rigenerandosi e riprendendo vita ma, eccedendo in un’eccessiva manipolazione di se stesso, perdendo il suo impianto d’origine ci fa chiedere se abbia ancora senso il titolo dei fratelli Coen.
Scrivere in una rivista di cinema. Il tuo momento é adesso!
Candidati per provare a entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi drivers