L’ultima volta che siamo stati bambini segna l’esordio di Claudio Bisio alla regia. Il film affronta il tema della deportazione degli ebrei dal punto di vista di quattro bambini uniti da una sincera amicizia. Disponibile su Prime Video.
L’ultima volta che siamo stati bambini:La trama
Ambientato a Roma nel 1943, in pieno periodo di dittatura fascista, il film ha per protagonisti Italo (Vincenzo Sebastiani), Cosimo (Alessio di Domenicantonio), Riccardo (Lorenzo Zani) e Vanda (Carlotta de Leonardis). Legati da un “patto di sputo”, i quattro bambini giocano alla guerra e si interrogano su cosa fare da grandi.
La loro amicizia viene messa alla prova quando Riccardo, ebreo, sparisce improvvisamente e il gruppo di amici decide di partire per la Germania e andare a salvarlo.
L’introspezione del viaggio
Il viaggio diventa l’occasione per approfondire il legame e il passato dei protagonisti. Se all’apparenza Italo è quello nella condizione migliore, in realtà deve fare i conti con un padre severo che non lo stima e con un fratello maggiore nei confronti del quale non si sente all’altezza. Cosimo ha perso la madre e vive col fratello più piccolo dal nonno. Vanda invece vive nell’orfanotrofio gestito dalle suore e spera che qualcuno la adotti. Durante il cammino, mentre seguono il tracciato della ferrovia come un sentiero, il loro passato e la voglia di riscatto emergono con forza. Stessa sorte anche per Suor Agnese e Vittorio, il fratello di Italo, che si mettono sulle tracce dei bambini per riportarli a casa. La compagnia forzata per entrambi diventa occasione di sostenuti scambi di idee sul fascismo e sulla religione.
Un’Italia devastata
Ne l’ultima volta che siamo stati bambini emerge soprattutto il ritratto di un paese devastato dal conflitto. Le città ferite dai bombardamenti mostrano case e cascinali diroccati e ovunque si respira aria di povertà. Persino i bottoni sono considerati come un tesoro prezioso. A magri raccolti si accompagnano volti smunti dalla fame, famiglie ridotte alla miseria senza il cibo per i loro figli. I giovani sono costretti ad abbandonare le loro case per andare a combattere al fronte una guerra lontana ed estranea. Tutta questa rabbia fomenta anche i moti partigiani, anche se il film accenna solo in parte a questo argomento.
I treni
Viene spesso messo l’accento sul pessimo stato delle linee di trasporto italiane, quasi inagibili a causa dei bombardamenti. Anche l’utilizzo delle linee telefoniche risulta problematico. I comandanti tedeschi si lamentano spesso che “non viene fatta manutenzione”. Tuttavia il treno è il mezzo preferito dai nazisti per trasportare in Germania gli ebrei rastrellati dai ghetti e viene adoperato con spietata efficienza nonostante le difficoltà.
L’ultima volta che siamo stati bambini: il punto di vista dei bambini
La guerra viene affrontata in maniera inconsapevole e spensierata dai bambini. Giocano a fare il soldato, fucilare il disertore e hanno il costante desiderio di vincere medaglie per dimostrare il loro valore. La semplicità e l’innocenza del mondo in cui vivono permette loro di essere al sicuro dagli orrori della guerra. All’atmosfera quasi fiabesca di alcune situazioni, come la tenda montata sui campi per proteggerli dal buio della notte e da ciò che c’è “fuori”, misterioso e incontrollabile, si oppone la gravità della guerra e un senso di minaccia costante, a ricordare il contesto atroce in cui si svolge il film. Anche il semplice gesto di utilizzare la tovaglia richiama l’idea di famiglia e dello stare insieme che non esiste più. I protagonisti non saranno più gli stessi dopo quest’avventura e smetteranno di essere bambini.
In conclusione
L’ultima volta che siamo stati bambini è un film a metà tra la commedia e il dramma, che tratta con un apparente leggerezza il tema della guerra e della deportazione attraverso gli occhi dell’innocenza e che porta lo spettatore a domandarsi quando è stata l’ultima volta in cui ci siamo sentiti bambini.
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