Reviews
‘Il ragazzo e l’airone’: la Recensione
Un racconto catartico sul peso del passato
Published
10 mesi agoon
Il nuovo lungometraggio firmato Hayao Miyazaki, uscito nelle sale italiane il 1° gennaio, è diventato subito un grande successo. In Italia ha contato più di un milione di spettatori nei primi due giorni di proiezione. Per non parlare delle numerose candidature, tra cui gli Oscar 2024, e la recente vittoria ai Golden Globes. L’ipotetica “ultima” opera di Miyazaki aveva già ottenuto ottimi risultati alle prime proiezioni giapponesi, nonostante l’iniziale mancanza (voluta dallo stesso regista) di trailer e pubblicità. Oltre i record al botteghino e le diverse candidature, Il ragazzo e l’airone continua a far parlare molto di sé.
Nello stesso anno d’uscita del suo ultimo progetto, Si alza il vento (2013), il regista aveva annunciato in conferenza stampa a Venezia il suo ritiro dalle scene. Un ritiro breve, poiché durato solo tre anni: Miyazaki è tornato a rimboccarsi le maniche nel 2016 per Il ragazzo e l’airone. E, probabilmente, neanche questa nuova produzione sarà l’ultima, ma è ancora tutto da vedere. Intanto, dopo dieci anni, il Maestro Miyazaki ha indubbiamente dato vita a un nuovo capolavoro.
Il ragazzo e l’airone: di cosa parla
Tokyo, 1943. Il dodicenne Mahito Maki perde la madre in un incendio nell’ospedale dove lavorava. In seguito alla sua morte, la famiglia si trasferisce in campagna, dove Mahito dovrà cambiare scuola e accettare la sorella di sua madre come nuova figura materna. Di fatto, la zia Natsuko sposa suo padre, Shoichi, e per di più porta in grembo un fratellino. Ancora sconvolto dalla perdita della madre e da questi cambiamenti improvvisi, Mahito agisce a seguito di un contesto di dolore e rabbia. Sentendosi messo da parte anche a scuola, si colpisce alla testa con una pietra in un momento quasi autolesionista.
Inizia così un racconto di formazione, dove il giovane dovrà affrontare il proprio dolore e un mondo che non si ferma nonostante gli addii. Al suo arrivo nella nuova dimora, compare un airone, un uccello sprezzante che inizia a stuzzicare Mahito, e che svolgerà un ruolo fondamentale nella storia. Intanto, Mahito sogna di continuo la madre, la quale lo chiama in aiuto mentre viene inglobata dalle fiamme. Quando Natsuko scompare, il ragazzo segue l’airone fino a una torre, il cui ingresso richiama l’Inferno dantesco, e che segna l’ultimo posto dove è stato avvistato il prozio-stregone di Mahito prima della sua scomparsa.
La narrazione prosegue su linee metaforiche e richiami alle precedenti opere dello Studio Ghibli. Durante la ricerca della zia perduta, si sciolgono i nodi del passato, ma anche del futuro, del protagonista. Il tutto accade grazie a incontri e rapporti significativi con personaggi, mondi stravaganti e tropi tipicamente adolescenziali ma dal retrogusto amaro. Il ragazzo e l’airone delinea gli archetipi di un racconto di formazione, ma si sviluppa in qualcosa di più: un inno alla bellezza del mondo e del dolore che questo porta con sé.
Gli elementi autobiografici
Come già noto a moltissimi fan dello Studio Ghibli, Il ragazzo e l’airone è un’opera complessa che funge da semi-autobiografia dell’autore. Inoltre, in pieno stile Miyazaki, il film si arricchisce di simboli e parole non dette, ma che emergono man mano che si compongono i pezzi di puzzle dispersi per la storia. Si parte dagli aneddoti più noti, come il lavoro del padre di Miyazaki, il quale costruiva aerei da combattimento durante la guerra, il trasferimento in campagna e la morte della madre durante la sua adolescenza. Questi sono solo alcuni degli elementi autobiografici presenti, anche se, naturalmente, in maniera romanzata.
Lo stesso nome “Mahito” (ovvero “sincero”) è un richiamo all’autore, noto per il suo carattere schietto e senza peli sulla lingua. Nel film, Mahito viene descritto, di fatto, come un ragazzo diretto che “puzza di morte”, alludendo così agli elementi più significativi della sua vita. Inoltre, le figure di rilievo per Miyazaki prendono forma attraverso i diversi personaggi del film. Tra questi Himi, un richiamo esplicito alla madre, oppure l’airone che, a detta del collega Toshio Suzuki, rappresenterebbe sé stesso e il loro rapporto. Un legame non molto intimo, competitivo e confinato a livello lavorativo, ma fatto di stima e rispetto reciproco.
Un viaggio simbolico
Proprio come un airone, la storia dispiega le ali, prendendo il volo lungo lo svolgimento degli eventi. Inizialmente, Mahito si confronta con la sua nuova vita, anche se la tranquilla esistenza pastorale è punteggiata dall’instabilità emotiva e dall’invasione minacciosa dell’airone, che lo deride con messaggi criptici e avvertimenti intimidatori. Man mano, la storia si trasforma in un viaggio catartico e immenso. Il ragazzo e l’airone diventano qui una coppia improbabile, coinvolta in una ricerca esistenziale per salvare le madri del passato e del presente.
Questo viaggio non attraversa solo mondi meravigliosi (tra cui una città marinara spettrale e un regno governato da parrocchetti), ma anche l’intera carriera di Miyazaki. Si percepisce il desiderio di libertà della Principessa Mononoke, e il passaggio al mondo adulto de La città incantata. Per non parlare del regno del cielo dove il futuro è in bilico, che ricorda il Castello di Laputa. Sono familiarità che non vengono riproposte per attrarre il pubblico, ma come omaggio a ciò che ha reso Miyazaki l’artista che è oggi. Non solo: dimostrano come le tracce che lasciamo nel mondo non si disperdono nel nulla, ma ci accompagnano e guidano durante nuove avventure.
È impossibile non percepire il film come un caleidoscopico autoritratto. Un coming-of-age molto maturo, indirizzato non tanto ai più piccoli ma a chi, come il regista, desidera guarire il proprio bambino interiore senza, tuttavia, perderlo di vista. Miyazaki riflette sul suo regno di sogni e follia, diffidando del rischio che crolli o cada nelle mani sbagliate. Questo perché mette in discussione il nostro legame con noi stessi e la vita.
La vita dopo la morte
Il titolo originale del film si traduce con “Come vivrete?”, ed è tratto dall’omonimo romanzo del 1937 di Genzaburo Yoshino. Il film prende qui spunto dai suoi insegnamenti, i quali hanno influenzato l’adolescenza di Miyazaki. Inoltre, il romanzo fa una breve apparizione durante la storia, arricchendo così gli elementi autobiografici.
Come già accennato, il regista ha incominciato a lavorare a questo nuovo progetto nel 2016, tre anni dopo l’uscita di Si alza il vento (2013). Tuttavia, la morte improvvisa di Isao Takahata nel 2018 sconvolge totalmente lo Studio Ghibli e il progetto in corso. Takahata è sempre stato una figura fondamentale nella carriera di Miyazaki, il quale lo considerava un vero e proprio mentore. Fu, infatti, Takahata a coinvolgerlo nel progetto Ghibli, di cui è ora la persona più influente. Come raccontato da Toshio Suzuki, altro pilastro della casa cinematografica, tutt’oggi Miyazaki sente il peso della morte del suo amico. La storia originale è stata completamente stravolta e, di fatto, la figura dello stregone, ispirato al mentore del regista, avrebbe dovuto godere di un ruolo maggiore. Questo evento significativo, unito ai diversi elementi biografici presenti (in particolare la morte della madre), rappresenta un elemento focale per il messaggio finale del film.
Ne Il ragazzo e l’airone si ripercorrono gli attimi, le figure e i paesaggi che hanno rappresentato l’infanzia e la crescita personale dell’autore. Quest’ultimo, ormai anziano, e confuso riguardo il suo futuro artistico, non può che porsi una sola domanda: “Come vivremo?” Una domanda fondamentale non solo per il proprio rapporto col passato, ma anche in luce dei diversi e complessi eventi storici, tra i quali la guerra, che funge qui da sfondo ma che, ancora oggi, rappresenta un argomento quotidiano per tutti. In questo contesto storico-sociale, il futuro prende la forma di un grande punto interrogativo.
Un manifesto d’amore
La storia è ciclica, e così la nostra vita. Con lo stesso senso di smarrimento e la tenacia del sé adolescente, Miyazaki cerca di trovare una soluzione a questo mistero che chiamiamo vita. E nel far ciò, tenta di dar voce ai suoi sentimenti. Perso Takahata, Miyazaki si chiede se abbia seguito davvero le orme del suo Maestro e se, dopotutto, sia così sbagliato ritirarsi dalle scene. Nonostante si vociferi un possibile riferimento all’incapacità del figlio Goro di continuare il lavoro paterno, in realtà non c’è nessun erede, se non il regista stesso. È Miyazaki che rimugina sul suo ruolo e, intanto, si rende conto di una cosa fondamentale: la morte non condanna a nessuna responsabilità. Non siamo obbligati a far nulla pur di mantenere vivo il ricordo di chi ci ha lasciato, ma a tenerci stretto ciò che hanno significato per noi.
Hayao Miyazaki non ha più dodici anni, ma da allora si porta sulle spalle il fardello dei suoi traumi infantili, dei suoi doveri e dell’impossibilità di curarsi degli altri e di sé stesso senza sentirsi in colpa. L’arte, la vita e l’amore sono fatti per essere creati e vissuti senza nulla in cambio. Non rappresentano né un obbligo né una responsabilità. Come vivremo se non facciamo attenzione a ciò che abbiamo davanti? O se non capiamo noi stessi e non affrontiamo ciò che proviamo?
Il ragazzo e l’airone è un richiamo alla vita, un manifesto d’amore per il mondo. Quest’ultimo, nonostante vada difeso e valorizzato, non deve trasformarsi in prigione o in una condanna a morte. Dagli errori si impara sempre qualcosa, i capitoli vanno chiusi, i dolori e la rabbia vanno affrontati. Non siamo schiavi dei nostri legami e doveri, i quali non limitano la nostra persona. È una lezione di vita, oltre che un’aggiunta alla lista di capolavori di questo artista cinematografico unico, il quale affronta una terribile tristezza e trova il modo di sostituirla con meraviglia e gioia.