Non è da tutti intervistare Charles Bukowski, uno degli scrittori più irregolari e trasgressivi del Novecento.
C’è riuscita la giornalista Silvia Bizio che, nel gennaio 1981 realizza, per la regia di Matteo Borgardt, una video-intervista, nella casa del romanziere di San Pedro, in California.
![](https://www.taxidrivers.it/wp-content/uploads/2024/02/Charles-Bukowski.jpg)
Lo scrittore di origini tedesche, allora sessantenne, si racconta mentre fuma qualche sigaretta e gusta un paio di bicchieri di vino.
Non c’è molta riflessione nella mia scrittura. La gente fa cose senza pensarci e io scrivo allo stesso modo, quasi senza pensarci. Sembra che funzioni.
Sin dalle prima battute, con grande onestà, mette in guardia la giornalista e le confessa di non prendere alla lettera quello che dirà.
Il suo rapporto con la sessualità
Senza troppi sofismi, Charles Bukowski ammette che scrive di sesso perché é un argomento che tira. Seduttore incallito, ha sempre amato il sesso, ma, candidamente, confessa che non ama i preliminari e che i suoi rapporti sono spesso sbrigativi e poco gratificanti.
A suo dire non esiste una buona letteratura sessuale. Quella che c’è, come quella realizzata da Boccaccio, fa solo ridere. Non riesce a leggere Henry Miller, perché scrive un paio di belle pagine ma poi adotta uno stile astratto e si arrampica sulle nuvole.
Il 75% di quello che scrivo è buono, il 40% è eccellente, il 10% è immortale e il 25% è una schifezza. Non ho fatto i calcoli mentre parlavo.
Quattro gli scrittori da lui amati; John Fante, che ambientava i suoi romanzi a Los Angeles, nei luoghi dove viveva; Celine, Lawrence e Dostoevskij. Da giovane ammirava Hemingway, ma poi, come tutti, crescendo, lo ha superato. Un attimo dopo mostra alla Bizio una foto, in bianco e nero, regalo di Inge Feltrinelli, che ritrae Hemingway completamente sbronzo al mattino.
A suo dire, con la sua scrittura non vuole stupire, provocare o scioccare nessuno. Per lui, uno scrittore che conta deve saper precorrere i tempi.
Se i critici e i lettori concordano con te, vuol dire che non ci sei. Un creatore deve stare cento anni avanti. Piaccio più in Europa perché è cento anni avanti l’America.
Ricorda che non volle incontrare Sarte, ma che avrebbe conosciuto volentieri Camus, perché aveva scritto Lo straniero. Poi, con il suo solito humour tagliente e sarcastico., afferma che non ama incontrare gli scrittori, perché parlano solo di lavoro. Bukowski confida, inoltre, di essere diventato scrittore a cinquant’anni e di aver lavorato prima per anni in fabbrica; solo così ha avuto il tempo di conoscere diverse realtà.
Vittima durante l’infanzia di un padre violento
Ma quello che o hanno forgiato come scrittore sono state le cinghiate che ha ricevuto dal padre, tre volte la settimana, dai sei agli undici anni. É stato lui che gli ha insegnato il dolore senza una ragione e le sfaccettature della vita.
Accanto allo scrittore, la trentasettenne Linda Lee Beighle, diventata poi sua moglie, e qualche amico, tutti seduti su un divano, in una stanza arredata in maniera modesta e senza fronzoli.
Per gli appassionati del romanziere americano segnalo il film che ruota intorno a lui (Factotum di Bent Hamer, 2005) e quelli ispirati ai suoi romanzi: Storia di ordinaria follia di Marco Ferreri (1981) e Barfly – Moscone da bar di Barbet Schroeder (1987) e Crazy love Compagni dì sbornia di Dominique Deriddere (1987).
Il titolo originale del doc su Chili è You Never Had It – An Evening with Bukowski. Dedicato a Fernanda Pivano, amica di Cesare Pavese e traduttrice in Italia dei più bei romanzi americani della metà del Novecento,