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‘Enzo Jannacci: Vengo anch’io’, il poeta della dignità

Un volo panoramico attraverso la vita del genio milanese

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Giorgio Verdelli si addentra nei meandri della vita di Enzo Jannacci, portando allo scoperto aneddoti e angoli nascosti. Un bel viaggio, dalle origini a oggi, della nascita del genio e della sua influenza, ancora grande, sullo spettacolo italiano contemporaneo. Presentato fuori concorso all’Ottantesima Mostra del Cinema di Venezia, ora disponibile su Netflix.

Enzo Jannacci: Vengo anch’io, il poeta della dignità

Fin dai tempi di El portava i scarp del tennis Jannacci ha sempre raccontato le storie dei “diversi”. In questo docufilm, Verdelli ci trasporta con delicatezza in un volo panoramico attraverso la vita del genio milanese che ha inventato un nuovo modo di fare il teatro canzone.

Enzo Jannacci e Giorgio Gaber: sono questi i nomi che emergono da subito come capostipiti di una nuova generazione. Jannacci e Gaber sono amici, prima ancora che colleghi inseparabili di palcoscenico. Giorgio è preciso e ordinato, instancabile perfezionista; Enzo è istintivo e caotico, improvvisatore impeccabile. Da questa unione non può che nascere una coppia esplosiva destinata a rimanere nella storia.

Nel film compaiono man mano i volti di coloro che hanno conosciuto Jannacci e che con lui hanno collaborato, a cominciare da Roberto Vecchioni, che afferma:

Enzo Jannacci è il vero genio che fa ciò che non ti aspetti mai

Diego Abatantuono, che molti anni dopo averlo conosciuto, canterà con lui una versione inedita e improvvisata di Quelli che, confessa invece che Enzo era una personalità difficile da frequentare.

Il figlio, Paolo Jannacci, lo ricorda con affetto e ammirazione. Alla domanda relativa all’influenza del successo nella vita privata del padre risponde:

Il suo rapporto con il successo non esisteva. Tra alti e bassi, faceva in modo di non accorgersi né dei punti altissimi né di quelli bassissimi.

Interessante la partecipazione di Vasco Rossi, a cui Jannacci scrisse anche una sentita lettera personale, nella quale si complimentava artisticamente con il cantautore rock. Vasco dice di averlo sempre ascoltato, fin dal primo album in dialetto milanese, e di apprezzarlo soprattutto per la sua ironia, amara e feroce.

Claudio Bisio ne sottolinea la profonda verità, di cui era carica la sua lucida follia. Bisio e Jannacci hanno condiviso anche il palco di Zelig in un’esilarante esibizione di Prete Liprando.

Tra le altre partecipazioni di spicco troviamo Dori Ghezzi, che sottolinea come Jannacci fosse stato fondamentale per Fabrizio De André, al punto da firmare insieme Via del Campo.

Jannacci: il Buster Keaton dello spettacolo italiano

Tra spettacolo, comicità, ironia, genio e sregolatezza controllata, Enzo Jannacci ha segnato la musica e, più in generale, la cultura italiana, al punto che Massimo Martinelli lo definì il Buster Keaton dello spettacolo italiano.

Verdelli riesce a dipingerne la figura a 360°, tra i duetti con Eros Ramazzotti, Ligabue ed Enrico Ruggeri, all’adulazione per Vasco Rossi. Dal trio scoppiettante con Cochi & Renato, alla consolidata e magnetica collaborazione con Gaber.

Dalla nascita come cantautore dialettale fino all’affermazione nel panorama popolare italiano, con i successi commerciali Vengo anch’io, Ho visto un Re, E la vita la vita, senza abbandonare mai quella lucida ironia, come in Ci vuole orecchio e Non posso sporcarmi il vestito.

Una piacevole retrospettiva in cui le testimonianze si alternano agilmente ai materiali di repertorio, alcuni inediti, e ci restituiscono un ritratto assolutamente positivo del genio che ha cambiato per sempre la musica italiana.

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