Se il Festival di Venezia ha il suo Leone, quello di Berlino ha il suo Orso e Cannes la sua Palma, Rotterdam vanta nello stemma della sua rassegna cinematografica una Tigre stilizzata, liberamente ispirata all’iconico leone “Leo”, del logo della MGM. Dal 25 gennaio al 4 febbraio 2024, infatti, torna l’International Film Festival Rotterdam (IFFR), il festival di cinema più importante dei Paesi Bassi e, ormai, uno dei più noti a livello globale. Con la sua selezione prettamente indipendente e totalmente aperta alle cinematografie locali di tutto il mondo, rappresenta una sorta di contraltare europeo del celebre Sundance Film Festival. Vediamo allora com’è nato, e come, nel tempo, sia diventato una vera e propria istituzione.
Nascita dell’International Film Festival Rotterdam
Fine anni ‘50. Tale Hubertus ‘Huub’ Bernardus Bals, ragazzo appassionato di jazz e organizzatore incallito nato a Utrecht, appena tornato dal servizio militare trova lavoro in un cinema. Al “Camera/Studio”, movie theater appartenente alla catena del Wolff Cinema Group, Bals ottiene carta bianca per organizzare delle rassegne cinematografiche, dimostrando una spiccata predisposizione per le trovate di marketing.
È la sua abilità nel creare la giusta atmosfera nelle sale a rinvigorire, al botteghino del “Camera/Studio”, pellicole che altrove si erano rivelate dei fallimenti. Nel 1966 organizza per Wolff un festival internazionale (il Cinemanifestatie Utrecht) che abbraccia sensibilità filmiche da tutte le aree del globo, affermandosi rapidamente come uno dei più importanti eventi cinematografici del momento.
“Posso facilmente interrompere la visione di un nuovo film dopo soli cinque minuti, dopodiché lo considero concluso. Naturalmente, potrei sbagliarmi, ma se i primi cinque minuti di un film non sono convincenti, difficilmente il film potrà diventare buono”
In questo periodo, la passione per l’organizzazione del trentenne Bals incontra quella cinefila, e nel 1972 la Rotterdamse Kunst Stichting (la fondazione artistica della città di Rotterdam) lo chiama per dare vita alla Film International, una settimana cinematografica internazionale. Dai diciassette spettatori della prima proiezione della neonata rassegna (The Postman di Dariush Mehrjui, il 28 giugno 1972), in poco tempo si passa a migliaia di visitatori, accorsi grazie alle straordinarie mosse pubblicitarie ideate da Bals.
Si racconta, ad esempio, dei volantini portati da delle hostess ad Amsterdam con la provocatoria frase virale keep your trap shut in discussions about films if you haven’t been to Film International. Un ammonimento che, in tempi di post-Nouvelle Vague, non poteva che toccare le corde di critici e cinefili più convinti, oltre che suscitare la curiosità degli spettatori occasionali.
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Per un Festival libero e diverso
Strenuo sostenitore di un cinema indipendente ed estraneo a logiche industrializzanti e ‘Hollywood-centriche’, Bals porta all’interno del suo festival autori e film dal Terzo Mondo e dall’Estremo Oriente, instaurando una linea che perdurerà fino ai giorni presenti. Il carattere di scambio culturale perseguito da Bals, sarà poi ulteriormente implementato dall’introduzione del mercato di co-produzione internazionale CineMart, atto a far incontrare i produttori con dei potenziali co-produttori per i loro progetti.
La crescita inarrestabile del festival non si ferma neanche con l’improvvisa morte del suo fondatore nel 1988, a causa di un arresto cardiaco. Il temperamento dell’evento rimane lo stesso, e punta tutto sulla qualità e sulla presenza di materiale al di fuori dei canali commerciali e generalisti: non divi, non grandi film-evento, non facili polemiche, ma esperienze audiovisive sempre più radicali (soprattutto sotto la guida di Émile Falloux dal 1992 al 1997) che guardavano alle altre sensibilità tipicamente non occidentali.
Nel corso della sua storia, allo stesso tempo, il festival cambia alcuni aspetti rispetto alle sue origini. La sua denominazione passa da Film International Rotterdam a Rotterdam Film Festival nel 1983, fino all’attuale International Film Festival Rotterdam dal 1988.
Dal 1995 la manifestazione, originariamente non competitiva, inizia ad assegnare dei premi. Oggi, oltre ai riconoscimenti professionistici, dei critici e del pubblico, l’International Film Festival Rotterdam conferisce il Robby Müller Award (in onore del compianto direttore della fotografia di Wim Wenders, anche lui storico frequentatore del festival), l’IFFR Youth Jury Award (consegnato da una giuria tutta giovanile) e il NETPAC Award (per il miglior lungometraggio asiatico).
I due principali premi, però, sono il Tiger Short Award, per il miglior corto/mediometraggio, e il prestigioso Tiger Award, per le migliori pellicole di nuovi registi emergenti (un nome fra tutti ad averlo vinto? L’insospettabile Christopher Nolan, nel 1999 con Following). Inoltre, con la Big Screen Competition, una giuria specializzata premia un film per essere distribuito nelle sale dei Paesi Bassi.
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International Film Festival Rotterdam: l‘edizione attuale
Attualmente il direttore del festival è Bero Beyer, e il programma conta esperienze differenti (oltre a film, ad esempio, anche installazioni artistiche e talk) e numerose sezioni. Tra queste, ne ricordiamo alcune. RTM è dedicata ad opere e performance di qualsiasi tipo realizzate e selezionate da personalità natie di Rotterdam, che in qualche modo hanno a che fare con la città. Cinema Regained racchiude classici restaurati e omaggi alla storia del cinema. Harbour, rispecchiando la città di porto che ospita l’evento, accoglie umori cinematografici da ogni angolo del globo. Limelight propone gli highlights della stagione festivaliera, offrendo film anche più popolari e conosciuti.
Tra le sezioni, è presente anche Focus, che ogni anno fornisce delle retrospettive su autori o su argomenti specifici: in quest’edizione, uno dei Focus è incentrato sulla filmografia tutta italiana dei Manetti Bros., a seguito della distribuzione del loro ultimo film (l’ultimo capitolo della trilogia di Diabolik). Vengono quindi presentati dieci dei loro film (tra cui Song‘ e Napule, Ammore e Malavita e Zora la vampira), oltre a una discussione con i due registi.
Ma quest’anno, oltre i Manetti Bros., di Italia ce n’è tanta a Rotterdam, tra le centinaia di titoli in programma. Nella categoria Limelight saranno proiettati Adagio di Stefano Sollima, La Chimera di Alice Rohrwacher, Madame Luna di Daniel Espinosa, Mi fanno male i capelli di Roberta Torre e Rapito di Marco Bellocchio. Nella categoria Harbour, La guerra del Tiburtino III, di Luna Gualano e Song of all ends di Giovanni C. Lorusso; nella categoria Cinema Regained, La predica agli uccelli o l’urlo dei frati, di Clemens Klopfenstein. E, infine, nella Big Screen Competition, Racconto di un certo Oriente, di Marcelo Gomes, e, in anteprima internazionale, Confidenza, il nuovo film di Daniele Luchetti.
Qui il programma completo del Festival