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‘The Blair Witch Project’. L’antifilm tra realtà e finzione

A 25 anni dalla sua presentazione al Sundance Film Festival, un viaggio al centro del film di Eduardo Sanchez e Daniel Myrick e della sua produzione

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Sono molti i film che, nel corso della storia del cinema, si sono allontanati dallo stile di ripresa e di narrazione classico della settima arte.
Tra le pellicole in rotta con la tradizione cinematografica, ha certamente un posto di rilievo The Blair Witch Project (1999), film indipendente di Eduardo Sanchez e Daniel Myrick, che a fine millennio è riuscito ad ottenere un enorme successo e a influenzare, negli anni successivi e ancora oggi, il cinema mainstream.
A venticinque anni dalla sua presentazione al Sundance, vediamo alcuni dei punti forti che hanno caratterizzato il film.

La genesi

The Blair Witch Project fa parte di quei film che sono arrivati a influenzare l’andamento stesso del cinema.
La storia, in sé semplice, viene presentata attraverso il ritrovamento di un filmato amatoriale, a detta della produzione, veritiero.
Più che una storia vera e propria, ci troviamo di fronte a un’atmosfera, una suggestione.
L’intento di Myrick e Sanchez era quello di realizzare un film che sembrasse vero dal primo all’ultimo fotogramma, eliminando ogni finzione cinematografica, per riuscire a spaventare un pubblico ormai fin troppo disilluso.
Con queste parole, Sanchez spiegò l’estetica della pellicola:

Doveva essere l’home video di tre persone che andavano verso la morte

Questa scelta stilistica fu favorita dal minuscolo budget a disposizione dei due registi. Ribaltando i canoni del mercato, questo fattore monetario contribuì alla riuscita del film, conferendo alla vicenda, ripresa in modo così amatoriale, la possibilità di risultare reale agli occhi dei suoi spettatori.

Cercasi attori per un film sperimentale da girarsi nei boschi, con tecniche di regia estrema. Si richiede esperienza nelle tecniche di sopravvivenza. Si sconsiglia l’audizione ai deboli di cuore. Sarà un inferno e pensiamo che molti di voi non dovrebbero nemmeno presentarsi.

The Blair Witch Project. Tecniche di regia

Il primo punto di rottura del film era la sua realizzazione tecnica: gli stessi attori. avrebbero provveduto a girare il materiale necessario.
Neal Fredericks, l’operatore, fu relegato al ruolo di “pronto intervento” delle macchine da presa, per risolvere guasti improvvisi o problemi tecnici. Un altro elemento fondamentale, per la scelta stilistica dei due registi, è l’assenza totale di una sceneggiatura. Il percorso del film sarebbe stato delineato interamente dagli attori e dalla loro reazione a determinate situazioni ideate da Sanchez e Myrick, per avere del materiale il più vicino possibile alla realtà.

Per la sicurezza dei protagonisti, la troupe li avrebbe seguiti da lontano, controllandone i movimenti su un GPS satellitare. Le interazioni con gli attori si limitavano a brevi note giornaliere.
Queste note personali indicavano il comportamento dei personaggi ed era vietato  riferire agli altri quelle informazioni.

Provocammo negli attori quel particolare tipo di stress togliendo il cibo, facendoli camminare per ore, svegliandoli di notte con rumori improvvisi. Lo scopo era di prepararli a esplorare i lati della loro psiche che sarebbero dovuti emergere quando li avremmo spaventati per davvero.

Le riprese iniziarono nell’ottobre 1997, dopo un corso di tecnica cinematografica per i tre protagonisti, diretti in treno verso il Maryland.
Già dal primo giorno, fu chiara la strategia di Myrick e Sanchez per la ricerca del giusto realismo. Una volta incontrati registi e produzione nel luogo stabilito, un ristorante del posto, i tre dovevano  intervistare i presenti a proposito della Strega di Blair. I protagonisti sapevano che tra i clienti c’era qualcuno messo lì  dalla produzione, in possesso di informazioni utili.

Ci dissero di entrare in quel ristorante e di intervistare la gente. Era un ristorante normalissimo, con molti clienti. Iniziammo a intervistare la gente a proposito della leggenda della strega di Blair, e la cosa divertente fu che molta gente che non aveva a che fare con il film ci rispose: “Certo che ne ho sentito parlare!”

La Strega di Blair

Durante le riprese del giorno seguente, i tre protagonisti si persero veramente nel bosco. Anche questo giocò a favore della ricerca del realismo totale. Nelle notti passate nella foresta, la produzione si diede da fare per molestare il sonno dei ragazzi. Questo, insieme alla stanchezza e alla scarsità di cibo, minò molto il già precario equilibrio emotivo dei tre.
Le riprese giornaliere, infatti, si fecero sempre più convincenti.

Dopo qualche giorno di quella disciplina di stenti e privazioni, i tre erano a pezzi. I raid notturni avevano dato i loro frutti. Ne erano testimoni le memorabili soggettive urlanti, ormai oltre la finzione cinematografica.
Una volta ottenuto quello stato d’animo negli attori, Myrick e Sanchez decisero che era il momento di far entrare in scena la star del film: La strega di Blair.
Fu così che a Josh fu lasciata una nota quotidiana diversa dal solito. Al ragazzo fu ordinato, una volta che i due compagni stessero dormendo, di uscire dalla tenda e seguire le luci: sarebbe stato lui la prima vittima del bosco e della sua strega. Josh consegnò alla produzione una ciocca di capelli e registrò su un nastro delle urla.


I due superstiti non erano al corrente dell’uscita di scena del compagno.
Heather era veramente spaventata, la sua  disperazione raggiunse il culmine con il ritrovamento di una fascina, contenente un lembo bruciato della camicia di Josh, una ciocca di capelli biondi e dei molari insanguinati. Lo shock per quella macabra scoperta e la scomparsa del compagno fu tale che, nei due campeggiatori, si fece sempre più insistente la paura di essere finiti nelle mani di un gruppo di pazzi. Come se non bastasse, le note lasciate dalla produzione si fecero sempre più inquietanti.

Lasciammo la nota “Da questo momento in poi, vi siete persi sul serio”. Fummo molto vaghi anche su quello che riguardava il finale. L’ultimo giorno la mettemmo così: “La fine è vicina. Se sentite di dover dire qualcosa fatelo. Se sentite di dover lasciare le vostre ultime parole alla macchina da presa, sbrigatevi a farlo.” La confessione di Heather è venuta fuori così.

The Blair Witch Project. L’epilogo

Fu durante la sera di Halloween che venne girata l’ultima scena del film. Un autista, muto per ordine della produzione, condusse Heather e Mike nel bosco di Patasco, dove la produzione aveva allestito l’ultimo set finale. In un vecchio rudere erano stati nascosti degli altoparlanti che avrebbero diffuso le urla di Josh. La scala della struttura era invece stata tappezzata d’impronte di mani insanguinate. Ai due furono lasciate le ultime istruzioni: dovevano seguire cosa li avesse chiamati.


Dopo aver rincorso per un’ora il fantasma di Josh sulle scale pericolanti di quel rudere, Mike fu messo nell’angolo, come le vittime nella leggenda della Strega di Blair e il tonfo di due videocamere chiuse ufficialmente le riprese di The Blair Witch Project. Poco dopo la mezzanotte, la produzione uscì allo scoperto, per rassicurare una Heather ormai sotto shock, ricordandole che era solo un film dell’orrore.

Quando Heather gira la macchina da presa, vede Mike all’angolo e la macchina cade a terra, puoi immaginare cosa stia succedendo lì sotto. Questa è la vera chiave del film. Quello che ti terrorizza è la tua immaginazione.

The Blair Witch Project e il Mockumentary

In The Blair Witch Project e in generale nel Mockumentary si possono notare subito degli elementi che presentano differenze importanti con il cinema a cui lo spettatore è abituato. La prospettiva della pellicola è completamente differente dal classico film hollywoodiano. La macchina da presa assume un doppio ruolo, quello “esterno”, come mezzo puramente tecnico che riprende le immagini, e quello “interno”, in cui la macchina si trasforma in una videocamera amatoriale, parte integrante della storia filmica.
Lo spettatore ha l’illusione di vivere la vicenda insieme ai protagonisti, come se la storia fosse “in diretta”.
Il mezzo di ripresa diventa quindi un occhio che indaga costantemente le emozioni dei personaggi. Possiamo quindi parlare di “monoprospettiva”: un unico operatore, che è anche un personaggio coinvolto nella storia.


Lo spettatore vede attraverso i suoi occhi quello che accade e filtra l’esperienza secondo le sue percezioni.
La macchina da presa si emancipa a protagonista attivo, con i suoi movimenti, variazioni di colorazione in visione notturna e tutti i segnali della strumentazione da ripresa che solo il cameraman può vedere mentre filma. Un elemento che nel cinema classico potrebbe apparire disturbante, come una distorsione d’immagine o un’interferenza, avvalora la teoria che quello che lo spettatore sta vedendo sia reale.
La colonna sonora è del tutto assente, l’audio del film è quindi molto più realistico, evidenziando l’assenza di un montaggio.
I personaggi sono svelati tramite il loro raccontarsi alla telecamera.
La macchina raccoglie dialoghi, aneddoti e confessioni, permettendo allo spettatore una maggiore conoscenza delle loro vite, con una progressione che cerca di emulare la realtà.

The Blair Witch Project. Strategie di marketing

Nell’ottobre del 1994 tre studenti film makers sono scomparsi nei boschi vicino a Burkittsville, nel Maryland, mentre giravano un documentario. Un anno dopo il loro filmato è stato trovato.

La frase a inizio film è finalizzata a spacciare per veri dei fatti in realtà inventati, creando un mistero che, attraverso il passaparola, ha dato vita ad una campagna marketing virale senza precedenti. La creazione di forum online ha permesso una veloce diffusione del video ritrovato, tramite mezzi non tradizionali. Questo fece risparmiare sui costi per la promozione e fece credere all’audience di aver scoperto qualcosa di misterioso e nascosto, poiché i media canonici non facevano parola di queste scomparse nei boschi.
Fu proprio la volontà di non presentare The Blair Witch Project come un film, la chiave del suo successo.

Per costatare la veridicità della leggenda della strega di Blair, gran parte delle persone a cui era arrivata voce del mistero dei video maker scomparsi si recò nelle sale per guardare questi video ritrovati. Furono coinvolti anche numerosi spettatori che con i mezzi pubblicitari tradizionali non sarebbero stati interessati a The Blair Witch Project, ad esempio i non amanti del genere horror, che sono stati incuriositi dal passaparola su questa presunta vicenda reale. I due registri curano la storia dei ragazzi dispersi nel Maryland nei minimi dettagli.
Viene pubblicato un libro nero, un dossier distribuito per volere dei genitori dei tre ragazzi, per evitare che qualcuno possa seguire le orme dei figli.

Anche i mezzi tradizionali, come i poster, sono utilizzati in un modo nuovo, che rompe con ogni campagna pubblicitaria classica. Più che una locandina vera e propria, si trattava di un manifesto che annunciava la scomparsa dei tre ragazzi, con tanto di numeri di telefono da contattare in caso di informazioni sugli scomparsi.

The Curse of The Blair Witch

Per dare maggiore spessore e credibilità alla vicenda, Sanchez e Myrick realizzarono un secondo Mockumentary, intitolato The Curse of The Blair Witch(1999).
In questo finto documentario, insieme ad alcune clip del vero film, ci vengono presentate varie interviste sul caso dei tre ragazzi. Possiamo ascoltare uno dei professori di Heather, che ne loda le qualità come studentessa, una delle migliori del corso. Sono presentati anche gli eventi che hanno afflitto Blair durante i secoli e un arciprete della chiesa della Wicca espone la sua teoria sul perché avvennero i processi di Salem e il motivo per cui Elly Kedward, la strega di Blair, fu scacciata dalla comunità.

Abbiamo istintivamente paura dei fenomeni naturali (i cani che abbaiano, i serpenti, il buio, etc.), ma abbiamo anche appreso ad aver paura di camminare nel traffico o di toccare un cavo dell’alta tensione. I film dell’orrore che riescono a insinuarsi nelle nostre più radicate paure sfiorano corde molto più profonde rispetto ai film dall’intrigo più sofisticato.

Creatività e budget limitato

The Blair Witch Project fu realizzato con una cifra che copre a malapena il costo di un’automobile. Si può affermare che, con budget così esigui, la riuscita o meno di un film sia basata sulle idee e le abilità del cineasta, in grado di catturare l’immaginazione di milioni di spettatori, sfruttando al meglio i mezzi e le risorse a sua disposizione, che, seppur limitati, possono creare opere di grande interesse commerciale e anche artistico.

The Blair Witch Project. Il trailer

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

The Blair Witch Project

  • Anno: 1999
  • Durata: 80 minuti
  • Distribuzione: Artisan Entertainment, Summit Entertainment
  • Genere: Horror
  • Nazionalita: Stati Uniti
  • Regia: Daniel Myrick, Eduardo Sánchez
  • Data di uscita: 23-January-1999

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