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Conversation

‘Kripton’ conversazione con Francesco Munzi

Tra creatività e osservazione Kripton racconta il disagio mentale regalando la possibilità di entrare in contatto con un mondo alieno e misterioso. Del film abbiamo parlato con Francesco Munzi

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francesco munzi kripton

Tra osservazione e creatività Kripton di Francesco Munzi  racconta l’esistenza quotidiana di alcuni ragazzi ricoverati all’intero di due comunità psichiatriche. Del film abbiamo parlato con Francesco Munzi

Prodotto da Cinemaundici con Rai cinema e distribuito da ZaLab, Kripton sarà nei cinema dal 18 gennaio 2024.

Kripton di Francesco Munzi

La necessità di fare un documentario come Kripton emerge in parte nelle didascalie finali in cui si parla del costante aumento del disagio mentale, soprattutto in età giovanile, a fronte della restrizione dei fondi destinati alle strutture sanitarie chiamate a occuparsene.

A essere sincero la ragione per cui mi sono avvicinato al documentario e a questa materia non è la denuncia politica. Quest’ultima semmai è scaturita dalle conseguenze della mia ricerca volta ad approfondire una materia che mi interessava per motivi letterari, esistenziali e filosofici. Come mi capita anche con i film di finzione anche questo progetto è stato un po’ un’avventura visto che l’obiettivo era quello di portare sullo schermo esperienze psichiche straordinarie e il mondo interiore che le caratterizza. Per farlo ho scelto due comunità psichiatriche romane il cui microcosmo avrebbe dovuto evocare un discorso più generale sul problema del disagio mentale. Dopodiché nei mesi che ci sono voluti per realizzare questo lavoro mi sono reso conto di quanto sia grande la questione e di quanto poco la politica investa su questo argomento. Le didascalie finali sono state il modo per mettere in evidenza i termini di questa criticità.

Kripton fa riferimento al pianeta extraterrestre dove è nato Superman, alludendo in qualche modo all’alterità che contraddistingue la condizione esistenziale dei ragazzi ricoverati nelle comunità psichiatriche. In questo senso il film fa dello spettatore una sorta di astronauta destinato a sbarcare su un pianeta alieno, quello dove vivono i protagonisti.

Mi fa piacere sentirtelo dire perché fin dall’inizio l’idea era di portare sullo schermo esperienze psichiche straordinarie, di entrarvi dentro in qualche modo assumendo quanto più possibile il punto di vista dei ragazzi. È questa la ragione per cui nella prima parte si dà molto spazio alla soggettività non comune dei protagonisti, ovvero a coloro che metaforicamente si sentono di appartenere a Kripton. Oltre che dal pianeta da cui uno dei ragazzi dice di provenire, il titolo del film tiene conto della parola greca Kripto o Kripton cioè “nascosto”, aggettivo che ben si addice alla natura della malattia mentale. Nella seconda parte del documentario invece sono i ragazzi a farci conoscere le loro famiglie e a portarci dagli psichiatri e dunque a farci vedere in cosa consiste la cura. Detto questo l’impulso primario è rimasto sempre quello e cioè di stare il più possibile con i ragazzi e con il loro punto di vista.

Tre momenti

Il film è attraversato da tre diversi momenti narrativi. Quello iniziale, come dicevi tu, dedicato ai ragazzi, con i primi piani sui loro occhi che testimoniano il tentativo di comprenderne fino in fondo il disagio. Il secondo, con la scena dove Giorgiana parla con gli psichiatri in presenza del fratello che serve per allargare lo sguardo alla realtà circostante introducendo famiglie e operatori. Infine il terzo in cui il documentario si sviluppa attraverso la dialettica tra i precedenti elementi, tanto più visibili quanto maggiore è la loro centralità rispetto al problema. 

La tua descrizione assomiglia a quello che più o meno desideravo fare. Nel documentario bisogna essere molto aperti verso la realtà e i suoi accadimenti perché l’imprevisto è sempre dietro l’angolo, pronto a scombinare i piani che ti eri fatto. Devo dire che in Kripton l’interesse iniziale e il successivo approccio hanno trovato una sintesi nel modo in cui l’ho realizzato, ovvero stando sempre dalla parte dei ragazzi e del loro sguardo. Kripton non doveva essere un documentario sulle istituzioni sanitarie bensì sulla mente, sulla follia intesa come una delle possibilità dell’umano. Oltre a questo per me era importante esplorare il rapporto tra malattia mentale e famiglia per poi raccontare i metodi curativi. Queste erano le tre chiavi che volevo portare a casa, dopodiché il film è un documentario di osservazione. In cento giorni abbiamo ripreso tutto e poi scelto quello che ci sembrava drammaturgicamente più interessante. C’è poi stata una ultima voce, quella rappresentata dalle immagini di repertorio, con cui ho cercato di tradurre in immagini l’interiorità dei protagonisti, attraverso una lingua più libera, fatta di suggestioni, associazioni, allusioni.

All’interno di queste scelte c’è anche quella di lasciare la parola ai protagonisti che sono liberi di esprimersi senza filtri né mediazioni. Il pensiero dei ragazzi arriva allo spettatore così com’è, in maniera antididascalica, senza bisogno di interviste e commenti fuori campo. A beneficiarne è non solo il coinvolgimento dello spettatore, ma anche la comprensione del problema. Penso, per esempio, all’importanza dei rapporti famigliari all’interno del percorso terapeutico seguito dai ragazzi. 

La materia era ed è molto complessa. Dopo la fine del film le mie domande sono aumentate. La malattia mentale è come un prisma in cui coesistono diverse cause : da quelle organiche e fisiologiche, a quelle che fanno parte della storia personale di ciascun soggetto o derivanti dal contesto di provenienza. Se è impossibile capire fino in fondo le ragioni del disagio, è molto importante e interessante esplorare gli ambienti in cui questo si sviluppa e ascoltare gli stati d’animo del paziente. Dunque per il film è stato molto importante raccontare il rapporto con medici e famiglie e per questo ringrazio chi mi ha dato la possibilità di filmare situazioni molto private e personali.

La sequenza che precede i titoli di testa, ottenuta attraverso il montaggio di materiali d’archivio, si ricollega al primo piano di Dimitri colto in un momento di dormiveglia. Una relazione, questa, indicativa dello sguardo interno al film, capace di coniugare un punto di vista esterno e allo stesso tempo interno ai personaggi attraverso un dispositivo molto libero in cui il cinema coesiste con  il  documentario d’osservazione e quello creativo. La presenza dei materiali d’archivio insieme all’uso della fotografia e della musica ne sono una delle tante dimostrazioni.

Ho adottato lo stesso metodo utilizzato per i film. Per me il linguaggio è la conseguenza naturale di cosa voglio raccontare e del punto di vista, dunque lo definisco piano piano. In questo caso avevo una sicurezza di partenza, dal momento in cui dovevo guadagnarmi la fiducia dei ragazzi, sapevo che Kripton doveva essere girato principalmente come un documentario di osservazione. In più, chi aderiva al documentario era consapevole di costruirlo insieme a noi. Dopodiché, siccome si tratta di una materia enigmatica e soggettiva proprio perché spesso relativa all’inconscio, mi sembrava fosse importante integrare il progetto con alcune “note” mie, più personali, direi interpretative. Il repertorio d’archivio a cui ti riferivi nasce per sottolineare che il viaggio del film è fisico, ma anche mentale, composto da azioni reali e da stati psichici. Quest’ultimi portavano con sé qualcosa di misterioso che aveva bisogno di un surplus di fantasia.

Gli stati d’animo dei protagonisti di Kripton di Francesco Munzi

Nelle sequenze in cui utilizzi materiali d’archivio fai una specie di crasi cinematografica in cui ogni singolo frammento sembra evocare i vari stati d’animo dei protagonisti. Penso alla soggettiva del treno lanciato a tutta velocità che rimanda alla perdita di controllo provata dai ragazzi in certi momenti delle loro giornate; oppure alla solitudine trasmessa dall’immagine dell’uomo che si sbraccia per richiamare l’attenzione degli altri o al disagio del ragazzo che sembra annaspare sul terreno innevato. Anche la frenesia del montaggio, volta a esasperare la discontinuità narrativa, sembra la messa in scena di quella mancanza di linearità di cui parla uno dei ragazzi quando cerca di spiegare le crisi che lo attanagliano.  

In quelle sequenze c’è il tentativo di suggerire un senso, nella consapevolezza che la loro lettura dovesse comunque rimanere piuttosto libera perché quello di cui si parla non è mai univoco. Per farla semplice possiamo dire che quando ci sono le crisi dei ragazzi abbiamo usato delle immagini più astratte, in parte provenienti da film surrealisti degli anni trenta. Molte altre sono immagini provenienti dagli home movies cioè dei filmini familiari usati in senso allusivo per evocare qualcosa che rimane un po’ misterioso.

Anche l’utilizzo del bianco e nero sembra fatto apposta per evidenziare la frattura tra mondo interiore e la realtà esterna e ancora per segnare la discontinuità tra Kripton e il mondo reale. 

Sì, senza schematismi però, diciamo che il bianco e nero interviene a rappresentare i momenti più caotici della mente, quando anch’io facevo più fatica a decifrare lo stato d’animo dei ragazzi. In quei momenti di totale alienazione mi sembrava più giusto utilizzare alcune immagini più astratte come quelle del treno e della nebbia o degli alberi che scorrono a tutta velocità. La loro poca riconoscibilità e la loro energia, mi sembra che le renda evocative di un pensiero, uno stato che sta andando verso il disordine.

La spontaneità

Il film è il risultato dei cento giorni che hai trascorso presso due istituti psichiatrici di Roma. Immagino che questo tempo ti sia servito anche per far abituare i ragazzi alla presenza della mdp. In molti passaggi il modo di interagire dei tuoi interlocutori e la loro spontaneità ci fa dimenticare della sua esistenza. 

In questo lavoro sono successe delle cose sorprendenti ed è stata la prima volta che ho raggiunto un tale livello di discrezione, quasi di invisibilità del dispositivo cinematografico. Ci sono dei momenti dove la mdp sembra scomparire e in cui sono sicuro che i protagonisti si siano dimenticati della presenza del mezzo, nonostante questo fosse stato vicinissimo, anche grazie al talento e alla sensibilità del nostro operatore di macchina Valerio Azzali. Parlo non di una “sparizione” meccanica ovviamente piuttosto del risultato di un rapporto con la comunità che ci ha permesso di non essere più osservati come elementi estranei, perché avevamo in qualche modo guadagnato la fiducia e la collaborazione dei nostri protagonisti. Questo è qualcosa che non succede quasi mai nel cinema di finzione mentre nel documentario è fondamentale cha accada anche se non è così scontato. Per contro ci sono stati dei momenti dove la mdp viene usata dagli stessi pazienti come strumento per parlare e dire la loro su un determinato argomento. Come un megafono.

Paradossalmente sono proprio i momenti in cui i ragazzi si rivolgono alla mdp che Kripton raggiunge quella verità che in fondo è uno degli obiettivi del documentario. In quegli attimi è chiaro che tu a quel punto non sei più un estraneo ma sei diventato uno di loro. 

Direi quasi un operatore alternativo, sicuramente non un estraneo, qualcuno con cui si può parlare liberamente. Il rapporto e la relazione non nascono con la macchina da presa ma tra le persone coinvolte, tra chi filma e chi si lascia filmare. In questo senso questo lavoro è stato possibile solo grazie alle relazioni di fiducia che si sono instaurate con il tempo.

Fotografia in Kripton di Francesco Munzi

Si diceva di come con Kripton realizzi un documentario piuttosto libero anche nell’uso dei codici di finzione. Esplicativo in tal senso è l’impiego della fotografia nella scena finale in cui la promessa di speranza trova riscontro nella presenza di una luce terza e luminosa dopo che nel resto del film era stata per lo più sporca e grigia. Anche l’inquadratura delle foglie scosse dal vento rimandano a una situazione in divenire; per non dire del commento musicale che concorre a costruire un finale molto poetico. 

La scena finale è stata una sorta di regalo, i miracoli che a volte avvengono nei documentari quando si ha la pazienza di aspettare il momento giusto. Protagonista della sequenza è Benedetta che all’inizio aveva accettato di fare il documentario, ma non voleva che ci avvicinassimo troppo a lei come invece abbiamo fatto con gli altri. Per guadagnare la sua fiducia c’è voluto più tempo. In principio la sua è una presenza fantasmatica e misteriosa. Poi verso la fine delle riprese ci ha dato il permesso di filmarla più da vicino, di guardarci negli occhi e di conoscerla un po’ meglio. Così abbiamo scoperto che la sua estraneità al contesto era solo apparente. In realtà lei era attentissima a tutto quello che succedeva. In qualche modo è come se ci avesse indicato il senso di quello che stavamo realizzando: l’importanza del dialogo, della condivisione, fondamentali per combattere le trappole della mente. L’idea di rompere l’isolamento è comunque una traiettoria virtuosa, suggerimento implicito di quella scena e che noi abbiamo accolto molto volentieri come possibile finale.

francesco munzi kripton

Un documentario narrativo

Nonostante la sua forma documentaria, Kripton riesce comunque ad avere progressione narrativa, con un inizio, uno sviluppo e una fine capaci di costruire la drammaturgia del racconto. 

Quando faccio un documentario la mia solita paura proviene dal salto nel buio cui ti obbliga un lavoro di cui non puoi scrivere e prevedere quasi nulla perché non conosci la materia né i suoi sviluppi. Ci sono dei documentari più scritti, ma per me non era questo il caso. Se avessi dato una forma a priori, avrei rischiato di ingabbiare la ricerca, raffreddare la materia. Ho scritto però mentre giravo che è una cosa un po’ folle, apparentemente anarchica perché ti sembra di non sapere dove stai andando. Ma non è così. Sono appunti di viaggio che spesso approdano a un senso. Un poco alla volta mentre filmavo ho individuato delle micro linee narrative, sentieri che diventavano drammaturgia. Ancora non sapevo quale sarebbe stato l’approdo ma quelle storie hanno rivelato una progressione e un movimento che ci hanno guidato nello sviluppo e nel montaggio. E spesso anche nelle riprese: sulla base di quelle sollecitazioni il giorno dopo correggevo il tiro e andavo a cercare quelle linee che mi sembravano più ricche.

Addirittura nel caso di Dimitri la progressione di cui parli subisce un’accelerazione che si trasforma in una consapevolezza per lui importantissima.

Quello di cui parli assomiglia al colpo di scena dei film. La visione di Kripton è piena di scoperte che danno modo allo spettatore di guardare da un nuovo punto di vista. Tenendo conto che quelle che a noi sembrano piccole cose per i personaggi del film sono scoperte fondamentali.

Il cinema di Francesco Munzi oltre Kripton

Qual è il cinema che ti piace sia come regista che come spettatore?

Mi piace il cinema che inventa qualche cosa, che riesce ad andare in profondità, che riesce a intrattenere ed essere brillante allo stesso tempo. Ti posso dire che le mie preferenze vanno a due grandi autori come Rossellini e Martin Scorsese.

Tu sei nato con il documentario ma ti sei affermato con il cinema di finzione. Considerando che Anime nere è uscito nel 2014 ti chiedo se il fatto di aver fatto solo documentari sia dovuto a ragioni produttive o abbia ragioni riconducibili all’ispirazione del momento?

Ho sempre fatto i film che mi andava di fare ed è questo che fa di me un autore non molto prolifico. Nel passato ho avuto difficoltà produttive ma per fortuna non negli ultimi anni. Detto questo il prossimo lavoro sarà un film di finzione che mi auguro possa partire al più presto. Poi, se ti devo dire, ho sempre trovato che documentario e finzione siano legati da un rapporto osmotico, nel senso che quasi tutti i miei film di finzione sono nati da documentari mancati e quando non sono diventati film di finzione sono diventati documentari veri e propri.

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Kripton di Francesco Munzi

  • Anno: 2027
  • Durata: 107'
  • Distribuzione: ZaLab
  • Genere: documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Francesco Munzi
  • Data di uscita: 18-January-2024