È per il tuo bene (2020), remake della commedia spagnola campione d’incassi Es por tu bien (2017), riesce a replicare il successo dell’originale? Cerchiamo di rispondere a questa domanda attraverso un’analisi approfondita dell’ultimo film di Rolando Ravello con un cast stellare.
È per il tuo bene: la solita commedia italiana?
La trama
Tre coppie di amici hanno tre giovani figlie. Arturo (Marco Giallini) è un avvocato di successo, sposato con Isabella (Isabella Ferrari), padre di Valentina (Matilde Gioli), la quale è in procinto di sposare il braccio destro del suo studio. Antonio (Vincenzo Salemme) è un poliziotto, sposato con Paola (Valentina Lodovini), padre di Marta (Eleonora Trezza), che inizierà frequentazioni apparentemente pericolose. Infine Sergio (Giuseppe Battiston), uomo duro e possessivo, sposato con Alice (Claudia Pandolfi) e padre di Sara (Alice Ferri), che metterà a dura prova il suo carattere rabbioso.
La miccia si accende nei primissimi minuti: Valentina abbandona il matrimonio sulle scale della chiesa per seguire il vero amore, Alexia (Lorena Cesarini), una ragazza nera, vegana ed ecologista; Marta si innamora di un rapper ribelle (Biondo, che interpreta se stesso); Sara intreccia una relazione con un uomo molto più grande di lei e con la fama di essere un Don Giovanni (Alberto Lo Porto).
I tre padri disapprovano profondamente le relazioni delle figlie e saranno disposti a tutto pur di minarle fino alla rottura, ripetendosi come un mantra che “è per il loro bene”.
Analisi dello sguardo
Nonostante la popolarità e la comprovata pluriennale bravura, Isabella Ferrari, Valentina Lodovini e Claudia Pandolfi scompaiono gradualmente dallo schermo fino all’eclissi definitiva. Sono personaggi bidimensionali che evolvono poco e nella maniera più scontata, lasciando ampio spazio alle controparti maschili, protagonisti indiscussi di tutto il film.
I tre mariti, ma soprattutto i tre padri, incarnano gli archetipi della mascolinità: Arturo è l’uomo per bene, elegante ed educato, attento a salvaguardare le apparenze; Sergio è l’uomo rude, geloso e manesco, che deve contare i respiri per non farsi andare il sangue alla testa; Antonio è l’uomo onesto, che lavora tanto e guadagna poco, disciplinato e ferreo.
Le tre figlie sono anch’esse stereotipi ormai superati: Valentina è la figlia idealizzata che segue le orme del padre ed è disposta a sposare l’uomo che lui ha scelto per lei pur di farlo felice; Sara è la figlia cresciuta troppo in fretta che tiene segreta la sua relazione per paura della reazione paterna; Marta è la figlia ribelle del poliziotto che infrange puntualmente ogni regola del padre.
Tutto il film ci viene raccontato dal punto di vista maschile. I padri, al limite del voyeurismo, spiano le figlie, ed è attraverso il loro sguardo che le relazioni delle tre giovani ci vengono raccontate.
La relazione lesbica di Valentina viene in apparenza normalizzata, ma solo per sottolineare il colore della pelle di Alexia e le sue convinzioni ideologiche, non condivise da Arturo.
Il rapporto di Sara con il Casanova scatena le reazioni violente, e ripetute, di Sergio, che spingerà gli altri due amici ad elaborare e mettere in atto il piano per far lasciare le figlie.
Infine, la relazione di Marta con il rapper Biondo è quanto di più scontato potesse capitare: il padre poliziotto deve accettare che la figlia ribelle sia innamorata di un ragazzo che canta di droga, sesso e armi.
Analisi dei personaggi
Così come lo sguardo è completamente al maschile, anche i personaggi sono tutti uomini o agiscono in funzione di questi.
Arturo è statico e granitico, laddove Sergio esplode nella violenza lui implode nel silenzio, fino al gesto più estremo dei tre. Isabella invece sembra una bambola dissociata dalla realtà: inizialmente è devastata dalla scoperta dell’omosessualità della figlia, poi ammette di non aver mai sopportato il suo promesso sposo e infine è la sostenitrice numero uno di Alexia.
Antonio è la figura più comica, merito del grande lavoro di Vincenzo Salemme che fa anche da collante nella triade con Giallini e Battiston. È il più volubile dei tre e cambia spesso idea, arrivando persino ad infrangere la legalità. Paola qui è la donna “mobile”, inizialmente repulsiva nei confronti di Biondo e infine seconda mamma per il giovane, amorevole e protettiva.
Sergio è l’esempio perfetto della mascolinità tossica, talmente impeccabile che anche la sua evoluzione (e redenzione) finale risulta poco credibile. Manesco e violento, è fonte di imbarazzo per la figlia e per la moglie, che lo minaccia ripetutamente per costringerlo a fare ammenda. Anche quando cerca di essere affettuoso, però, fallisce e risulta iper protettivo, padre tossico e soffocante. Alice è il calmante di Sergio, in un rapporto alla Dottor Jekyll e Mr. Hyde in cui però non riesce a contenere il mostro.
Le tre figlie sono i personaggi più statici, in completa funzione dei padri e del loro sviluppo narrativo. Non capiscono e di conseguenza non agiscono, accettano le conseguenze delle macchinazioni dei tre protagonisti reagendo come ci si aspetta in ogni occasione, anche nello scontato happy ending finale.
Analisi complessiva e valutazione finale
Questa commedia fa ridere? Sì, in alcuni momenti (rari), riesce a discostarsi dagli stereotipi di genere e suscitare genuinamente la risata. Il problema è che cerca di fare ridere anche quando le situazioni sono tutt’altro che divertenti.
L’esempio più grande è quello di Sergio. In tutte le scene in cui scoppia di rabbia, Battiston carica il personaggio di una goffa comicità che stride dolorosamente con la cieca violenza che sta andando in scena. Gli unici due personaggi che condannano questo comportamento sono la moglie e la figlia, totalmente inascoltate fino alla redenzione finale, avvenuta però in autonomia. Sergio è un uomo tossico che non capisce quando sbaglia e cambia atteggiamento solo per riavvicinare Sara e Alice.
Arturo vorrebbe essere il personaggio fallibile a cui Giallini ci ha abituati, ma risulta troppo poco vero, distante dalla realtà, costruito a tavolino. È un uomo che sbaglia ripetutamente fino all’errore irrimediabile, che pagherà con la propria carriera, ma neanche così riusciamo ad entrare in empatia con lui. Rimane distante e infatti non può prendere parte alla felicità finale della figlia.
Antonio, infine, è quello riuscito meglio: comico di natura risulta il più calzante nelle situazioni forzatamente comiche. Salemme recita sempre se stesso, ma lo fa intelligentemente. È l’uomo vero, contraddittorio e impulsivo ed è forse l’unico a cui crediamo quando dice di agire per il bene della figlia, sebbene sia chiaro il contrario. Il suo apogeo evolutivo è quasi commovente ed è l’unico che riesce a stupire.
Per rispondere alla domanda di partenza: sì, È per il tuo bene è (purtroppo) la solita commedia italiana, lontana dai toni brillanti di Perfetti sconosciuti (2016), di cui condivide parte del cast. Una commedia che non fa ridere ma piuttosto sorridere, portando in scena stereotipi e luoghi comuni che ormai sono tristi ed annacquati.
La classifica Netflix però lo premia con la top 10 dei più visti per due settimane consecutive, a dimostrazione che forse gli italiani sono ancora disposti a sorridere di questi temi.
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