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‘Nine Days’: un’intelligente riflessione sulla quotidianità

Un universo fantasy assai semplice ma sorprendentemente efficace

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Nine Days è stato presentato al Sundance Film Festival 2020, dove ha vinto il Premio Waldo Salt per Miglior Sceneggiatura.

Nine Days La trama

In un universo parallelo, Will (Winston Duke) vive da solo in una delle poche abitazioni esistenti. Non sentendo fame, sonno o dolore, tutta la sua attenzione è dedicata al suo lavoro: giudicare le anime degne di affrontare la Vita. La landa desolata che circonda la casa di Will, infatti, è popolata da anime confuse che hanno nove giorni per essere giudicate da un Interviewer ed essere scelte per un corpo umano. L’Interviewer poi seguirà le vicende delle anime selezionate tramite molteplici televisioni che riprendono la vita attraverso i loro occhi, inconsapevolmente. Ma perché Will ha il potere di giudicare le altre anime? Come si giudica un’anima? Chi è Will? E cosa succede dopo i fatidici Nine Days?

Nine Days Il potere della semplicità

Il regista Edson Oda rappresenta un universo fantasy assai semplice ma sorprendentemente efficace. La maggior parte del film è girato all’interno della casa di Will. Una casetta a schiera in stile classico americano, un po’ vecchiotta, ma assolutamente normale se non per i numerosi televisori a tubo catodico in salotto. Sembrerebbe una facile soluzione per rendere il film noioso; invece il set claustrofobico si adatta perfettamente alle sensazioni del protagonista. Essenziale, infatti, è osservare la bellezza della quotidianità. Oda non costruisce un universo completo, ma lascia questo Limbo in preda alla confusione, all’incertezza e all’impalpabilità. Intorno alla casa di Will, solo deserto (dello Utah, in questo caso), dalla luce forte e tagliente di giorno, e fumo e tenebre di notte.

Nove giorni per nove personaggi

Anche il cast è ridotto: sei anime che Will dovrà giudicare, Kyo (Benedict Wong), il suo migliore amico, Coleen, un’altra Interviewer, e Will stesso. Oda riesce a penetrare nelle radici di ogni personaggio, descrivendo profondamente la loro anima e differenziandole l’uno dall’altra senza l’uso di stereotipi (se non, forse, per il personaggio di Alexander). Ogni personaggio ha il potere di emozionare, tramite una sua personale caratteristica: la sensibilità di Mike, la tenerezza di Maria, l’arguzia di Emma (Zazie Beetz), la determinazione di Kane, la simpatia di Kyo. Durante la visione del film, il pubblico riesce ad entrare in empatia con tutti e partecipare attivamente al loro viaggio: sono infatti tutte sfaccettature di una stessa medaglia, una medaglia che Will ha perso da tempo.

Will, un protagonista solitario

Il protagonista risulta per la maggior parte del film apatico, sfuggente, quasi un robot. Fin da subito, è chiaro come Will abbia vissuto traumi emotivi che lo hanno portato a una chiusura totale. Kyo rappresenta l’opposto: solare, positivo, meno cervellotico. Will, d’altra parte, ha sulle spalle una grande responsabilità: anche se nessuno sa perché faccia il suo lavoro, Will è instancabile e, nonostante la scorza dura, dimostra il suo affetto alle anime che incontra tramite gesti assai altruisti.

Le scene delle ultime memorie sono toccanti e non eccessivamente melense: momenti di memoria anche per lo spettatore, che ricordano come i più semplici attimi della nostra vita non sono mai scontati. In queste sequenze, si percepisce una sottile critica alla tecnologia e come questa possa solo apparentemente sostituire un’esperienza reale. Nella tesi di Oda, non è ancora possibile infatti riprodurre le emozioni, le sensazioni; ci si può solo avvicinare. Anche Will intraprenderà un percorso durante questi nove giorni,  per un finale assolutamente non banale, ma poetico, verosimile e credibile. Un’ultima scena da mozzare il fiato.

In conclusione…

Grazie alla sua essenzialità e a una scrittura profonda, Nine Days si presenta come un esordio brillante, per Oda. Un film che esplora la vita e la quotidianità attraverso una sceneggiatura intelligente, in un universo fantastico vuoto e silenzioso, al contrario della vita, troppo piena e troppo rumorosa.

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