Olivier Assayas, regista francese formatosi, al pari dei suoi illustri predecessori della Nouvelle vague, come critico cinematografico sulle pagine dei “Cahiers du Cinéma”, firma nel 1986 Il disordine, suo primo lungometraggio realizzato dopo le esperienze come sceneggiatore (spesso per André Téchiné) e direttore di vari cortometraggi.
Il film è disponibile sulla piattaforma Mubi, nella quale, dello stesso regista, è in catalogo anche Ore d’estate.
Il disordine. La trama
In una notte buia e piovosa, Yvan (Wadeck Stanczak), Anne (Ann-Gisel Glass) e Henri (Lucas Belvaux) tentano un furto in un negozio di musica allo scopo di procurarsi gli strumenti musicali necessari per la band di cui fanno parte. Sfortunatamente, durante la rapina, il proprietario del negozio che li scopre e tenta di fermarli, viene ucciso. Anne, in preda al panico, si dà alla fuga a piedi, seguita dagli altri due in macchina.
I ragazzi, che non verranno scoperti, si riuniscono così ai restanti componenti della band in procinto di partire per l’Inghilterra e incidere il loro primo disco. Tuttavia, nonostante Yvan, Henri e Anne cerchino di non far trapelare il drammatico esito della fallita rapina, gli altri componenti del gruppo ne vengono a conoscenza. Iniziano così a crearsi, all’interno della band, tensioni sempre più crescenti, con conseguenze drammatiche e dolorose.

Disordine come malessere interiore
Il disordine del titolo è una condizione di caos e malessere soprattutto interiore, di un mondo, quello giovanile delle periferie delle grandi città, che Assayas decide di raccontare e che riprenderà, qualche anno dopo, in quello che è considerato il suo film più importante: L’eau froide.
Come in quest’ultima opera, anche ne Il disordine il regista parigino, figlio d’arte (il padre, Jacques Remy, è stato a sua volta sceneggiatore di numerosi film), unisce l’interesse per il disagio giovanile, i rapporti umani complessi e destabilizzanti soprattutto dal punto di vista sentimentale, e la musica rock (altra sua grande passione).
Ma, se nel citato L’eau froide, il risultato finale è quello di una pellicola che denota maturità autoriale, Il disordine appare come un’opera prima ancora acerba in cui predominano toni manieristici con dialoghi, spesso, poco pregnanti.
Tuttavia, per i temi sviluppati, per la capacità di utilizzare la macchina da presa costantemente addosso ai personaggi e per la fotografia di Denis Lenoir che, con i suoi colori lividi rende bene la condizione di perenne sofferenza delle varie figure umane descritte, il film di Assayas rimane interessante e meritevole di una visione, soprattutto per potersi approcciare alla filmografia successiva di questo regista che, non a caso, è stato definito come diretto discendente della Nouvelle vague.