Appuntamento dal 19 al 27 gennaio con il 35esimo Trieste Film Festival diretto da Nicoletta Romeo, il primo e principale appuntamento italiano dedicato al cinema dell’Europa centro-orientale. Nato alla vigilia della caduta del Muro di Berlino, continua a essere un osservatorio privilegiato su cinematografie e autori spesso poco noti al pubblico italiano e “occidentale”.
Tre le sedi del festival quest’anno ci sono il Politeama Rossetti, il Teatro Miela e il Cinema Ambasciatori. Invece, sono tre le sezioni competitive che, lungi dall’esaurire le linee di programmazione, si confermano il nucleo centrale del festival. Complici le esigenze di programmazione dei teatri che ci ospitano, “di necessità virtù” ne viene sdoppiata l’apertura. Un’occasione preziosa per dare il giusto risalto a due titoli che hanno segnato l’ultimo scorcio del 2023, imponendosi dalla loro prima apparizione festivaliera (a Locarno e a Venezia) tra i grandi film europei dell’anno.
Trieste Film Festival: cosa aspettarsi
Le opere che inaugurano la kermesse
Il 19 gennaio la programmazione del Teatro Miela si inaugura con Do Not Expect Too Much from the End of the World di Radu Jude, che è insieme un vertiginoso film teorico sul cinema e una critica esplosiva al cinismo del capitalismo moderno.
Il 23 gennaio sarà invece il Politeama Rossetti ad accogliere il secondo film di apertura del festival, quel Green Border, che segna il grande ritorno di una maestra del cinema europeo, la polacca Agnieszka Holland. Un film scomodo e giusto, che racconta il dramma dei migranti che si affacciano all’Europa (in questo caso dal confine tra Bielorussia e Polonia).
The Zone of Interest scelto come film di chiusura
Di prossima distribuzione con I Wonder il film di chiusura del Festival, non a caso presentato in anteprima italiana durante la Giornata della Memoria, il 27 gennaio: The Zone of Interest di Jonathan Glazer, Grand Prix e premio Fipresci all’ultimo festival di Cannes. Non sono i soli film del programma che arriveranno anche nelle sale italiane, grazie a distributori tenaci e curiosi, che hanno scelto di scommettere su un cinema europeo d’autore.
L’opera s’incentra sulla famiglia del direttore del campo di concentramento di Auschwitz, la quale vive in una tenuta proprio lì accanto, separata dall’inferno solo da un muro, in due mondi opposti ma vicinissimi, dove la messinscena ne evidenza il paradosso, dove la banalità del male è rappresentata nei dettagli di ogni scena, e dove il suono gioca un ruolo fondamentale per non farci mai dimenticare dove si svolge l’azione.
Il Concorso Lungometraggi
Conta quest’anno 7 titoli, frutto di una selezione sempre più accurata. Torna la georgiana Elene Naveriani con Blackbird Blackbird Blackberry, ritratto dolce-amaro di un’insolita eroina femminista e controcorrente in una società tradizionale. Dopo una lunga assenza, torna anche Vladimir Perišić con Lost Country, un film molto personale sul rapporto tra una donna, portavoce del governo di Milošević a metà degli anni ’90 e il figlio quindicenne, in bilico tra le proteste anti-governo dei suoi coetanei. Andrej Korovljev fa ritorno con la sua opera prima di finzione, Hotel Pula, sulla non facile convivenza tra croati e rifugiati bosniaci nei primi anni ’90 a Pola. Katalin Moldovai nel suo Without Air sceglie il contesto della scuola in Ungheria come centro di spinte conservatrici e intolleranti.
Mentre Tudor Giurgiu torna con Freedom, ambientato nell’89 a Sibiu, teatro di rivolte civili subito dopo la morte di Ceausescu. Janez Burger è di nuovo in concorso con Observing, thriller sociale dai risvolti paranormali, un’opera matura e di denuncia ambientata a Lubiana. Infine, Stepne dell’ucraina Maryna Vroda, raffinato film d’esordio tra fantasmi del passato e segreti di famiglia.
I Lungometraggi Fuori Concorso
Cinque i lungometraggi Fuori Concorso, a cominciare da MMXX, il nuovo film Cristi Puiu. A seguire: Phantom Youth di Luàna Bajrami, ambientato nel Kosovo del 2007; Excursion di Una Gunjak, Menzione speciale nella sezione Cineasti del Presente all’ultimo Festival di Locarno; Explanation for Everything di Gábor Reisz, e Blaga’s Lessons di Stefan Komandarev, premiato alla Festa di Roma.
Gli Eventi Speciali: accanto ai due film di apertura e a quello di chiusura, ecco Beautiful Beings di Guðmundur Arnar Guðmundsson e Red Coloured Grey Truck di Srđan Koljević. Fuori dagli Sche(r)mi, la sezione che pur nella diversità di budget, formati e generi va alla scoperta di soluzioni stilistiche o narrative innovative e sorprendenti, ospita due film di debutto, il bosniaco Cherry Juice di Mersiha Husagic e l’ungherese Cactusman di Olivér Rudolf, il road movie Arthur & Diana, opera seconda di produzione tedesca dell’italo-francese Sara Summa, e il corto della friulana Debora Vrizzi, Maris B653.
Il Concorso Documentari
Curato da Giuseppe Gariazzo e Rada Šešić, il Concorso documentari è articolato quest’anno in dieci titoli. Per lo più realizzati da giovani registe, le tematiche spaziano dalla violenza familiare e sociale, alle guerre in corso oggigiorno, alle esistenze marginali e all’arte come terapia. Un programma coraggioso e brillante, con tante autrici giovani e talentuosissime, tra cui la recente vincitrice dell’IDFA di Amsterdam, l’armena Shoghakat Vardanyan con il suo 1489.
Tra i documentari Fuori Concorso spuntano i lavori di alcuni registi del Friuli Venezia Giulia, tra cui Al di là dei lupi di Ennio Guerrato, un documentario ricco di materiali d’archivio e di testimonianze sul musicista fuori dagli schemi Alfredo Lacosegliaz, scomparso nel 2016, autore di progressive folk balcanico. Segue 50 anni di CLU di Erika Rossi, scritto con Massimo Cirri, dedicato all’umanità basagliana. Infine, Il Cinema Volta di Martin Turk, sull’impresa della sala cinematografica aperta a Dublino da alcuni impresari triestini assieme a un giovane James Joyce, a cui è dedicato, tra l’altro, Translating Ulysses di Aylin Kuryel e Fırat Yücel.
E dopo il trionfo agli EFA, al Trieste Film Festival arriva Smoke Sauna Sisterhood dell’estone Anna Hints, un film di traumi e sorellanza che ha già incantato il pubblico di moltissimi festival internazionali, prossimamente anche nelle sale italiane.
Non finisce qui: altri eventi e premi
Curato da Giuseppe Gariazzo e Grazia Paganelli, il programma del Premio Corso Salani propone una selezione di 5 titoli italiani non ancora distribuiti in Italia, da Anna di Marco Amenta a Lala di Ludovica Fales, prodotto dal goriziano Igor Princic, da La solitudine è questa di Andrea Adriatico a Tempo d’attesa di Claudia Brignone, miglior doc italiano al Festival di Torino, e L’albume d’oro dei moderni sperimentatori Samira Guadagnuolo e Tiziano Doria.
Tiziana Ciancetta e Pepi Gioffrè hanno curato il Concorso cortometraggi, selezionando 16 opere suddivise in tre programmi, tra autori ai primi passi e nomi già noti. Rimandando per l’elenco completo dei titoli e delle sezioni al catalogo e al programma (consultabili e scaricabili sul sito ufficiale), è doveroso citare il riconoscimento che il Trieste Film Festival assegna ogni anno, l’Eastern Star Award, che premia la produttrice polacca Ewa Puszczyńska, di The Zone of Interest.
L’edizione 2024 del Trieste Film Festival prevede il ritorno di When East Meets West, dedicata a workshop e incontri. Saranno quattro giorni dedicati a produttori, broadcaster, mercati, fondi regionali italiani, europei, e non solo. L’idea non cambia: dare vita a un appuntamento capace di creare un forte legame tra le regioni e i paesi coinvolti. Attraverso tavole rotonde, masterclass e case-study, si incontrano professionisti di diversi paesi, rendendo così WEMW punto di riferimento per i produttori che vogliono avviare collaborazioni per realizzare i loro progetti. Saranno presenti broadcaster, distributori e rappresentanti di fondi e mercati, così da presentare l’intero panorama di possibilità produttive e distributive, nonché le risorse finanziarie disponibili.
La retrospettiva sul cinema tedesco
L’ormai tradizionale appuntamento con Wild Roses, la sezione che ogni anno fa il punto sulle cineaste di un Paese dell’Europa centro orientale è quest’anno dedicato al cinema tedesco. Al centro saranno gli sguardi femminili più interessanti della Germania contemporanea. A guidare la delegazione tedesca sarà Margarethe von Trotta, ospite a Trieste per presentare il suo nuovo film, Ingeborg Bachmann – Journey Into the Desert. Un’autrice simbolo del Neuer Deutscher Film, testimone insieme a Ulrike Ottinger (di cui si vedrà Paris Calligrammes) di una generazione di maestre ancora in piena attività.
Altri nomi familiari: Maren Ade, la rivelazione di Cannes 2016 che col suo Vi presento Toni Erdmann; Valeska Grisebach e Angela Schanelec, con i loro lavori più recenti; Maria Speth, Orso d’argento per Mr. Bachmann and His Class, e Maria Schrader, Premio del pubblico agli European Film Awards con Stefan Zweig: Farewell to Europe; Emily Atef con il suo ritratto di un’inedita Romy Schneider in 3 Days in Quiberon. Infine, Ana-Felicia Scutelnicu (Anishoara) e Ayse Polat (In the Blind Spot), e l’audacia di Nicolette Krebitz (Wild), Nora Fingscheidt (System Crasher) e Frauke Finsterwalder (Sisi & I).
La collaborazione con il SNCCI
Anche nel 2024, come da tradizione, si rinnova la collaborazione con il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI). Ancora una volta ha scelto il palcoscenico del Politeama Rossetti per premiare, all’inizio del nuovo anno, i migliori titoli usciti nelle sale nell’anno appena trascorso. Due i riconoscimenti, al miglior film italiano e al miglior film internazionale: tra gli italiani, a “imporsi” come il più votato è stato Rapito di Marco Bellocchio, già premiato nel 2020 per Il traditore.
Invece, Pacification di Albert Serra è il miglior film in assoluto fra tutti quelli distribuiti in sala nel nostro Paese nel corso del 2023. In questo caso a votare è stata la commissione incaricata di segnalare i Film della Critica (28), composta da Pedro Armocida, Paola Casella, Massimo Causo, Adriano De Grandis, Francesco Di Pace, Fabio Ferzetti, Beatrice Fiorentino, Federico Gironi, Roberto Manassero, Raffaele Meale, Paolo Mereghetti, Anna Maria Pasetti, Cristiana Paternò, Giulio Sangiorgio, Sergio Sozzo.