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‘Faraway Downs’: lo strano esperimento streaming di Baz Luhrmann

L'adattamento in sei parti di Baz Luhrmann del suo ingombrante film del 2008, 'Australia', è... ancora più ingombrante. È goffo, confuso e totalmente privo di una buona storia.

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Faraway Downs

Faraway Downs, è l’adattamento televisivo del film del 2008 Australia. “Adattamento” non è forse il termine adeguato per descrivere quest’operazione proposta da Baz Luhrmann. Il cast del lungometraggio, di quasi tre ore, non è tornato quindici anni dopo per rigirare la stessa storia. Più semplicemente, durante il lockdown, Luhrmann ha pensato di smontare e rimontare il suo film per trasformarlo in una miniserie da sei episodi per Disney+.

Una versione estesa di Australia è, in modo bizzarro, un prurito che il regista sentiva il bisogno di grattare. Si poteva fare qualcosa con gli epiloghi alternativi che aveva girato, o con le scene extra che aveva scartato? Poteva tornare a questa storia e farla decollare? Anche se la durata totale è ancora più ampia, dividere questa narrazione epica in episodi da 45 minuti, potrebbe renderla leggermente più digeribile. L’esperimento di Faraway Downs è un successo?

Faraway Downs: la trama

La trama della serie rimane quasi invariata da quella del film.

Mentre incombe la seconda guerra mondiale, Lady Sarah Ashley, interpretata da Nicole Kidman, apparentemente una donna inglese rigida, ha deciso di prendere il controllo del suo destino. Suo marito è in Australia a occuparsi della loro enorme tenuta di bestiame. Ma Lady Sarah ha deciso di liberarsene. A tal fine, si reca ai confini del mondo in cerca di un divorzio e di una fortuna. Tuttavia, appena arrivata, è subito evidente che ha fatto il passo più lungo della gamba. Suo marito è morto. E l’Australia si rivela essere un luogo sporco e caotico: è alla mercé degli abitanti indisciplinati mentre cerca di sistemare i suoi affari. Un epico viaggio a cavallo l’aspetta, la sua unica guida è il mandriano, inizialmente senza nome, interpretato da Hugh Jackman. Tutto sudore, sporco intrinseco dell’entroterra e senso comune brusco. La loro relazione è, naturalmente, tempestosa. Ma, inevitabilmente, entrambi liberano qualcosa nell’altro: il mandriano accede a qualcosa di simile alla tenerezza, mentre Lady Sarah scopre riserve precedentemente inespresse, di stoicismo e un po’ di selvatichezza. Tuttavia, c’è un altro problema. Lady Sarah si è innamorata perdutamente del bambino indigeno australiano Nullah (Brandon Walters). Attraverso Nullah, siamo incoraggiati a considerare la provenienza della terra e il destino dei suoi abitanti originali.

Faraway Downs

Faraway Downs: la recensione

Luhrmann ha dichiarato di voler sfruttare l’attuale modalità di fruizione mediatica, lo streaming, per presentare il suo lavoro in una nuova forma. Il risultato è una serie composta da un totale di 6 episodi, con ogni segmento che, eccezion fatta per il primo e l’ultimo, non supera i 40 minuti. La visione del primo episodio, considerato il pilota, è promettente. La suddivisione del tempo appare organica, senza appesantire la trama, e offre un cliffhanger finale, che invoglia teoricamente a proseguire con la visione.

È interessante notare che, oltre alla modifica della durata, Luhrmann ha colto l’occasione della versione televisiva, per apportare alcune variazioni alla trama. La narrazione assume infatti, alcune sfumature diverse, giungendo al sesto episodio con persino una modifica al finale. In questa occasione, il regista ha utilizzato una delle diverse versioni precedentemente girate, adattandola a un contesto narrativo più approfondito.

Ma, purtroppo, gli stessi problemi di Australia persistono: Faraway Downs, continua a sentirsi sgonfio, ingombrante, privo di sfumature emotive o storiche e tonalmente confuso.

Tempo e rappresentazione

Il trattamento di Luhrmann dei suoi personaggi di etnia minoritaria, non è più convincente rispetto al film originale. Anzi, data l’accentuata enfasi sulla rappresentazione negli anni successivi all’uscita di Australia, la mancanza di profondità di questi personaggi, sembra ancora meno perdonabile ora. L’omaggio di Reconciliation Australia, che compare all’inizio di ogni episodio (“Riconosciamo i popoli aborigeni e delle isole dello Stretto di Torres, come i custodi originali della terra su cui lavoriamo e viviamo”) è chiaramente ben intenzionato, ma risulta poco simbolico nel contesto di quanto segue. Nullah continua ad apparire sia esotico che passivo, e rimane un chiaro sentore di sindrome del salvatore bianco, nella relazione della coppia principale con gli indigeni.

Nel contesto del recente referendum costituzionale in Australia, avente in oggetto una modifica della Costituzione australiana al fine di istituire, riconoscendo costituzionalmente come tali, i primi popoli che hanno abitato (e continuato ad abitare) il paese prima e dopo la colonizzazione britannica, ciò è più sfortunato che mai. Non c’è una vera sensazione di rappresentazione, oltre a un insieme di topoi narrativi fin troppo familiari.

Luhrmann è chiaramente affascinato dall’idea dell’esperienza cinematografica epica; lo spettacolo. Purtroppo, in questo caso, il suo istinto per la grandiosità fine a sé stessa, lo porta a trascurare le piccole sfumature che fanno cantare le storie. Il film sembrava già un esercizio di massimalismo mal eseguito. La serie che ne è scaturita, è vasta e vuota come il paese che esplora. Le dimensioni non sono tutto.

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