‘Vuoi sposare mio marito?’. Kdrama ben realizzato e fedele al webtoon originale.
‘Vuoi sposare mio marito?’ è un prodotto facilmente fruibile dai kdrama lovers e affascinante per chi si avvicina al genere. Disponibile su Prime Video.
Vuoi sposare mio marito? è il nuovo kdrama disponibile sulla piattaforma Prime Video. La serie televisiva, sviluppata in sedici puntate, è realizzata da CJ ENM e Studio Dragon, due fra le maggiori società di produzioni video sudcoreane. La storia è tratta da un webtoon, anch’esso pubblicato a episodi.
Le puntate della serie tv, il cui titolo inglese è Marry my husband, escono con cadenza settimanale in patria e vengono trasmessi in streaming, in contemporanea e in esclusiva, su Prime Video ad eccezione del territorio cinese e sudcoreano.
La storia di Ji-won, fra morte e voglia di vendetta
Ji-won è una donna sottomessa, considerata inutile dal marito e dalla suocera in quanto sterile. A ciò si aggiunge una malattia fatale, che le lascia poche settimane di vita. Casualmente, scopre la relazione fra il consorte e la sua migliore amica e, mentre decide di affrontarli – nonostante le pessime condizioni di salute – viene uccisa per mano dell’uomo.
Inaspettatamente, la donna si risveglia nel passato, precisamente dieci anni prima della tragica morte, avendo così la possibilità di riscrivere il proprio destino. Decisa a vendicarsi, stabilisce un’alleanza con Yu Ji-hyuk, il direttore dell’azienda in cui lavora, al fine di manipolare gli eventi e punire coloro che l’hanno tradita.
Vuoi sposare mio marito?– Un frame della prima puntata
L’ambientazione fra una realtà inquietante e una finzione funzionale
I neofiti del genere seriale sudcoreano potranno rimanere sconcertati dalla rappresentazione della realtà che è presente in Vuoi sposare mio marito? Sono molti i temi che ci riportano a un’Italia del secolo scorso, fra anni Sessanta e Ottanta, una realtà il cui ritorno alcuni vedrebbero con approvazione. Fra questi, il ruolo della donna smaccatamente inferiore rispetto a quello dell’uomo e il senso di inadeguatezza nel caso in cui sia una donna non in grado di procreare.
Vuoi sposare mio marito? offre uno sguardo affascinante e, per alcuni, sconcertante sulla realtà attraverso il prisma dei drammi sudcoreani. Per i neofiti del genere seriale sudcoreano, l’opera potrebbe risultare un viaggio provocatorio nella rappresentazione di un’Italia passata, tra gli anni Sessanta e Ottanta, che suscita riflessioni su quanto sia cambiato o meno il nostro contesto sociale.
L’opera presenta tematiche rilevanti che ancora affliggono la società odierna come il ritorno di una visione tradizionale del ruolo della donna, che per alcuni è una rappresentazione nostalgica. La trama si sviluppa intorno a questioni di genere, mettendo in luce anche la percezione di inadeguatezza nelle donne che non sono in grado di procreare.
Gli autori ripercorrono questi luoghi comuni, radicati in una realtà piena di contraddizioni come quella sudcoreana, cercando di giocare sull’eccesso come forma di denuncia sociale. Il personaggio del capo ufficio della protagonista è evidentemente sopra le righe, con il suo maschilismo che viene affiancato da una inadeguatezza culturale e professionale. Ciò avviene per giocare sulla volontà di rivalsa di Ji-won e di tutte le altre colleghe dell’ufficio.
Questo tipo di narrazione serve anche per rafforzare la trama, che non risulta così banale e che, dopo l’iniziale raffigurazione-denuncia del reale, inizia a prendere la via di una narrazione fra mistico e affascinazione.
I protagonisti come modelli positivi
Park Min-Young è l’interprete di Ji-won, colei che si tramuta da povera ragazza soggiogata da false amicizie e amori opportunisti a donna intraprendente, sia nella vita amorosa che negli affari. Una interpretazione che rimane contenuta, in un modo figurativo che è più affine a quello occidentale, ma che non mina la sua efficacia.
Vuoi sposare mio marito? – I protagonisti Na In-woo e Park Min-Young
Yoo Ji-Hyeok è invece il direttore Na In-woo, colui che prende sotto la sua ala protettiva la giovane protagonista. Una affezione che pare essere di natura sentimentale e che, in seguito, si rivelerà come qualche cosa di inaspettato e magico. Yoo è il classico attore aitante, belloccio, alto oltre la media per risaltare sul resto del gruppo. Una bellezza coperta spesso da occhiali – in questi drama questo accessorio serve sempre come sorta di maschera – ma che non sovrasta lo spessore umano del personaggio, decisamente ben reso dal giovane attore.
Baek Eun-Ho è il giovane che si era innamorato della protagonista ai tempi del liceo. Un amore che non ha visto la luce a causa del boicottaggio della migliore amica di Ji-won. Lee Kwang-gi, che si presta a questa parte, è l’opposto di Yoo: più minuto e una faccia più ingenua che sono ben adatti alla rappresentazione di un amore giovanile, più immaturo ma non meno profondo. Baek e LeeKwang-gi sono stati associati in maniera intelligentemente furba, merito anche delle capacità dell’interprete sudcoreano.
Gli antagonisti, fra eccessi ironici che li rendono quasi simpatici
Song Ha-yoon è l’attrice che porta sullo schermo Jeong Soo-min, la miglior amica della protagonista che, in realtà, si rivelerà la sua manipolatrice. Il personaggio è carico dello stereotipo del cattivo mascherato da buono, visto in tanti film thriller come Inserzione pericolosa (1992). Gioca con la sensualità, sempre commisurata allo stile kdrama, e con il lato tendente al bipolare di una giovane problematica. Song si cala alla perfezione fra questi due aspetti, senza cadere nella banalità.
Park Min-Hwan è il fidanzato – nonché assassino – della protagonista interpretato da Lee Yi-kyeong. L’interprete sudcoreano riesce a non rimanere invischiato dalla caratterizzante stupidità del suo personaggio e lo si può notare soprattutto nella prima puntata, dove gioca il ruolo dello spietato calcolatore. Spesso è portato, dallo stile recitativo locale, all’eccesso ma sempre in maniera funzionale.
Un buon modo per avvicinarsi al genere
La visione di Vuoi sposare mio marito? potrebbe risultare stimolante per chi desidera esplorare le sfaccettature complesse delle rappresentazioni culturali sudcoreane e al contempo sperimentare un confronto critico con la propria realtà sociale.
Chi è un kdrama fan è già abituato a una certa forma recitativa e a trame che esondano dalla formale rappresentazione della realtà. Anche le sfaccettature legate all’aspetto culturale possono apparire come dei dejà vu, soprattutto se legate a un aspetto di velata denuncia sociale.
Vuoi sposare mio marito? -Song Ha-yoon e Park Min-Young in una scena
Per chi, invece, è un neofita, questa serie può essere un buon punto di partenza. La storia, per quanto semplice, regala sempre qualche ottimo hook, per tenere l’attenzione dello spettatore legata a sé. Dal punto di vista tecnico, la serialità sudcoreana non ha nulla da invidiare a quella nostrana, avendo come punto ulteriore di forza una sceneggiatura non scontata e non velata. Un ottundimento protagonista nelle nostre storie, soprattutto se legate a tematiche queer, mentre nelle loro sono ben definite. Come i nudi maschili: concessi entro un certo limite, mai inseriti in maniera gratuita – anche se, presumibilmente, faranno pure gioco commerciale.
Gli unici limiti di Vuoi sposare mio marito? sono due: le molte puntate – ben sedici – che richiedono una fidelizzazione costante per almeno due mesi; inoltre, la lunghezza di ogni episodio – oltre i sessantacinque minuti – che richiedono un costo in tempo non indifferente. Entrambi questi limiti però vengono risolti, dagli stessi autori, con continue trovate che mantengono viva l’attenzione.
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