I Farad è la nuova serie action drama spagnola prodotta da Amazon Prime Video insieme a Mod Producciones e Espotlight Media. Fra i protagonisti troviamo Miguel Herrán, visto nella serie cult La casa di carta (2017-2021), Susana Abaitua, che è stata interprete nella serie Il grido delle farfalle (2023), e Pedro Casablanc, attore nel cortometraggio Strange Way of Life (2023) di Pedro Almodóvar. La serie è disponibile su Prime Video dal 12 dicembre 2023.
Famiglia e lavoro, fra riconoscimenti personali e affari loschi
I Farad sono una atipica famiglia spagnola, di stanza fra Madrid e Marbella. Leo, il capostipite, lascia la sua reale attività nel closet: si occupa di traffico d’armi e ritiene non conveniente che il mondo che lo circonda ne sia a conoscenza. Carmen, moglie di Leo e madre di tre figli, è sempre pronta ad aiutare il marito in ogni emergenza.
Sara, la primogenita, è colei che è destinata a prendere il posto del padre. Viene ritenuta la più intelligente e scaltra; non disdegna di scalare i vertici di una professione da sempre maschilista. Hugo è il figlio maschio, la delusione di Leo che non riesce a vedere in lui l’erede che avrebbe desiderato. Omosessuale, poco propenso agli affari, dedito alla cocaina: tutte caratteristiche che lo relegano nell’oblio familiare. Tanya è la più piccola, la figlia che cerca di chiamarsi fuori da quell’ambiente familiare tossico. La ragazza cerca di costruirsi una vita da cantante, consapevole della mancanza di talento ma spinta dalla necessità di una via di fuga.
A questa famiglia si aggiunge Oskar. Il ragazzo non ha mai conosciuto i genitori ed è un istruttore di aerobica. Ciò lo porta a subire continuamente l’umiliazione – normale in quei tempi machisti – di essere appellato “Jane Fonda della penisola iberica”. La sua ambizione però è più forte: vuole avere una palestra tutta sua, esclusiva e con clientela di livello. Oskar ha uno zio, Manuel, che lo supporta nei suoi sogni e che finirà, anche lui, invischiato negli affari poco limpidi della famiglia Farad.
I Farad – Miguel Herrán che interpreta Oskar
Un giorno, Oskar difende Sara da una aggressione, colpendo con una bottiglia l’assalitore. Ciò gli aprirà le porte della famiglia: dopo aver realizzato il sogno della palestra, l’uomo decide di entrare in pieno nelle attività dei Farad. Sposerà Sara e farà con lei un figlio. Ma la vita non gli riserva pace e serenità: il finale lo vedrà coinvolto in una scelta davvero difficile.
Finalmente qualcosa che si discosta dalla serialità attuale italiana
I Farad sono un prodotto decisamente ben realizzato e lo si capisce da subito: la produzione non ha lesinato sui costi. La serie potrebbe essere benissimo un film, con ambientazioni esterne fra paesi africani ed Europa dell’Est e con un uso di comparse che non è così usuale nelle produzioni seriali italiane.
Allo sforzo produttivo possiamo aggiungere, come supporto alla qualità, le scenografie ammalianti di Juan Pedro De Gaspar e i costumi ben studiati e adeguati di Natacha Fernández Gallardo. Anche il trucco riporta opportunamente agli anni Ottanta.
La realizzazione più specifica non è da meno: la fotografia, a cura di Ángel Iguácel, non è monotona ed è attinente all’ambientazione proposta. Il montaggio di Jaime Colis e Ángel Hernández Zoido non è casuale, riesce a non dare bruschi passaggi, bensì sottolinea i cambi nel modo più lineare possibile.
Anche le musiche utilizzate sono indice di una ricerca. Rimane la curiosità dell’uso del brano Malizia di Fred Bongusto – dall’iconico film omonimo del 1973 che aveva protagonista un’affascinante Laura Antonelli. Una canzone con una forte componente erotica-sessuale abbinata a una scena fortemente drammatica – l’uccisione di un uomo – risulta bizzarra ma, forse proprio per questo, anche caratterizzante.
Una storia non banale, precisa e attenta
Mariano Barroso e Alejandro Hernández sono responsabili della sceneggiatura: una narrazione epica, un passaggio graduale dalla parte più crime a quella più da saga familiare, in un miscuglio che non stona. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, al film di Alberto Sordi Finché c’è guerra c’è speranza (1974) e ci si può rendere conto di come le cose non fossero così differenti, nonostante più di due lustri di distanza da una narrazione all’altra.
La pellicola italiana si focalizzava sul traffico d’armi e sull’ipocrisia della famiglia del protagonista. Barroso e Hernández, invece, mettono da parte la finzione familiare e pongono sotto il riflettore l’ego e la voglia di emergere dei protagonisti, sia più adulti che giovani. Una ricerca che porterà a conseguenze drammatiche in una narrazione che, proprio perché è minuziosa, risulta lenta.
I Farad – Una scena della serie
I due autori e la regia forviano lo spettatore con le prime due puntate: la prima, classica di introduzione con un voice over molto – troppo – presente, e la seconda, molto movimentata, che crea l’aspettativa di una serie d’azione. Del resto, anche serie italiane come Romanzo criminale (2008-2010) e Gomorra (2014-2021) hanno pagato la durata temporale di una narrazione diluita rispetto a quella più ridotta della pellicola cinematografica. Ovviamente ci si riferisce alla parte di racconto comune.
I Farad diventano inevitabilmente una storia familiare dove l’aspetto affaristico diventa indispensabile per creare una drammaticità più d’effetto. Le uccisioni sono sempre correlate ad aspetti specifici dei personaggi: la lotta per il riconoscimento di Hugo, l’ambizione di Oskar, Sara e la freddezza usata per il raggiungimento dei suoi obiettivi. Persino Carmen sarà protagonista di una scelta ritenuta indispensabile per la sopravvivenza della sua famiglia.
Un cast indovinato a chiosa di un buon lavoro
Miguel Herrán interpreta Oskar, il giovane ambizioso istruttore che non si lascia scappare l’occasione per aiutare la famiglia che lo ha accolto. Un aiuto che è ben consapevole sia indispensabile per le sue mire ambiziose. L’attore di La casa di carta è sempre composto e riesce a far rimanere il suo personaggio nel giusto quadro disegnato dagli autori.
La giovane Susana Abaitua è Sara, la figlia maggiore dei Farad, che persegue coscienziosamente il raggiungimento del potere. Abaitua è più efficace nelle prime puntate, ma la sua interpretazione rimane comunque di buona qualità. Il capostipite Leo è interpretato da Pedro Casablanc: la sua mono-espressione, riconducibile al mantenimento di un’ambiguità di fondo del personaggio, è indice di uno spessore recitativo sicuramente frutto dell’esperienza.
Adam Jezierski è il figlio Hugo: drogato, omosessuale, causa di molteplici problemi, fra cui l’epilogo drammatico. Un’interpretazione abbastanza caratterizzata ma che rende la superficialità del personaggio. Carmen, la madre, portata sullo schermo da Nora Navas, risulta la classica “grande donna dietro a un grande uomo”. Prende decisioni, anche difficili, nel momento del bisogno e cerca di tenere unita una famiglia che mostra tutti i suoi limiti disfunzionali. Navas ricorda la compostezza di attrici come Lina Sastri o Laura Morante. E infatti ha lavorato con uno dei maestri indiscussi della cinematografia spagnola: Dolor y gloria di Pedro Almodóvar.
Amparo Piñero interpreta la figlia Tanya: un personaggio rimasto ai margini della maggior parte della serie. La donna viene utilizzata come jolly per veicolare alcune azioni e messaggi. Un ruolo in cui l’interprete ha davvero ben poco gioco. Lo zio Manuel, ricoperto da Fernando Tejero, è quel personaggio al limite fra il buono e il cattivo. Tejero riesce a giocare bene le sue carte e rende Manuel un personaggio interessante nei suoi difetti.
I Farad – Miguel Herrán e Susana Abaitua
Igal Naor e Makram Khoury sono i due faccendieri Abdel Mawad e Monzer Al Aasad. Il primo nemico giurato dei Farad, il secondo loro alleato. Interpretazioni senza grosse possibilità di espressione, ruoli ben circoscritti dalla storia che vincola, inevitabilmente, i due interpreti, che comunque rimangono all’altezza dei colleghi.
Le criticità di questa buona serie
Oltre alla lunghezza e alla lentezza, rischiose per un prodotto da piattaforma OTT, ci sono un altro paio di aspetti che avrebbero potuto essere seguiti meglio. Il primo è la rappresentazione dell’omosessualità. La sessualità di Hugo rimane per molto tempo nel closet, quasi più a indicare un queer coding che una reale componente lgbtqi+. Quando il velo è eliminato, le scene che coinvolgono Jezierski e Tejero sono talmente controllate che il massimo che possiamo vedere è un bacio a stampo fra i due.
Non è indispensabile soddisfare l’aspetto voyeuristico, ma quando si fanno scelte coraggiose sarebbe opportuno portarle fino in fondo, altrimenti si rischia di finire nel calderone del queer baiting. Alla fine, i due attori, pur rimanendo ai margini di una stereotipizzazione banale, non riescono a dare uno spessore interessante, non aiutati dalla regia e dalla sceneggiatura.
Stesso discorso vale per la rappresentazione delle scene di sesso, in senso generale: se nelle prime due puntate ci si spinge a una messa in scena che porta a pensare a una serie adulta, nel restante degli episodi tutto quell’aspetto si perde. Probabilmente è stato un modo per ‘baitare’ gli spettatori, invischiandoli poi in una trama crime.
Anche il finale mette in evidenza un limite al coraggio autorale. Tutto viene ricondotto a una serie di buoni sentimenti, nonostante l’epilogo finale, che lascia intravedere un lieto fine. Non si ha l’intraprendenza di mantenere una linea che avrebbe reso la serie memorabile. La necessità di creare un hook alla quasi certa stagione successiva fa perdere intensità.
Perché la serialità italiana pare inferiore
Certo è che gli autori e i registi di fiction italiani dovrebbero prendere spunto da come si mette sullo schermo una scena di sesso. Porto ad esempio la serie Un professore: gli amplessi fra i protagonisti, in cui intravediamo la pelle degli attori e una mimica che fa sorridere, sono ben lontani da ciò che Herrán e Abaitua riescono invece a trasmettere.
Altra considerazione: Amazon Prime Video ha prodotto questa serie spagnola con un uso di mezzi ben visibile e che rende I Farad un buon prodotto. In Italia, la società di Bezos invece ha coprodotto la serie Noi siamo leggenda, con dei limiti evidenti. Viene da chiedersi se l’Italia sia considerato un paese in cui investire in prodotti di non elevato valore e qualità o se le società nazionali, che hanno collaborato alla produzione, hanno posto veti che hanno influito sul risultato finale. In ogni caso, è un peccato che alcuni prodotti con buone potenzialità vengano poi indeboliti alle radici.
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