Yu Yu Hakusho è la nuova serie TV disponibile su Netflix dal 14 dicembre. Diretto da Shō Tsukikawa e sceneggiato da Tatsurō Mishima, Yu Yu Hakusho è il riadattamento carne ed ossa dell’ omonimo manga di Yoshihiro Togashi. Giunto in Italia nel 2000 con il titolo Yu degli Spettri, diretto da Akiyuki Arafusa e Noriyuki Abe, la serie TV Netflix celebra, a vent’anni di distanza, l’antologia occulta di Togashi, con una chiave di lettura alternativa rispetto alla produzione di fine anni ’90.
Yu Yu Hakusho : la trama
Yusuke Urameshi (Takumi Kitamura), un diciassettenne dall’apparenza ribelle ma dal cuore generoso, si distingue per la sua prontezza nel difendere i più deboli e nel soccorrere chiunque ne abbia bisogno. Nonostante il suo atteggiamento burbero e riservato, il giovane ha un’ indole altruista. Dopo un incidente causato da una creatura proveniente dall’aldilà, Yusuke sacrifica la propria vita per salvare un bambino. È in questo momento cruciale che entra in contatto con Botan e il Piccolo Enma, i quali gli propongono di diventare un detective del mondo degli spiriti in cambio della sua resurrezione. Yusuke, spinto dalla disperazione dei suoi amici e parenti per la prematura dipartita, decide di accettare l’offerta divina. Comincia così la sua indagine su tre demoni accusati di aver rubato misteriosi manufatti per perseguire i loro scopi nel mondo umano.
La spiritualità cede il passo all’azione
Yu Yu Hakusho, così come gli ultimi anime disponibili su Netflix, esplora la connessione tra dimensioni spirituali e sacralità, mantenendo l’obiettivo di mettere in evidenza la componente umana concreta. L’ampio bacino messo a disposizione dal manga, fonte ricca di spunti, è stato utilizzato in modo essenziale, integrando una conoscenza superficiale dei personaggi con le loro abilità nel combattimento, tra tecniche segrete e trasformazioni.
Le battaglie di Yusuke sono caratterizzate da confronti straordinariamente elaborati e spettacolari, differenziandosi notevolmente dai tipici bully drama con liceali bellicosi. L’aspetto strategico degli scontri è enfatizzato, soprattutto inizialmente, sfruttando in modo intelligente gli elementi ambientali come: vie di fuga, oggetti contundenti e arredo urbano, contribuendo alla progressione della lotta.
Tuttavia, manca la profondità caratteristica di opere simili. Yu Yu Hakusho evita elementi dogmatici, focalizzandosi su una trama concisa di soli cinque episodi, che supporta il crescendo di schermaglie fisiche bilanciate da potenti abilità, come raggi di luce, sfere energetiche e armi demoniache, che si riadattano ad un live action particolarmente palpabile.
L’assottigliamento della trama, ottenuto tramite la riduzione degli eventi, inclusi gli sviluppi delle storie parallele che coinvolgono antagonisti e personaggi secondari, concorre al fine di creare uno sfondo che privilegia la struttura dinamica. Questa scelta si rivela efficace nella gestione efficiente dei tempi assegnati a ciascun episodio, seppur comporti un rischio per la comprensione dettagliata della narrazione. Tale approccio potrebbe risultare problematico per chi si avvicina per la prima volta al prodotto. Pertanto si consiglia di vedere almeno la prima parte dell’anime per acquisire una comprensione più approfondita.
Yusuke Urameshi, interpretato da Takumi Kitamura
Yu Yu Hakusho, un’eredità compromessa
A distanza di oltre tre mesi dalla serie televisiva ispirata a One Piece, oggi ci troviamo di fronte al debutto di una rappresentazione reale di un’opera rimasta fino ad ora legata ai vividi colori dell’animazione giapponese. Yu Yu Hakusho, sebbene meno conosciuto rispetto a OnePiece, riveste un ruolo di rilievo per gli appassionati e gli esperti del settore, essendo una delle opere che hanno segnato gli anni ’90, insieme a Inuyasha, Rurouni Kenshin, Berserk e molte altre. Produzioni distintesi dal mero intento commerciale, mantenendo nel contempo una notorietà che le ha collocate come punti di riferimento per progetti animati futuri, più chiari e consapevoli dell’evoluzione tecnologica.
Il regista Shō Tsukikawa ha assunto una responsabilità significativa, che non rende giustizia né al manga né tanto meno all’anime. Tuttavia, nonostante ciò, ha proposto una chiave di lettura alternativa e una trasformazione non radicale, ma comunque parziale e categorica, dell’opera originale. La sinossi eccessiva e la rapidità degli eventi hanno accelerato il flusso narrativo, conferendo al comparto action un ritmo frenetico che, se da un lato riesce a intrattenere, dall’altro rischia di compromettere la profondità concettuale dell’opera, sacrificandone l’essenza astratta caratteristica di produzioni simili.
Analizzato il tutto, l’intero lavoro può essere considerato riuscito solo a metà. La trama scorre in modo piacevole e lineare, scritta con abilità al punto da mascherare eventuali lacune dovute al taglio narrativo. I personaggi non si dotano di particolari crismi risultando leggibili ma poco articolati, creando un coinvolgimento emotivo ma limitando la ricerca di profondità. Le vicende non celano alcun significato intrinseco, contribuendo ad un roboante agglomerato plot-driven da cui ci si aspetta una continuità capace di dare sviluppo complessivo e futuro prosieguo alla narrazione.