In attesa dei prossimi Golden Globe, dove Barbie di Greta Gerwig è candidato in ben sei categorie, su Amazon Prime Video è disponibile un documentario che ripercorre la storia della bambola di plastica alta 12 pollici che ha rivoluzionato il mercato dei giocattoli. The Barbie story è costruito come un ritratto biografico di un personaggio celebre realmente esistito. Il documentario, scritto e diretto da Roxane Schlumberger, nel suo essere estremamente didascalico, è sicuramente un ottimo strumento per tutti coloro che desiderano approfondire la storia dietro l’icona.
Un modello di autodeterminazione femminile
Barbie 1959
Lanciata sul mercato il 9 Marzo del 1959, la bambola prese il nome della figlia della sua ideatrice Ruth Adler, co-fondatrice della Mattel insieme al marito Elliot. Barbara Millicent Roberts detta Barbie, con la sua forma slanciata di donna adulta, propose un’alternativa al bambolotto classico con cui le bambine giocavano entrando nel ruolo stereotipato di mamme.
È in circolazione da tanti decenni ma non è invecchiata di un giorno, ha svolto più di 180 lavori diversi, è stata presidente, è stata sulla luna e ha fatto tutte le cose che le donne aspirano a fare.
Venduta in 150 paesi, Barbie è stata modellata sulla prima bambola dalle fattezze di donna adulta, Bild Lilli, un personaggio di un celebre fumetto tedesco. Senza marito, genitori o figli ha rappresentato un modello femminile di autosufficienza finanziaria. Con un curriculum che vanta più di 200 carriere, Barbie ha sempre incarnato il principio che una donna debba avere la libertà di compiere delle scelte personali.
Una volta acquisita la prima ondata di celebrità, la Mattel ha costruito intorno a Barbie una variegata comunità che tutt’oggi continua a crescere. Primo fra tutti il fidanzato/amico Ken, uscito nel 1961. Altri personaggi celebri sono la migliore amica casalinga Midge, le sorelle Skipper, Stacey e Kelly.
The Barbie story, un processo di inclusione
Dopo le critiche rivolte al canone estetico proposto da Barbie, la Mattel a partire dal 1967, ha iniziato a produrre le Barbie di diverse etnie con una maggiore diversificazione anche delle caratteristiche fisiche, per facilitarne l’identificazione da parte dei più piccoli.
Purtroppo, aldilà dello scopo puramente informativo, il documentario manca di originalità e spessore. Sceglie la forma del collage di immagini d’archivio, accompagnate dall’ ininterrotta voice over di Dani States e dalle musiche ridondanti di Artlist che non fanno che appesantire un racconto già di per sè monotono e spesso ripetitivo. Eccessivo spazio occupa la promozione del film uscito nel luglio 2023, con interviste agli attori e alla Gerwig che non regalano nulla che non sia già stato visto.