13 dicembre 1957. A Brooklyn, distretto più popoloso di NYC, nasce Steven Vincen Buscemi. Il padre è operatore sanitario, mentre la madre una semplice cameriera. I loro stipendi devono provvedere al mantenimento di quattro figli. Steven avrebbe tutte le carte in regola per diventare l’ennesimo americano che non raggiunge l’agognato “sogno”. Lui invece ce la fa.
Un inizio incerto, un talento certo
Steve, così sarà rinominato in arte, non si tuffa subito nel mondo della recitazione, forse proprio per paura di non farcela. A ventitré anni, invece, si arruola nel corpo dei pompieri. Un lavoro sfiancante a cui non si sente di appartenere, nonostante lo gratifichi. Ecco che allora torna a scuoterlo da dentro quell’interesse che aveva già coltivato durante le scuole superiori: la recitazione. Steve rischia tutto e si trasferisce al Manhattan’s East Village per studiare al Lee Strasberg Institute. Una decisione a cui il mondo del cinema sarà grato.
Il suo talento viene notato fin da subito. Da poco terminati gli studi, nel 1986 Bill Sherwood lo chiama per interpretare il protagonista del suo film Parting Glances. Il ruolo non è semplice, trattandosi di un cantante rock malato di Aids. Ma Steve accetta la sfida ed entra ufficialmente a far parte dell’affascinante mondo del cinema indipendente. Che lo appassionerà molto di più rispetto a quello commerciale hollywoodiano.
La strada della carriera si apre, anche se Steve sceglie volontariamente di incamminarsi su quella che non lo incoroni a vera e propria star. Ricopre per molti anni ruoli minori, ma sempre recitati con la passione di chi non lavora per riconoscimenti in denaro. Viene notato anche da Martin Scorsese, che lo sceglie per New York Stories, e da James Ivory per Schiavi di New York. Come artista, Steve sogna di realizzare qualcosa che lasci il segno. E le sue interpretazioni, anche le più brevi, lo fanno.
Steve Buscemi in ‘Parting Glances’
I ruoli indimenticabili
Tutto cambia quando alla sua porta bussano due personaggi che, come lui, ancora non hanno raggiunto la fama di oggi: Joel e Ethan Coen. Gli propongono un ruolo eccentrico, particolare, proprio uno di quei personaggi a cui Steve non vede l’ora di dar vita. Ha inizio una collaborazione coi fratelli Coen che gli gioverà soprattutto artisticamente, proponendogli dieci anni dopo un altro ruolo in Fargo.
Intanto è stato notato da un altro regista dallo stile inconfondibile. Quentin Tarantino gli offre l’indimenticabile parte di Mr. Pink ne Le Iene. Si può quindi dire che Steve sia riuscito a realizzare il suo obiettivo, quello di regalare le sue performance a un pubblico vasto, ma di un cinema non commerciale (nemmeno Tarantino, come i Coen, è all’apice della sua fama quando contatta Buscemi).
Perciò, quello stretto vicolo della carriera che sta percorrendo, si allarga e si divide, offrendogli sempre più ruoli con registi di fama mondiale come Tim Burton (Norther Winslow in Big Fish – Le storie di una vita incredibile) o Robert Rodriguez (Buscemi in Desperado).
Steve Buscemi in ‘Fargo’
Un artista poliedrico: l’approccio alla regia
La passione per il cinema indipendente, però, non l’ha mai abbandonato. Si cimenta quindi alla regia di progetti scritti da lui stesso. Il primo approccio è con un cortometraggio dal titolo What happened to Pete. Mosche da bar segna invece l’esordio alla regia di un lungometraggio e il risultato viene premiato con importanti candidature per il cinema indipendente: l’Independent Spirit Award per il miglior film d’esordio e l’Independent Spirit Award per la miglior sceneggiatura d’esordio. Inoltre, viene presentato al Festival di Cannes 1996 nella sezione Quinzaine des Réalisateurs.
Anni dopo dirige Animal Factory, tratto dall’omonimo romanzo di Edward Bunker, oltre che qualche puntata della serie I soprano.
E a proposito di serie, come non citare il ruolo in Boardwalk Empire – L’impero del crimine, prodotta da Martin Scorsese, per cui Steve vince nel 2011 il Golden Globe come miglior attore in una serie drammatica.
Ma i riconoscimenti per lui hanno un’importanza relativa. Steve non ha mai davvero amato stare al centro dell’attenzione. Aspetto di lui che viene confermato a seguito degli attentati del 2001, per cui si offre di prestare anonimamente servizio come volontario per il recupero di sopravvissuti tra le macerie. Il suo obiettivo è sempre stato quello di incantare il pubblico, regalare interpretazioni che rimangano davvero, al di là di una statuetta con sopra il suo nome. Un Artista con la A maiuscola che non ha mai mollato, credendo sempre fino in fondo nelle sue potenzialità.