A distanza di più di quarant’anni dal tragico omicidio dell’artista britannico, Apple TV + presenta il documentario in tre puntate John Lennon: Murder Without A Trial. Getta una nuova luce sulla vita e sull’omicidio dell’icona della musica e sulla condanna di Mark David Chapman, il suo assassino reo confesso.
La docuserie è prodotta da David Glover e Mark Raphael.
Quella sera maledetta
È l’8 dicembre 1980, John Lennon viene colpito da quattro proiettili da un uomo, Mark David Chapman, mentre sta rientrando nella sua abitazione, il Dakota Building, a New York. Il musicista viene trasportato con urgenza al Roosevelt Hospital dove morirà poco dopo.
L’assassino, invece, resta lì con una copia de Il giovane Holden di J.D. Salinger in mano, aspettando di essere catturato.
John Lennon: Murder Without A Trial, attraverso la voce narrante del grandioso Kiefer Sutherland, ripercorre quella tragica vicenda partendo dalle ore precedenti l’assassinio di Lennon.
L’ex Beatle, insieme alla moglie Yoko Ono, aveva tenuto una sessione di registrazione per il suo nuovo album presso il Record Plant Studio. Gli incontri, le speranze, i progetti, i sorrisi di quella sera ci vengono raccontati dalle dirette testimonianze di chi ha trascorso con lui le ultime ore della sua vita, in un crescendo che culmina in quei colpi nel buio.
Gli effetti della sua morte
La morte di Lennon rappresentò un vero e proprio shock culturale. Egli non era semplicemente il cantautore della band più famosa al mondo, era un simbolo, un leader, un’icona, un rivoluzionario. Un attivista pacifista che credeva fortemente nell’amore e nell’uguaglianza tra tutti gli esseri umani.
Per comprendere chi fosse John Lennon basta ascoltare Imagine: la sua poesia, la sua essenza, il suo potere è tutto lì.
Lennon era un illuminato, una di quelle anime rare che solo pochi hanno il privilegio di incontrare in una vita. Figuriamoci amare. Per questo, sua moglie Yoko Ono, era (e lo è tuttora) completamente dedita all’uomo con cui aveva costruito una famiglia: loro due e il piccolo Sean.
Uccidere John Lennon ha significato non solo privare un uomo della sua vita, nel pieno dei suoi anni, ma porre fine all’idea di un mondo migliore e alla concreta possibilità di renderlo reale. Non possiamo a fare a meno di domandarci come sarebbero oggi le cose se un essere umano così straordinario come Lennon fosse ancora in vita.
John Lennon: Murder Without A Trial , un omicidio senza movente
La docuserie, diretta da Rob Colstream e Nick Holt, si articola in tre puntate. Come già accennato, si parte dall’antefatto, per poi passare all’omicidio e alla morte di Lennon.
John Lennon: Murder Without A Trial mostra un esame più approfondito dell’assassinio. Grazie al Freedom of Information Act, la produzione della docuserie ha ottenuto libero accesso alle informazioni detenute dal Dipartimento di Polizia di New York, dalla Commissione per la libertà vigilata e dall’ufficio del Procuratore Distrettuale.
Il documentario include interviste esclusive a testimoni oculari mai rilasciate prima, e ad alcuni degli amici più stretti di Lennon, che rivelano dettagli scioccanti del suo omicidio. John Lennon: Murder Without A Trial si avvale anche delle testimonianze degli avvocati difensori, degli psichiatri, dei detective e dei procuratori di Chapman.
Vi è anche una breve immagine di repertorio che mostra Paul McCartney, subito dopo la notizia della morte del suo collega e amico. E un’apparizione di Ringo Starr mentre si reca da Yoko Ono in lutto.
La miniserie cerca di delineare un identikit dell’assassino di Lennon e di individuare il movente dietro quel gesto criminale.
Si seguono essenzialmente due piste. Una considera Chapman un uomo con disturbi psichiatrici, che ha compiuto un atto sconsiderato in preda a uno dei suoi deliri. L’altra considera l’omicida solo come una pedina in mano al governo, che vedeva in Lennon un personaggio scomodo di cui liberarsi per i suoi messaggi pacifisti.
John Lennon: Murder Without A Trial e la dimensione privata del dolore
John Lennon: Murder Without A Trial è un documentario ben realizzato e tiene sempre viva l’attenzione dello spettatore per vari motivi.
Prima di tutto, per la grandezza del personaggio su cui è incentrato. In secondo luogo perché indaga sulla mente criminale di Chapman con dovizia di particolari. E, inoltre, perché mostra gli effetti dell’omicidio di Lennon a livello globale, senza tralasciare la dimensione privata del dolore delle persone a lui più vicine, in primis la moglie Yoko Ono e il figlio Sean. E lo fa con estrema delicatezza, senza risultare morboso o invadente.
Quando centinaia di migliaia di persone, accorse da ogni dove, sostano sotto la finestra del Dakota Building, intonando le canzoni di John, Yoko non si affaccia mai dalla finestra né tanto meno si concede alla folla.
Un comportamento il suo che ci dà una grande lezione sul pudore, sulla necessità, soprattutto oggi , di preservare la nostra sfera intima. Di non darla in pasto alla gente o ai media. John Lennon era un personaggio pubblico, “larger than life”. Ma era prima di tutto un uomo, un amico leale, un marito e un padre amorevole.
Le poche dichiarazioni rilasciate da Yoko Ono sono pregnanti e di impatto, così come le scene di vita familiare e l’intervento di Sean. Gli occhiali insanguinati di Lennon, appoggiati sul davanzale di una finestra che lascia intravedere New York, diventano la foto manifesto con cui Yoko Ono ricorda il suo compianto marito che – dice- oggi gli manca più che mai. L’ultimo sguardo di John su un mondo macchiato da un’insensata violenza, forse troppo crudele per un’anima pura come la sua.