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Vive le cinéma

‘Maria Schneider 1983’: l’attrice e il suo doppio

Il corto a metà tra docu e finzione indaga attraverso la Schneider il ruolo dell’attrice. Diviso tra dramma e rispetto scenico

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A Vive le cinèma lo short movie di Elisabeth Subrin, Maria Schneider, 1983. Vincitore come miglior corto documentario ai  Cèsar 2023, è interpretato da Manal Issa, Aïssa Maïga, and Isabel Sandoval.

Il trailer – Maria Schneider 1983

 

Rielaborare Maria – Maria Schneider 1983

Attingendo ad una rara intervista datata anni ’80 di Maria Schneider, la regista e attivista Elisabeth Subrin crea un documento filmico che è ibrido nella pratica e politico nelle intenzioni. Rielaborando il dispositivo dell’intervista, la Subrin dà nuova linfa e vita alla Schneider. Facendolo in una forma desueta. Dividendo ciò che è verità da ciò che viene ricreato, Maria viene trasportata nella forma del cinema attraverso tre personalità di diversa etnia e generazione.

Viene riprodotta in pianta stabile l’intervista anni ’80, dove forme, colori, composizione dei capelli, vestiti, sono identici. Ma tutte e tre danno vita a tre diverse Maria. Piene di dubbi, rancori, e vitalità frammentate. Le tre donne, nel contempo alter ego ed estensione della Schneider, si contendono la scena dell’intervista dividendo l’identità della vera Maria. Che è dolce, dura, genuina, distante, levigata dal tempo consumato.

Stringere sul dolore, allargare sull’esterno – Maria Schneider 1983

Difatti Maria Schneider 1983 dimostra la bravura della Subrin, che non è solo rivelazione di un vissuto nella forma semi documentale. Ma è in primis di scelta estetica. La regista gioca e struttura una messa in quadro che alterna i piani, dal mezzo busto al primissimo piano, ogni qual volta le tre Maria raccontano qualcosa di sé. O fanno fatica a farlo. Inoltre le tre Schneider sono diverse nella forma ma non nella loro sostanza. Avendo l’obbiettivo di denunciare tutte e tre le dinamiche di potere disomogenee e di genere nell’industria hollywoodiana. Dimostrandosi portatrice antesignana, l’attrice francese, del movimento Me Too.

Le tre performance delle tre Maria prendono vita nelle voci e nei colori rispetto al formato granuloso e analogico dell’intervista televisiva d’origine. Se la prima Schneider, interpretata da Manal Issa, è una fotocopia della vera Maria, la seconda con i suoi lineamenti asiatici ne costituisce una caratura più contemporanea. Violenta nel modo di porsi nella sua denuncia del sistema hollywoodiano, parlando apertamente di stupro in riferimento, senza mai citarlo, alla famosa scena del burro e del film di Bertolucci.

Tre donne e un unico dolore

L’assenza lessicale di Ultimo tango a Parigi e la sua presenza tra le righe e il dolore, si avverte nell’ultima Maria. Difatti l’attrice, sdoppiatasi nel suo alter ego afroamericano, rifugge dalla durezza della vicenda con Marlon Brando. Facendo un ragionamento filosofico intorno all’arte e al ruolo della donna all’interno del cinema. Inoltre la Schneider di Aïssa Maïga sembra riportare il ruolo dell’attrice al suo doppio. Infatti mentre la finzione del documento di realtà delle altre Maria si concentra sui risvolti successivi al film di Bertolucci, la Maïga è restia a parlarne, sorvolando l’argomento. Preferendo concentrarsi sulle sue dinamiche esterne. Come una pagina dolorosa ma in chiusura. E in ciò la scelta di mostrare l’ultima Maria che ritorna sul set, apre e chiude la porta sulla donna/attrice. Instancabile professionista dell’immagine.

Maria Schneider 1983 parte da un documento di verità e, attraverso il medium dell’intervista, crea una finzione politica e realista. Facendo rivivere la fragilità della Schneider nella sua forza dirompente.

  • Anno: 2022
  • Durata: 25'
  • Genere: Dramma
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Elisabeth Subrin